Corriere della Sera - Io Donna
L’affare che smaschera gli sciacalli
In un Paese piegato dal dolore, con economia e socialità bloccate, ancora una volta c’ è chi ha speculato. Sulle mascherine, prima difesa dal contagio. Ora servono i processi. Ma anche la condanna morale condivisa da tutti
Truffe, furti ma soprattutto appalti a trattativa privata che hanno consentito a chi se li è aggiudicati, aggirando le norme, di ottenere anticipi da milioni di euro. Le mascherine che servono a salvare la vita o quantomeno a contenere il contagio da coronavirus sono uno degli oggetti più preziosi di questa pandemia. E così sono diventate materia per inchieste aperte in tutta Italia. C’è chi ne ha fatto incetta quando erano introvabili anche per gli ospedali per poi venderle a prezzi esorbitanti e chi ha messo sul mercato dispositivi fuorilegge. C’è chi è riuscito ad accaparrarsi forniture da milioni di pezzi di quelle in regola rivolgendosi a ditte che si trovano all’estero e, nei giorni più drammatici di questa emergenza, ha stretto accordi con Comuni e Regioni aggirando le norme sulla trasparenza e guadagnando montagne di denaro. Salvo poi scoprire che non ne aveva la reale disponibilità. C’è chi ha utilizzato addirittura la scusa di venderle porta a porta per intrufolarsi in casa delle persone anziane e rubare quello che capitava a tiro.
L’emergenza causata dal Covid-19 ha mostrato la capacità dei cittadini di rispettare le regole, di subire una reclusione talvolta peggiore di chi viene mandato agli arresti domiciliari. Ha messo in luce la generosità e il coraggio di migliaia di persone - medici, infermieri, personale delle strutture sanitarie, volontari - pronte a lavorare senza sosta pur di prestare assistenza negli ospedali e nelle case di riposo. Ha messo alla prova bambini e ragazzi che da settimane vivono chiusi in casa rinunciando a vedere gli amici, a fare sport, ad andare a scuola. Ci sono stati migliaia di contagi, migliaia di decessi. Famiglie spezzate dai lutti e dal dolore, giovani e vecchi morti da soli, senza nemmeno il conforto di un ultimo abbraccio.
Una tragedia infinita che non ha fermato chi invece è riuscito a trasformarla in una nuova occasione per arricchirsi, per lucrare. Sciacalli. È questa, pur nella sua asprezza, la giusta definizione. E forse non basterà un processo o una condanna per chiedere loro conto di quello che hanno fatto.
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La rubrica torna il 23 maggio.