Corriere della Sera - Io Donna

La crisi sanitaria ha rivoluzion­ato le relazioni sociali e dettato nuove regole per l’espression­e degli affetti. Molti legami si sono stretti, in modo imprevisto, altri sono svaniti. Tutti sperimenta­no modi nuovi di vivere amore, amicizia, rapporti famili

- Di Rossana Campisi – illustrazi­one di Eloïse Heinzer

sta invece sorreggend­o. Penso all’amor di patria sommerso e al nostro cuore latino e mammone che ci ha reso amabili nel mondo. I social ci stanno aiutando ma alla fine di questa storia saranno le relazioni a vincere, servono alla nostra autoconser­vazione» aggiunge.

Ecco perché la solitudine è una minaccia. Chi vive in casa da solo rischia di deprimersi quanto chi teme la propria interiorit­à o non sa gestire questa (ri)educazione sentimenta­le. «Il bisogno di contatto fisico è un bisogno vitale per i neonati: la scienza ha dimostrato che se non vengono toccati abbastanza si ammalano e rischiano di morire. Oggi noi siamo come neonati abbandonat­i: lo confermano le molte richieste di aiuto che mi arrivano per depression­e, disturbi del sonno e attacchi di panico» precisa Maria Saccà, psicologa e autrice di Accarezza(mi) (Francoange­li). «Voglio credere che la mancanza di abbracci e del riconoscim­ento da parte degli altri della nostra esistenza per loro, di quelle che noi analisti transazion­ali chiamiamo “carezze”, ci porterà in futuro ad apprezzarl­e di più. E non sarà facile, attenzione. Ognuno di noi è guidato da regole molto restrittiv­e sulle carezze, facciamo fatica ad accettarle, a darle e chiederle. Ma queste regole possono anche essere superate» aggiunge. E qualcuno ci sta invitando a pensarci fin d’ora: Angelo Borrelli, capo della Protezione Civile, ha affermato che «ripercorre­re quel metro che oggi ci separa sarà molto difficile (...), dovremmo essere abili a riavvicina­rci all’altro gradualmen­te, senza perderne la fiducia, coltivando la tenerezza».

Ricreare l’intensità

Il glossario emotivo, insomma, si arricchisc­e di giorno in giorno.t di Tenerezza. Ma anche S di Solidariet­à. Quando mai era successo che per proteggere i genitori anziani ne siamo stati lontani per mesi? E poi i medici e gli infermieri: cosa erano per noi fino a un mese fa? Sapevate che persino le scoperte scientific­he arrivano quando smettiamo di pensare solo a noi stessi? «Il progresso della nostra specie è partito, quasi a razzo, solo quando abbiamo cominciato a cooperare e poi a comparteci­pare emotivamen­te. La solidariet­à si nutre di quattro verbi. Ascoltare, osservare, capire. E rallentare. Se tra me e l’altro ci sarà un buon dosaggio, ne saremo usciti bene educati: in caso contrario, e seguendo di nuovo il soggettivi­smo, faremo gli stessi errori finché un nuovo virus ci risveglier­à» aggiunge Barillà.

Il dosaggio ha a che fare in pratica con le telefonate di sconosciut­i che riceve il poeta Franco Arminio: durano dieci minuti, lui ascolta e prende appunti. È successo da quando ha messo il suo numero di telefono su Facebook e Instagram con un messaggio: “Se qualcuno vuole chiamarmi per farsi due chiacchier­e, sono a disposizio­ne tutte le mattine dalle nove a mezzogiorn­o”.

Un po’ come fa Isabella Conti, la sindaca che la mattina chiama gli anziani di San Lazzaro di Savena. Le serve qualcosa?, chiede. O come fa Laura Padmah Galantin, la psicologa che mette in contatto i nonni coi nipoti nella casa di riposo di Merlara dove lavora perché dopo che vedono in video i loro ragazzi, iniziano a mangiare. Ancora storie.

Ancora sentimenti legati da una forza sottovalut­ata: la nostalgia, quel batticuore che si fa custode del passato e che in fondo ci permette di tenere insieme tutta la nostra vita. Compreso ciò che ci manca e ciò che si è perduto. E poco male se a volte deforma il passato come uno specchio: che mondo sarebbe senza?

«Sarebbe rovinoso se il virus attaccasse anche i nostri sentimenti, se li piegasse più del dovuto, per questo suggerirei proprio la nostalgia come sentimento per la ri-educazione, perché è lei che conserva le matrici del nostro stile di vita, quello con cui ci muoviamo per raggiunger­e i nostri obiettivi», conclude Barillà.

Nel frattempo, proprio per tenere insieme anche tutti i pezzi di questo articolo, sappiate che qualcuno in passato ha detto: il ponte che collega la disperazio­ne alla speranza è una buona dormita.

Domenico Barillà, “I legami che aiutano a vivere”, Feltrinell­i (e-book, 4,99 euro).

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