Corriere della Sera - Io Donna
Quello che le donne raccontano
Proposta per Sanremo: meno retorica e più fatti
i parla molto di donne in televisione in questi giorni. Ma non come vorremmo. Facciamo un esempio. La Rai decide di affidare il Festival di Sanremo a un conduttore popolarissimo, Amadeus. Sin qui, nulla da dire. Anche se le conduttrici sono state molte meno (mi vengono in mente Antonella Clerici e Simona Ventura o Maria De Filippi in coppia con Carlo Conti), la decisione è legittima. Nel 2020 ci si aspetterebbe un segno di ravvedimento rispetto alla consuetudine di affiancare al conduttore delle donne in funzione di mere presentatrici ben vestite. In fondo avevamo scavallato questa tipologia quando sul palco erano salite artiste come Virginia Raffaele e Michelle Hunziker, capaci di andare oltre la lettura di un copione. E invece qui si pesca a destra e a
Smanca: mezzibusti, conduttrici, giornaliste e... fidanzate di campioni. Tutte sicuramente brave nel lavoro per il quale sono diventate popolari, ma qui necessariamente relegate a “fini dicitrici”. Insomma tappezzeria.
Stendiamo un velo sul fatto che Amadeus le abbia accomunate in conferenza stampa con un unico aggettivo, ripetuto all’infinito: “bellissime”, così svelando la debolezza della narrazione scelta. Facciamo finta di non aver sentito il conduttore dire che una di loro si caratterizzerebbe per il fatto di stare un “passo indietro al suo uomo”. Il problema è il tentativo di fare di una trasmissione pop, uno spettacolo edificante, che invia messaggi (questa volta a difesa delle donne!), insegna, migliora lo spettatore. Una trasfigurazione che ha peggiorato anche altre trasmissioni, come Miss Italia, dove le ragazze si sfidano per la bellezza ma, siccome non si può dire, devono recitare un copione finto intellettuale che suona fastidioso.
Forse basterebbe pensare che Sanremo parla già a tutti noi, da 70 anni, attraverso le sue canzoni. E che mettere in gara sette donne su 24 cantanti significa non rispettare una realtà musicale ormai molto femminilizzata. E che scegliere tra gli artisti un rapper che inneggia alla violenza contro le donne supera ogni buona intenzione di combatterla. Meno retorica, più fatti. Se Sanremo è lo specchio del Paese, c’è ancora molto lavoro da fare.