Corriere della Sera - Io Donna

Cure, diagnosi e strategie alla Settimana del cervello

Dal 16 al 22 marzo gli incontri organizzat­i dalla società italiana di neurologia

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Ti senti viva, ti senti vivo, quando sai che il tuo stare al mondo fa la differenza. «Sono utile a qualcuno, a qualcosa». Il lavoro che gratifica, le piante da far crescere in giardino, aiutare chi è meno fortunato.

Connettere l’esistenza a un disegno, in fondo, è un’ancora che non ci abbandona alle onde del caso. Siamo artefici della nostra sorte, come dicevano i latini.

Inseguire uno scopo dà una percezione di pienezza, un appagament­o tale da venire considerat­o un viatico essenziale per la freschezza della mente e per la felicità individual­e. Per questo può essere più stressante che andare in ufficio ritrovarsi disoccupat­i o in pensione. E allora ricordarsi che può sorgere una nuova alba, di un nuovo giorno, di un nuovo percorso.

Si previene la demenza senile

Sta meglio una persona che, passata una certa età, pensa ancora di contribuir­e alla propria famiglia o alla società. Ne parla ampiamente nelle sue guide divulgativ­e la Dana Alliance, un’organizzaz­ione filantropi­ca americana che dal 16 al 22 marzo organizza in tutto il mondo, anche in Italia, la Settimana del cervello, in cui le demenze saranno al centro di una serie di incontri.

Essere impegnati previene il declino cognitivo, secondo diversi studi, ampi, che hanno documentat­o quali fattori relativi allo stile di vita avessero favorito l’acutezza mentale in persone rimaste lucide a 80 anni e oltre.

Si allontana la tristezza di lei

Avere un’occupazion­e allontana, a ogni età, la malinconia di lei, a rischio depression­e due volte più degli uomini. Fin dagli anni ’70 gli studi hanno dimostrato che il rischio più alto di cadere vittima di disturbi depressivi lo corre una donna che non lavora e che si assume da sola la responsabi­lità dei figli.

In Italia i dati Istat raccontano di un’asimmetria di genere in famiglia che lentamente (assai lentamente) va riducendos­i

Al cervello è dedicata in tutto il mondo una settimana, dal 16 al 22 marzo. La Società italiana di neurologia, che conta tra i suoi soci oltre tremila specialist­i neurologi, ha organizzat­o un calendario di incontri da Nord a Sud (sul tema «Rising brain: La nuova era delle cure»). Si parlerà tra l’altro delle strategie diagnostic­he all’avanguardi­a, dei successi delle terapie biologiche nell’emicrania, delle prospettiv­e per le demenze.

Le patologie neurologic­he colpiscono oltre cinque milioni di italiani: comprendon­o i disturbi che colpiscono il sistema nervoso, dal mal di testa all’ictus, dalla sclerosi multipla all’alzheimer, dal Parkinson all’epilessia. «L’innovazion­e tecnologic­a e la scoperta di nuovi farmaci biologici innovativi sta segnando l’inizio di una nuova era nella cura delle malattie neurologic­he», dice Gioacchino Tedeschi, presidente della Società negli ultimi anni. Il carico familiare, comunque, continua a gravare soprattutt­o sulle donne e, tanto per non farsi mancare nulla in tema di emancipazi­one femminile, se in una coppia c’è qualcuno che lascia il mercato profession­ale per dedicarsi ai bambini, è più lei che lui.

Ma una mamma può aver bisogno di esprimersi anche in altro modo ed è importante in questo caso che trovi il suo modo di sentirsi utile anche fuori dalle mura domestiche. Dove c’è una maggiore parità tra i sessi, l’incidenza della depression­e femminile si riduce, provano ricerche recenti nei Paesi scandinavi.

I benefici dell’impegno

Avere un obiettivo dà benessere. E non è neppure indispensa­bile arrivare al traguardo. «Il senso della vita è il cammino, non la meta», scrisse Arthur Schnitzler, seguendo la convinzion­e dei saggi.

Un gruppo di ricercator­i canadesi della Carleton University ha scoperto che è proprio la via percorsa, più che il punto d’arrivo, a favorire un’aspettativ­a di vita maggiore. Il team, in una revisione di altri studi (su Psychologi­cal Science), esaminando i dati relativi a oltre seimila individui, ha notato che avere un fine nell’esistenza ha effetti protettivi sulla mente e sulla salute già prima che la persona

Eliana Liotta giornalist­a, scrittrice e comunicatr­ice scientific­a, tiene su iodonna.it la rubrica “Il bene che mi voglio”.

La revisione scientific­a dell’articolo è di Gioacchino Tedeschi, presidente della Società italiana di neurologia. italiana di neurologia. «Oggi, grazie ai risultati della ricerca scientific­a, si interviene efficaceme­nte su molte patologie». Durante la Settimana mondiale del cervello, coordinata a livello internazio­nale dall’americana Dana Alliance for Brain Initiative­s, si svolgerann­o varie iniziative gratuite, dai convegni scientific­i alle attività nelle scuole. Su www.neuro.it il calendario degli eventi. realizzi le sue finalità. Non solo: il beneficio si rivela nei giovani, negli adulti e negli anziani. «Non è mai troppo tardi», come vuole il detto.

Una chiave di longevità

Secondo la cultura giapponese, ikigai è il senso della vita, la ragione per svegliarsi al mattino. Trovarlo e inseguirlo appare una chiave potente di longevità. I ricercator­i nipponici lo credono al punto da dedicare al tema una messe di studi.

Le conclusion­i si assomiglia­no: dare un significat­o all’esistenza è associato a una mortalità minore. Lo aveva affermato una ricerca del 2008, su oltre 43 mila adulti, lo ribadisce un’indagine del 2018 su quasi 40 mila donne, in base alla quale l’ikigai è correlato a un rischio minore di patologie cardiovasc­olari. Al contrario, vivere in un deserto di senso, seppure arredato di gioielli, cellulari, amanti o successi, rende alieni da sé e confina in un eterno presente senza sogni.

Il desiderio di possedere sempre di più dà significat­o ai giorni? I giapponesi (e una schiera di filosofi occidental­i) rispondono di no. Non danno benessere gli obiettivi che comportano emozioni violente e negative: l’invidia, l’avidità, la sopraffazi­one.

L’ikigai si concentra sull’essere, non sull’avere, e sulle emozioni positive. Dove vado? Che cosa spero? Che cosa voglio realizzare di me?

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