Corriere della Sera - Io Donna
#hoimparatoche
come mangiare gli asparagi, ma di sapersi relazionare con il mondo». Di fronte al mutamento antropologico e all’emergenza viene da chiedersi: le buone maniere hanno ancora un senso? «Ce l’hanno, eccome», risponde Pallotta della Torre, «anzi ci aiutano in questa prova di resistenza civile, servono a vivere meglio, ci guidano nella transizione verso il nuovo. Vedo le persone pazientemente in fila davanti al supermercato, anche se fanno fatica ad abituarsi al metro di distanza. Mantenerlo è un gesto di autodifesa e rispetto, anche più educato della stretta di mano o dell’abbraccio frettoloso, formale. Per ora, dovendo rinunciare al minimo contatto, sono favorevole al “Namasté”, il saluto-ringraziamento indiano a mani giunte. Forse, quando tutto questo finirà, gli abbracci saranno più autentici».
Collettività e nuovi codici di comportamento
Certo, è dura rinunciare alle abitudini consolidate. Angelo Monoriti, avvocato, docente di Negoziazione alla Luiss Guido Carli di Roma, sta facendo girare con successo il video del progetto “Ultimo metro”, un saluto “alternativo” pensato da una ventina di studenti. E presto arriverà una versione in cartone animato.
«Usciti da casa», racconta Monoriti, «sarà difficilissimo essere rigorosi. L’avvicinamento agli altri è l’essenza della nostra umanità. La legge potrà anche dire “state a un metro di distanza!”, ma l’obbligo dettato dalla necessità di oggi non avrà mai valore giuridico. Le persone si divideranno fra chi si accosta all’altro per il bisogno di umanità (rischiando di trasmettere il virus) e chi si separa per la paura. Impossibile allontanarsi e basta, tanto che qualcuno ha provato un “ciao” con i gomiti o con le scarpe… Perché sia accettata davvero, la regola deve nascere dalla collettività. Saremo noi a trovare forme di comportamento condivise. “Ultimo metro” propone un saluto in cui la vista sostituisce il tatto. Allunghiamo la mano verso l’altro in un gesto elegante di vicinanza e ci guardiamo negli occhi senza sfiorarci».
A questo punto le buone maniere sconfinano nella spiritualità. «La pandemia può rappresentare una porta socchiusa su qualcosa di individuale e sociale che nella normalità quotidiana è più difficile da cogliere», spiega Andrea Di Terlizzi, esperto di filosofia olistica e autore con Antonella Spotti del saggio Futuro Proximo. «Possiamo sfruttare il momento per ritrovare un calore, un senso di fratellanza e sorellanza spesso accantonati. Fermiamoci a riflettere su come portare alla luce la nostra parte migliore». Che è proprio l’obiettivo delle migliaia di pagine scritte nei secoli sul galateo. «Il grande segreto non è avere buone o cattive maniere» ricorda Pallotta della Torre, «ma avere le stesse maniere con tutti, come dice il professor Higgins alla fioraia Elisa Doolittle nella scena finale di My Fair Lady».
La civiltà che nasce dai gesti gentili
Non sappiamo ancora come ci cambierà questa crisi, ma potrebbe avere insospettabili aspetti positivi. Mentre Monoriti si augura un passaggio «dalla logica del profitto all’etica del beneficio comune», l’autrice di Non è per snob vede molte ricadute possibili, dall’eliminazione dei pregiudizi al bon ton condominiale. «Detestiamo tutti le riunioni convocate per ascoltare le proteste, decidere spese e lavori tra discussioni interminabili, liti, addirittura risse. In molti casi», ammette, «pur abitando nello stesso palazzo, non ci si conosce. Invece stiamo assistendo ai concerti, alle chiacchierate, ai brindisi dai balconi, alla riscoperta di vecchi valori. E arriviamo all’essenza delle maniere: la civiltà nasce da un gesto di gentilezza. Da un modo di essere che ci orienta come una bussola interiore. Anche se non riceviamo nessuno, almeno per ora, trasferiamo le regole dal salotto di casa a quello virtuale dei social, alle videochat di lavoro e di svago. Presentiamoci con dignità, ben vestiti, i capelli in ordine, un sorriso. Le giornate sono noiose, ma non è una scusa per restare perennemente in tuta».
«La buona educazione, come un diamante, è per sempre. Parte da dentro e si adatta alle circostanze» conclude Pallotta della Torre. «Un esempio estremo: mia figlia vive a Londra e, prima delle restrizioni, ha partecipato a una cena con amici. C’era già stata la corsa ai supermercati, perciò la padrona di casa non aveva più carta igienica. Gli invitati si sono passati la voce e si sono presentati con l’insolito ma giustificato cadeau (mai visto niente del genere!). Chi potrebbe criticarli impugnando un manuale di bon ton?».
Il galateo, ovvero le regole delle buone maniere, non sono rituali fini a se stessi riservati a chi prende il tè con la regina Elisabetta, ma i sani principi del vivere comune. Da sempre. È la tesi di Non è per snob di Leopoldina Pallotta della Torre (Mondadori): la gentilezza salverà il mondo. Anche nell’era dei rapporti digitali.