Corriere della Sera - Io Donna
Siamo tutti in Rianimazione
Nonostante l’abnegazione di tutti quelli che fanno funzionare gli ospedali, la buona notizia di questi giorni, il sistema è allo stremo. “Dopo” bisognerà ripensare alle scelte fatte. Per non aver più bisogno di medici eroi
« Eroi» ripetiamo nel diluvio quotidiano di dati – contagiati, guariti, morti che si è abbattuto sull’italia e sulla Lombardia in particolare. Diciamo eroi ai medici e agli infermieri, ma il pensiero abbraccia tutte le figure che fanno funzionare un ospedale notte e giorno e notte ancora. Nel suo libro più famoso, La Fame, l’argentino Martín Caparrós spiega benissimo qual è la verità che sta nel cuore e nella testa di queste persone che rifuggono la corona eroica. «L’aspetto tranquillizzante e terribile nella vita di un medico è che lavora in ogni momento con il reale. Uno scrittore - tanto per fare un esempio: uno scrittore - passa anni a produrre uno strumento (manufatto) senza sapere se funziona (…). Un medico, invece - un medico qui, in mezzo al nulla, un medico da solo in mezzo alla tormenta -, affronta la realtà più estrema: sarà un buon medico se salverà quel bambino. Se non lo salverà, potrà dare la colpa all’ambiente, ai mezzi, alla fatalità, ma lui non sarà stato un buon medico. E, se lo salverà, domani non sarà più quello che ieri ha salvato qualcuno perché nel frattempo sarà arrivato un altro paziente, poi un altro ancora: il medico dovrà ridiventare quello che è di nuovo, e poi di nuovo». E noi - il sistema Italia o Europa o mondo globalizzato - abbiamo messo tanti medici e infermieri e responsabili della Sanità nella condizione di non riuscire a salvare quel bambino. O i suoi nonni. Non inganniamoci, come non può ingannarsi un medico davanti a un decesso, non stordiamoci con i racconti pur straordinari di resistenza e sacrificio di questa nostra terribile primavera 2020. Niente romanticismi da quarantena e dell’emergenza. Il primo impegno, dopo, dovrà essere quello di fare il conto di quanto non ha funzionato e soprattutto di quanto/dove/cosa serve per rendere presto più sano il corpo sociale.
In questi giorni ho pensato spesso a mia madre che è morta dopo un breve ricovero nel reparto di Rianimazione del Policlinico, a Milano. Ho pensato al privilegio di quelle ore trascorse accanto a lei che se ne andava. Ore che - anche adesso, quasi due anni dopo - mi sembrano un tempo lunghissimo, fermo. Come un cuscino sul quale cominciare a posare il nostro dolore, lo stordimento, la memoria di tutto quello che era stato e che potevamo raccogliere - noi al suo capezzale - nella calma luminosa di quella stanza.
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La rubrica torna il 18 aprile.