Corriere della Sera - Io Donna
Quello che le donne raccontano
di avventura, la forza e la vulnerabilità maschile, insomma un vero archetipo. Ma cosa sarebbe il poema senza questo contrappunto costante delle donne? Sono loro a fare emergere il lato più nascosto dell’eroe, a conferirgli spessore, a metterne a nudo la sensibilità. Ogni personaggio femminile scava nell’animo di Odisseo. C’è Calipso, che propone a Ulisse l’immortalità per trattenerlo, facendogli capire cosa conti davvero. C’è Euriclea, la nutrice, che lo riporta indietro nel tempo, al passaggio dall’adolescenza alla giovinezza piena. C’è Circe, che, come ha scritto la stessa autrice sul Corriere della sera, «è la rappresentazione di ciò che manca all’eroe: la conoscenza dei segreti per il ritorno, l’anello di congiunzione tra passato e futuro, il viatico verso il Regno dei Morti». E poi ci sono le sirene, che sfidano la capacità di resistenza dell’eroe.
E mentre la dea Atena muove i fili della storia, decidendo i destini di Ulisse, un’altra donna emerge sotto una luce nuova. È Penelope, che la scrittrice descrive come «speculare al marito per diplomazia, stratagemmi, ars retorica». Una donna distante anni luce dalla figura paziente che attende china sul telaio. La scena-chiave è quella in cui Penelope, pur avendo certamente riconosciuto il marito, non gli butta le braccia al collo, ma lo sottopone alla prova dell’arco. La freccia dovrà passare in dodici anelli prima di trovare la via del suo cuore.