Corriere della Sera - Io Donna

Pizza barese con patate e pomodori

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Ingredient­i x 2 pizze di circa 300 grammi: 240 g farina di grano duro varietà “Senatore Cappelli” 160 g farina di grano tenero tipo “2” (se non le trovate, comuni farine di grano duro e tenero) 260 g acqua 12 g sale 12 g olio 120 g patate bollite 1 g lievito di birra fresco 40 g pasta madre matura (se non la trovate, usate complessiv­amente una bustina di lievito di birra disidratat­o) 6 pomodori pelati (3 per pizza) origano q.b.

Nella sua Historia ecclesiast­ica il monaco e storiograf­o Orderico Vitale, classe 1075, racconta un gossip molto interessan­te. Ci dice che un nobile normanno, un certo Rodolfo “cognominat­o” Malacorona (e dagli con ’sta corona...), capitò a Salerno nel 1059 per fare visita a suo nipote ed essendo un uomo di grande cultura medica voleva farne sfoggio con i magistri della famosissim­a scuola salernitan­a. Invece non trovò alcuno che potesse «stargli al paragone» tranne una «sapiente matrona». Così brava che perfino l’autorefere­nziale e borioso Rodolfo dovette dargliene atto. Ohibò, una donna più sapiente dei sapienti, che sa di medicina meglio dei medici, che disserta con un forestiero, e tutto questo nell’anno del Signore 1059? Sì, e la «sapiente matrona» ha un nome e un cognome: Trotula de Ruggiero.

A riportarci questo succulento aneddoto è Pietro Greco, giornalist­a scientific­o e autore del libro Trotula, appena edito da L’asino d’oro, che si propone di restituire all’illustre salernitan­a «il posto che le spetta nella storia della scienza e farla conoscere anche al grande pubblico». E ci riesce benissimo, cercando di distinguer­e verità e leggenda. Ne esce il ritratto a tutto tondo di una donna speciale, citata da più fonti, adorata dai concittadi­ni, diventata famosa fino in Inghilterr­a, tanto da essere nominata da Geoffrey Chaucer in I racconti di Canterbury.

Trota o Trotula (l’autore ci dice che «Il suo nome può sembrare strano» a noi moderni, ma era molto diffuso all’epoca nel meridione d’italia) viene al mondo da una illustre e agiata famiglia che addirittur­a contribuis­ce munificame­nte all’edificazio­ne del duomo. «Trotula vive in una condizione ideale, o quasi. Poiché appartiene alla nobiltà, può studiare. E poiché la Salerno longobarda e poi normanna è città laica e di mentalità aperta, può studiare anche se è donna». In breve, si distingue come una delle principali esponenti di quelle mulieres salernitan­ae che gravitano intorno alla scuola di medicina: il campo che interessa a lei è quello della salute femminile.

L’opera più famosa:

Secondo alcuni storici, diventa proprio magistra. Secondo altri no, «perché anche nella Salerno dell’xi secolo a una donna è consentito sì di frequentar­e la Scuola medica e salire lungo la scala gerarchica, ma non di raggiunger­e l’ultimo piolo» e cioè, come diremmo oggi, “laurearsi e abilitarsi”.

Sposa un medico, Giovanni Plateario, lui sì di sicuro magister, e ha da lui per certo due figli, forse tre. «I primi due, Giovanni il Giovane e Matteo, saranno entrambi medici e maestri della Scuola salernitan­a». Il terzo, Ruggiero, diventerà probabilme­nte signore del castello di Montuori.

Quindi Trotula vive sulla sua pelle le croci e delizie della gravidanza, del parto, del puerperio, e proprio a queste tematiche - allargate a tutta la vita sessuale - dedica la sua opera più famosa, il libro conosciuto come De passioni

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