Corriere della Sera - Io Donna
Che smart cleaning sia!
Prenderci cura della casa è una terapia. Che rischia di farci dimenticare l’ambiente
Ieri notte, quando ci siamo alzate per bere un bicchiere d’acqua, ci è venuta voglia di comprare una lucidatrice: sarebbe bello passare la cera. Il resto l’abbiamo fatto. Abbiamo persino considerato l’ipotesi di scaricare un’app delle pulizie come Cleanmyhouse o Brightnest, che aiutano a programmare i lavori domestici e ci ricordano ogni giorno cosa fare. Oppure Laundry Day, per dialogare meglio con la lavatrice: al primo giorno di bucato selvaggio ci ha miniaturizzato un golfino. Da quando è iniziata l’emergenza sanitaria, prenderci cura delle nostre case è una terapia, il nostro tranquillante omeopatico. Lo predicano i coach dell’ordine, rassettare e pulire fa bene allo spirito. Luca Guidara, sul suo profilo Instagram da 70mila follower, insegna a lucidare i bicchieri con acqua calda e aceto di vino, le posate di alpacca con sale e limone. Rimedi bio, quelli della nonna. Ma noi, davanti agli scaffali semivuoti del reparto detergenti, abbiamo considerato solo i più aggressivi. Anche chi aveva abolito le bottigliette di plastica si è portata a casa lo smacchiatore superstrong, ignorando le alternative chemical-free oi detersivi probiotici che digeriscono lo sporco. Passerà. Torneranno le nostre collaboratrici domestiche, anche loro confinate a casa (a stipendio pieno, se crediamo alla responsabilità sociale). Torneranno, forse, l’incipiente coscienza ecologica e i vecchi oggetti del desiderio. Nel frattempo, sogniamo la lucidatrice e il purificatore d’aria, per uccidere allergeni, pollini, batteri e sostanze tossiche.