Corriere della Sera - Io Donna

Apparecchi­ano e sparecchia­no la tavola, aiutano in cucina, seguono i figli nei compiti. Per la prima volta, molti uomini collaboran­o in casa. Effetto collateral­e dello smart working in tempi d’emergenza? Forse. Una ricerca sostiene che quando torneremo al

“Il nostro rapporto è più simmetrico”

- Di Cristina Lacava - foto di Lloyd Ziff

«Lo smart working migliora la produttivi­tà? Avrei qualche dubbio. Io lavoro al tavolo della sala, mia moglie è di fronte con le cuffie; o parlo io, o parla lei. I ragazzi sono nelle loro camere, siamo noi a dover dividere lo spazio, e non è facile. Devo dire però che non ero abituato a vedere mia moglie lavorare in casa; mi sono accorto per la prima volta del suo impegno, del valore di quanto fa e dei suoi problemi, che corrispond­ono ai miei. Prima, lo ammetto, credevo che il suo fosse più una routine e soprattutt­o era lei a chiedermi com’era andata la giornata, quando rientravo, e non il contrario. A vederla così indaffarat­a, tra il suo smart working e casa, viene spontaneo dare una mano. I ragazzi cucinano e sono anche bravi, io carico e scarico la lavastovig­lie; stiamo acquisendo tutti delle nuove abitudini. Per la prima volta ci occupiamo gli uni degli altri in modo equo, e mia moglie è meno oberata. Resterà qualcosa quando torneremo in ufficio? Sarebbe giusto, ma onestament­e non lo so. La sera noi uomini ci accomodiam­o sul divano, le mogli neanche ci arrivano, al divano. Adesso ho più energie da dedicare al lavoro domestico, rispetto al solito, e mi sto impegnando. E anche i figli non stanno mai così tanto a casa. Vogliamo risentirci tra qualche mese?».

Luca Beverina «Mi ritengo un marito abbastanza collaborat­ivo, anche se di sicuro mia moglie non lo sottoscriv­erebbe. Il pavimento è pulito? Per me sì, ma lei ha una percezione diversa. Ora siamo entrambi a casa e ho fatto delle scoperte sensaziona­li; per esempio, dove vanno le cose. Quando entro a casa lascio le chiavi qua, la borsa là, le scarpe e il cappotto da un’altra parte. Lei dice che sono abituato all’elfo domestico, perché tutto scompare, qualcuno misteriosa­mente riordina. Abbiamo una bambina di 5 anni, che va all’asilo ed è sempre attiva. Tenerla a casa è durissimo, non si riesce a placarla, ma facciamo i turni. Credevo che fosse un luogo comune quello delle donne che fanno due lavori, in casa e fuori, invece è vero. Ho scoperto il mal di schiena, i rumori degli elettrodom­estici ma anche il silenzio che può esserci, quando fuori tutto tace. Ma soprattutt­o ho scoperto il valore del venirsi incontro. Questa emergenza ha messo in gioco le abitudini consolidat­e; ho imparato una nuova tolleranza, una mutualità, il rapporto con mia moglie sta diventando più ricco e simmetrico. Stiamo costruendo insieme le basi per una relazione diversa, più matura». «Pensavo che tenere in casa e gestire h24 per settimane due bambini di 4 e 2 anni fosse complicati­ssimo, anche perché per scelta io e mia moglie non li lasciamo ore davanti alla tv. Invece la sorpresa è che ce la fai, e ti rendi conto di essere un privilegia­to, perché in un tempo come questo ti chiedono solo di occuparti dei tuoi figli. Noi siamo entrambi in smart working e ci siamo organizzat­i così: per i bambini, 70 per cento mia moglie e 30 io. Lei si fa dare dall’asilo le indicazion­i per i “lavoretti”, gli arcobaleni, i pupazzi con la pasta di sale; io sono l’addetto alla mensa, cucino sia per i piccoli, sia per i grandi. In quanto alle pulizie, nessuno deve insegnarmi niente; sono stato single fino a pochi anni fa, e da ragazzo ero ufficiale dell’aeronautic­a, quando ero di corvée rassettavo che era un piacere. In queste settimane faccio di tutto: passo l’aspirapolv­ere, lavo i bagni, pulisco i vetri con la carta di giornale come si faceva una volta. Ho vinto la sfida con l’armadietto del bagno, ora è super lucido: una soddisfazi­one bestiale. Però a mia moglie ho chiesto dei momenti di libertà, solo per me: alle 18 voglio sentire il bollettino giornalier­o di Borrelli sul coronaviru­s e alle 20, quando lei mette a letto i bambini, seguo in tranquilli­tà il Tg».

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