Corriere della Sera - Io Donna
“Le donne devono smettere di chiedere il permesso”
Bisogna ribadire ruolo e competenze. In nome di questa consapevolezza, l’attrice e regista ha lanciato al governo un appello per il teatro. Con un’idea che unisce solidarietà, arte e lavoro
S«Sa qual è la prima cosa che mi è venuta in mente quando ho scritto la lettera a Giuseppe Conte? Ma chi sono io per permettermi questo? Me lo chiedevo perché sono una donna, quindi abituata a limitarmi da sola, per educazione». Poi, per fortuna, Monica Guerritore si è ricordata del consiglio di Oriana Fallaci alle donne: smettere di chiedere scusa per il posto che occupano nel mondo. E ha scritto davvero un appello, accorato, ma concreto, al nostro premier in nome del teatro italiano: “Presidente, le chiedo di difendere la possibilità di raccontare chi siamo o chi stiamo diventando dopo che il nostro universo interiore è stato scosso, disassato”. La raggiungiamo via web nella sua casa romana per farci raccontare di più e nel dettaglio questo progetto nel quale si è buttata anima e corpo approfittando dello stop forzato alle tournée e dell’isolamento. Per il teatro è davvero l’ora più buia, tutto fermo, bloccato forse fino alla fine 2020. L’idea di Monica è semplice: portarlo in tv. Ma in modo rivoluzionario. «Per non farlo morire e per una forma di solidarietà a vantaggio di compagnie, tecniciemaestranzechenonstannolavorandoenonlavoreranno per mesi. Sono partita dall’immagine dolorosa delle scenografie pronte, montate e lasciate lì, i costumi sulle sedie nei camerini». Quale sarebbe la ricetta Guerritore per il teatro in emergenza? Penso a nuove produzioni video di grandi testi teatrali ma da registrare negli studi televisivi, usando le tecniche digitali. Niente a che vedere, quindi, con il teatro ripreso con telecamera fissa e trasmesso in tv come negli anni ’60?
Assolutamente no. Penso a un teatro ripreso con la tecnica cinematografica. La potenza dell’interprete e del regista teatrale si modernizza con il linguaggio cinematografico, diventa una terza via. La fascinazione del teatro è fisica, sensoriale e non possiamo ricrearla in video. Ma da fisica possiamo farla diventare logica. Faccio come il mio ex marito Gabriele Lavia che cita sempre il teatro greco: dobbiamo sostituire la physis con il logos. E qui entra in gioco il digitale.
Con le tecniche digitali di post produzione, con la magia delleinquadraturesicreauna fascinazionediversa, logica.seguendoledirettivedisicurezzafissatedall’istitutosuperioredisanità. Quindi, concretamente?
Una decina di spettacoli: portiamo in tv, in prima serata, quelle opere che abbiano la forza di fare grandi ascolti. Mi riferisco agli spettacoli già pronti ma congelati da marzo a dicembre: li possiamo vedere in prima fila a casa nostra “rivisti” in modo nuovo. Se abbiamo fortuna e siamo bravi, l’anno dopo ce ne saranno altri. E si crea un volano per tutti. La paga? Simbolica per le dieci compagnie al lavoro e il resto va distribuito a tecnici, maestranze, piccole compagnie… Tutti quelli che sono senza lavoro. E chi ci mette i soldi?
Chiediamo al Presidente del Consiglio e alla Rai di attingere all’extragettito del canone Rai. Ovvero creiamo un fondo usando solo “il di più”. Però dobbiamo darci da fare a trovare sponsor importanti. Come quelli che finanziano le mostre o i restauri. Io sono pronta a fare la testimonial anche di shampoo e creme per il corpo, se serve. Suo marito Roberto Zaccaria è stato presidente della Rai, l’ha aiutata a pensare il progetto?
Dal punto di vista ideativo no, ma mi ha indicato la via del denaro:èstatoluiasuggerirmidichiederel’extragettitodellarai. Reazioni?