Corriere della Sera - Io Donna
«Solo gli uomini forti non esitano a chiedere aiuto»
Ne è convinta la psicologa Roberta Brivio, che ha avviato una linea di ascolto. «Chi sa riconoscere le proprie fragilità e non se ne vergogna è pronto a condividerle. Ma chi non ha accanto una donna fa più fatica»
Dalla solidarietà delle prime settimane dell’emergenza Covid-19 ai segnali di insofferenza è stato un attimo. «Ciascuno ha pescato nella propria riserva di rabbia, pazienza, inventiva. Alcuni hanno colto l’opportunità per mostrare il meglio di sé, altri di dar sfogo al peggio, al rancore, quasi autorizzato» spiega Chiara Saraceno, sociologa e presidente dell’alleanza per l’infanzia. «Sono emersi egoismi forti, persino l’aggressività delle madri verso gli insegnanti che, on line, dedicherebbero più tempo a un alunno che a un altro». I coltelli, insomma, hanno continuato a volare. «Lo scenario futuro dipenderà dalla durata della “convalescenza”. La fatica del distanziamento potrebbe provocare stress, ma è anche ammirevole la resistenza di chi ha perso ogni cosa. Certo è che tutti porteremo nel nostro “zainetto” la consapevolezza dell’interdipendenza, dipendiamo dal comportamento degli altri e gli altri da noi». Se per gli uomini il lockdown è stato più difficile, perché poco avvezzi alla gestione del quotidiano, ora le più arrabbiate sono le donne. «Sono loro quelle al fronte, specie se madri. Si sono trovate prima con un sovraccarico di gestione, ora con la riapertura delle aziende ma non delle scuole potrebbero perdere il lavoro. Quando si è costretti a scegliere è sempre “lei” che rimane a casa: in Italia ogni anno il 20 per cento delle donne smette di lavorare, in emergenza aumenterà il gap con gli uomini».
Oltre alla rabbia, che in questa fase non trova ancora una trasformazione in accettazione, basti pensare alle polemiche che si scatenano a ogni decisione politica, tanti i timori per le donne, dalla perdita del ruolo sociale, alla sicurezza, per sé e per i figli. «Alle donne, però, spetta anche un ruolo centrale perché nei momenti di emergenza è alla loro specificità materna che ci si rivolge» spiega Silvia Vegetti Finzi, psicologa. «Sapranno dire qualcosa di originale partendo da un discorso che evochi la loro identità e storia, il modo in cui hanno vissuto il passato, forti del senso di cura che le caratterizza. In questo c’è la differenza con gli uomini, che hanno una visione politica, generale, e fanno grandi progetti che rischiano di rimanere vuoti se non riempiti con l’intelligenza concreta e l’empatia del femminile».
Attenzione, però, non si tratta di valorizzare il ruolo tradizionale, fa notare Enrico Finzi, sociologo e presidente della società di consulenza Sòno. «Le donne usciranno vincenti da tutto questo perché hanno messo in campo risorse come l’adattabilità e l’attività di cura, guadagnando punti. L’uomo che non ha avuto una donna al fianco ha scoperto che sono come l’aria, mentre i mariti si sono resi conto del lavoro delle mogli». Sul lungo termine, poi, si assisterà a un’accelerazione dei processi familiari, con l’incremento di separazioni e nascite. «La convivenza coatta, in famiglie non funzionanti, ha rilanciato l’importanza del rapporto umano, e dopo un’iniziale paura si tenderà a recuperare la prossimità», aggiunge Finzi.
«Ci sarà anche un miglioramento del rapporto tra generazioni. Il lockdown è stato un esperimento di massa che porterà conseguenze prevalentemente positive, con l’approfondimento dei rapporti infrafamiliari». E quando ci ritroveremo a tu per tu con l’altro? «Ci sarà un boom di baci, abbracci, carezze e coccole, tipiche dei popoli mediterranei, con ripercussioni
A differenza delle donne, gli uomini non sono abituati a parlare, confidarsi e chiedere aiuto, temono di sentirsi sminuiti. «Ho bisogno di qualcuno con cui fare due chiacchiere» è la richiesta che arriva più spesso, spiega Roberta Brivio, psicologa, psicoterapeuta e presidente dell’associazione Sipem Sos Lombardia, che per fronteggiare l’emergenza ha attivato il numero 3791898986. «Le richieste degli uomini arrivano soprattutto dai più giovani o dall’estero, specie se soli, che senza una donna accanto fanno fatica. Le paure più grandi riguardano il contagio, legato anche al ritorno al lavoro e agli spostamenti sui mezzi. Chi esita a chiedere aiuto teme di sentirsi fragile. Per chiedere aiuto, invece, bisogna essere molto forti, solo così si è in grado di vedere le proprie fragilità e di accettarle senza vergogna».