Corriere della Sera - Io Donna
In queste settimane il cibo ci ha fatto compagnia e ci ha regalato pensieri positivi. Abbiamo avuto più tempo per variare ingredienti e ricette, utilizzare gli avanzi in modo creativo, fare attenzione agli acquisti. Nuove abitudini da non abbandonare
sserragliati in casa, abbiamo inventato ricette, imparato a fare il pane, impastato pizze. È stata una riscoperta. Siamo tornati ad accorgerci che il cibo è bisogno di sopravvivenza, che racconta storie antiche, che porta emozioni. Soprattutto dovremmo aver capito che il cibo non è merce. E se non è una cosa qualsiasi ma ha un valore, noi non lo buttiamo via.
Sarebbe straordinario per il bene del pianeta se dal Covid-19, con le code ai supermercati e la spesa programmata, avessimo appreso la lezione che non possiamo permetterci di sprecare. Altrimenti nuova uscita, mascherina, guanti, fila. Forse abbiamo imparato, dalle vivande conquistate a fatica, che riusciamo a cucinare e a mangiare tutto quello che compriamo.
Nel 2019 ogni famiglia italiana ha gettato nel bidone alimenti per 5 euro alla settimana. Sommati al valore del cibo che è stato perso lungo la filiera, viene fuori una cifra pari a 11,5 miliardi per il nostro Paese (dati Waste Watcher, Osservatorio nazionale sugli sprechi). Un pessimo affare per il portafogli e per l’ambiente. Vuol dire che chili di alimenti sono stati prodotti e trasportati a vuoto, solo per finire nella spazzatura, in spregio all’impiego di acqua, all’uso di suolo e alle emissioni di gas serra.
In questi anni gli occidentali hanno accumulato petti di pollo, formaggi, salumi, confezioni “tre per due”, secondo le migliori tradizioni di ingordigia degli occhi da consumismo sfrenato. Troppo.
I calcoli della Fao, l’organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, nella filiera e nelle case, fanno inorridire. In totale, si stima che un terzo di tutto il cibo prodotto per l’uomo venga perso o sprecato. Stiamo parlando di 1,3 miliardi di tonnellate all’anno.
Lo spreco si riferisce al cibo adat
I consigli per preparare la cena intelligente
ASe c’è qualcuno che si intende di sprechi, questi è Andrea Segrè, docente di Politica agraria internazionale all’università di Bologna e fondatore della campagna Spreco Zero. Ecco i suoi consigli per la spesa per le lettrici e i lettori di io Donna. «Fare bene la lista della spesa può non solo azzerare gli sprechi e accorciare il tempo di permanenza nei supermercati riducendo le possibilità di contagio, ma anche salvare il girovita, a rischio per la sedentarietà forzata. Dunque:
fate l’elenco di tutti i pasti della settimana con i relativi menù, previlegiando nei primi giorni i piatti che necessitano di ingredienti freschi e facilmente deperibili, aumentando gradualmente nella settimana le ricette che impiegano prodotti ben conservabili;
calcolate le quantità di ingredienti che vi serviranno nella settimana, considerando le dosi previste nelle ricette e il numero dei commensali;
●cercate ricette con ridotto contenuto calorico, ma ricche di colori e gusto (meno calorie non significa meno piacere);
●riducete del 10 per cento le quantità calcolate, ma prevedete la possibilità di integrare il pasto con qualche cosa di sfizioso, ma ben conservabile, nel caso aveste ancora fame (come il cioccolato fondente);
prima di uscire ripercorrete mentalmente la disposizione dei prodotti del negozio e scrivete la lista tenendo conto del percorso che farete (il tempo di permanenza all’interno sarà così il minimo indispensabile);
accaparrare è inutile, le offerte speciali vanno valutate caso per caso. to al consumo ma scartato scientemente nelle fasi di vendita al dettaglio o a casa.
La perdita invece si verifica prima che gli alimenti raggiungano il consumatore a causa di problemi nelle fasi di produzione, conservazione, lavorazione e distribuzione. Viene esclusa una quantità sconsiderata di cibi prima di arrivare sul mercato, perché resterebbe invenduta: pesci che non siano orate e branzini, tagli di carne non pregiati, frutti bitorzoluti. Il capriccio dei consumatori richiede le mele di Biancaneve e le fragole delle fate. Come fossero statuine da tenere sugli scaffali e non vegetali che arrivano dagli alberi e che, come noi, hanno le loro ammaccature, le loro cicatrici.
L’impatto del cibo prodotto e non consumato è tale da rappresentare una sorta di nazione senza dignità che si piazza al terzo posto per le emissioni di gas serra, subito dopo gli Stati Uniti e la Cina. E i gas serra sono i responsabili del riscaldamento globale, perché trattengono il calore del sole sulla Terra come le serre che fanno maturare i pomodori anche in inverno.
Se non ci fosse lo spreco, la produzione alimentare globale sarebbe sufficiente per nutrire 12 miliardi di persone, ha dedotto l’associazione italiana Slow Food. Due miliardi in più degli abitanti che si prevedono nel 2050.
Certo, per rendere efficiente la filiera, dovrebbero essere aziende e governi a intervenire. Ma ridurre al minimo gli sprechi può essere un modo semplice con cui ciascuno di noi contribuisce a contenere il global warming e i cambiamenti climatici.
La Fao suggerisce nove pratiche alla portata di tutti, riassumibili così:
pianificare la spesa e variare specie di pesce o tipi di carne;
comprare frutta e verdura anche se “bruttine”;
salvare gli avanzi metten