Corriere della Sera - Io Donna

“Scrivo un libro e aggiusto cose”

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«Tre anni fa, quando io e la mia famiglia ci siamo trasferiti ad Hampstead, ho tentato di sistemare il giardino. Risultato: a gennaio abbiamo deciso di farci aiutare da un profession­ista. Ci ha cambiato la vita: grazie a lui, e a due nuovi lettini, possiamo comodament­e sdraiarci nel verde. Con queste belle giornate tenere i bambini in casa è complicato, per fortuna hanno il giardino. Io sono cresciuta in aperta campagna, stare in un solo posto era la norma. Forse è per questo che quando disegno una casa penso scrupolosa­mente a tutto quello che potrebbe servire, come se non la si dovesse mai lasciare. Alla mia ho aggiunto alcuni ripetitori wi-fi, non mancava altro. Una stanza per sedermi a lavorare, forse. Quando mia figlia di un anno e mezzo sarà più grande proverò a chiederle di condivider­e la camera con sua sorella. Nel frattempo continuo ad andare in studio, è a cinque minuti a piedi. Gli altri lavorano da remoto, ogni mattina alle 9.15 facciamo una riunione con Zoom. Mi ritengo molto fortunata: siamo un piccolo

«Questa testimonia­nza è dedicata a tutte le persone che oggi purtroppo non sono più con noi, a quelle che ancora lottano per guarire e a tutte e tutti voi, alle nostre fragilità e al nostro coraggio, per fare memoria e per non abbassare la guardia, non è ancora possibile». Questa è la conclusion­e del diario che Ezia Maccora, giudice del tribunale di Milano, ha scritto dopo essere stata ricoverata perché contagiata dal coronaviru­s. Parole forti che ognuno di noi dovrebbe tenere bene a mente, per quando si penserà alla “nuova me” o al “nuovo me”, passata l’emergenza. Fragilità e coraggio, probabilme­nte è la fusione di questi due stati d’animo la chiave per ripartire. Perché la pandemia sta provocando lutti, dolori, isolamento, difficoltà economiche e psicologic­he. Ma ha anche fornito una nuova dimensione di vita e dunque di approccio rispetto al lavoro, agli affetti, alle relazioni tra le persone.

Negli uffici giudiziari tutto è cambiato da quando il coronaviru­s ha aggredito l’italia. Si sono ammalati giudici e impiegati, avvocati, cancellier­i. Le udienze sono state sospese. I magistrati continuano a lavorare, le inchieste vanno avanti, ma inevitabil­mente ci sono carenze e ritardi dovuti anche all’impegno che le forze dell’ordine devono dedicare all’emergenza, ai controlli, alle verifiche su chi - persino in questa drammatica situazione - sta cercando il modo di truffare o fare affari poco leciti sulla pelle dei cittadini. Molto ci sarà da scoprire rispetto a chi traffica per vendere o produrre i dispositiv­i di protezione personale. Si dovrà indagare sulle dotazioni degli ospedali, verificare per quali motivi alcuni settori della sanità pubblica non siano stati all’altezza di affrontare un’emergenza che ha provocato una strage. Si dovranno ricontroll­are le case di riposo per anziani, le procedure seguite per la concession­e delle autorizzaz­ioni. Qualcosa si sta già muovendo, qualcuno è già sotto inchiesta. Anche questo sarà utile per il dopo. Stabilire nuove regole servirà a non ripetere gli errori. Perché la ripartenza sia davvero una fase nuova per la vita di ognuno di noi.

L’epidemia imporrà una riforma della giustizia? Scriveteci a

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