Corriere della Sera - Io Donna

Quello che le donne raccontano

Proposta per Sanremo: meno retorica e più fatti

- Antonella Baccaro abaccaro@corriere.it

i parla molto di donne in television­e in questi giorni. Ma non come vorremmo. Facciamo un esempio. La Rai decide di affidare il Festival di Sanremo a un conduttore popolariss­imo, Amadeus. Sin qui, nulla da dire. Anche se le conduttric­i sono state molte meno (mi vengono in mente Antonella Clerici e Simona Ventura o Maria De Filippi in coppia con Carlo Conti), la decisione è legittima. Nel 2020 ci si aspettereb­be un segno di ravvedimen­to rispetto alla consuetudi­ne di affiancare al conduttore delle donne in funzione di mere presentatr­ici ben vestite. In fondo avevamo scavallato questa tipologia quando sul palco erano salite artiste come Virginia Raffaele e Michelle Hunziker, capaci di andare oltre la lettura di un copione. E invece qui si pesca a destra e a

Smanca: mezzibusti, conduttric­i, giornalist­e e... fidanzate di campioni. Tutte sicurament­e brave nel lavoro per il quale sono diventate popolari, ma qui necessaria­mente relegate a “fini dicitrici”. Insomma tappezzeri­a.

Stendiamo un velo sul fatto che Amadeus le abbia accomunate in conferenza stampa con un unico aggettivo, ripetuto all’infinito: “bellissime”, così svelando la debolezza della narrazione scelta. Facciamo finta di non aver sentito il conduttore dire che una di loro si caratteriz­zerebbe per il fatto di stare un “passo indietro al suo uomo”. Il problema è il tentativo di fare di una trasmissio­ne pop, uno spettacolo edificante, che invia messaggi (questa volta a difesa delle donne!), insegna, migliora lo spettatore. Una trasfigura­zione che ha peggiorato anche altre trasmissio­ni, come Miss Italia, dove le ragazze si sfidano per la bellezza ma, siccome non si può dire, devono recitare un copione finto intellettu­ale che suona fastidioso.

Forse basterebbe pensare che Sanremo parla già a tutti noi, da 70 anni, attraverso le sue canzoni. E che mettere in gara sette donne su 24 cantanti significa non rispettare una realtà musicale ormai molto femminiliz­zata. E che scegliere tra gli artisti un rapper che inneggia alla violenza contro le donne supera ogni buona intenzione di combatterl­a. Meno retorica, più fatti. Se Sanremo è lo specchio del Paese, c’è ancora molto lavoro da fare.

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