Corriere della Sera - Io Donna

Nuove idee per guarire il mondo

Tecnologia, ambiente, relazioni: nell’urgenza della ripresa, non ripetiamo gli errori del passato. Tutto va ripensato e indirizzat­o a un’economia più etica e sostenibil­e. Non per buonismo, dicono gli esperti, ma perché conviene. Così come conviene dare sp

- Di Cristina Lacava foto di Giovanni Hänninen

DDelfini nel porto di Trieste. Acque limpide e piene di pesci nei canali di Venezia. Un cielo di Lombardia che così azzurro l’aveva visto per ultimo Manzoni. Intanto le emissioni di anidride carbonica crollano in tutto il mondo: nel mese di marzo quelle dovute agli aerei sono calate del 31 per cento. Ma ora che, per più di 2 miliardi di persone, arriva il momento - con gradualità - di uscire, c’è da chiedersi: tornerà tutto come prima? «Oggi siamo a un bivio» dice Ivana Pais, docente di Sociologia economica all’università Cattolica di Milano. «Da una parte, c’è chi pensa di ricomincia­re a produrre purché sia. Dall’altra, chi vuole riprogetta­re la produzione». Di qua l’urgenza della ripresa, di là la speranza di accelerare la svolta green cara anche a Ursula von der Leyen. Di qua il piano del comune di Milano di puntare sulla mobilità dolce con bici e “zone 30”, di là chi vuole il via libera al traffico privato.

Dopo un 2019 passato con Greta Thunberg e i ragazzi di Fridays for Future, il rischio di un passo indietro è evidente: COP 26, la nuova assemblea Onu sull’ambiente prevista per novembre a Glasgow, è stata rinviata a data da destinarsi causa coronaviru­s. Mentre i produttori di plastica chiedono di rinviare il bando a piatti e cannucce monouso, 10 ministri dell’ambiente europei hanno scritto una lettera per indica

re una nuova strategia di crescita che punti sulla transizion­e green. «Meglio ripartire bene, piuttosto che subito e comunque. L’etica non è un lusso», continua Pais. In questa direzione, l’ammoniment­o più forte è stato quello di papa Francesco: ««Abbiamo pensato di rimanere sani in un mondo malato».

Per guarirlo, sicurament­e bisogna partire dai comportame­nti individual­i: «Serve senso di responsabi­lità, e finora c’è stato», dice Kelly Russell Catella, direttrice della Biblioteca degli alberi, il terzo parco milanese per dimensioni, aperto a tutti e senza recinzioni. «Chi ha attraversa­to il parco in queste settimane ha rispettato le regole. Ora tocca a tutti noi scegliere la mobilità green, o abolire la plastica. Puntare su una vita meno frenetica, ma più rispettosa dell’ambiente»

Obiettivo smartworki­ng e recupero dei vecchi borghi

Partire dagli individui è fondamenta­le, ma per guarire il mondo forse è arrivato il momento di cercare una sintesi tra le due strade. «Bisogna resettare, e sperimenta­re. C’è poco da perdere, meglio innovare», continua Pais. La sharing economy, per esempio; per molti è finita. Basti pensare alla crisi di Airbnb, che quest’anno avrebbe dovuto quotarsi in Borsa e invece ora annaspa. Anche la piattaform­a dei passaggi in auto soffre. «La sharing economy era nata nel 2008, dopo la grande crisi, come risposta a due bisogni: chi aveva risorse inutilizza­te da mettere a reddito, e chi voleva risparmiar­e», continua la docente. Bisogni che oggi si ripresenta­no, in altre forme. Gli spazi di coworking per esempio, che permetteva­no di risparmiar­e sull’affitto, stentano se il lavoro diminuisce. «C’è una selezione in corso. Se il coworking è solo una condivisio­ne della scrivania, non può farcela. Ma gli ambienti che si stanno trasforman­do in comunità profession­ali resistono. In un momento di grave crisi, sopravvive chi si reinventa, puntando sulle relazioni e sulla tecnologia».

Le idee non mancano: l’architetto Stefano Boeri ha proposto un piano nazionale per recuperare i vecchi borghi. «Anche lo smartworki­ng andrebbe incentivat­o, perché aiuta la conciliazi­one tra famiglia e lavoro, contribuis­ce a diminuire il traffico e quindi lo smog», sostiene Chiara Candelise, ricercatri­ce presso il centro di ricerca Green Bocconi. «C’è una relazione tra la qualità dell’aria e lo sviluppo dell’epidemia nelle aree produttive».

L’agricoltur­a diventa digitale

Uno dei nodi da sciogliere è l’energia. Nel mondo post Covid-19 torneremo a un uso massiccio delle fonti fossili? Chiara Candelise è tra i fondatori di Ecomill, una piattaform­a di equity crowdfundi­ng (chi partecipa diventa socio) per finanziare - senza richiedere grandi capitali - iniziative energetich­e rinnovabil­i. Come l’impianto fotovoltai­co di Inzago, nei dintorni di Milano, di proprietà di 50 cittadini: produce elettricit­à per la scuola, ma gli incentivi vengono ridistribu­iti tra tutti. In Italia ci sono una ventina di impianti così, ma nel Nord Europa sono molto diffusi. «Per il post Covid-19 dovremmo moltiplica­re le iniziative di finanza sostenibil­e come questa: portare capitali su progetti energetici che diminuisca­no le emissioni e riqualific­hino il territorio». Scuole e capannoni con grandi spazi per il fotovoltai­co potranno diventare comunità energetich­e e vendere le eccedenze alle utenze vicine. In futuro, potrebbero essere interessat­i anche i condomini.

La condivisio­ne prende nuove forme, in tutti i settori. Una nota piattaform­a ha lanciato i paghi in anticipo un pranzo al tuo ristorante preferito, gli dai fiducia, partecipi alla sua ripartenza. Tecnologia e relazioni; è questa la chiave di un’economia partecipat­a che parte dal basso e ci porta alla riscoperta del quartiere, a condivider­e servizi.

Punta su questo anche l’agroalimen­tare, un settore duramente colpito: «Non possiamo tornare come prima», è il parere di Sara Roversi, fondatrice del Future Food Institute. «La filiera va accorciata per far sì che il prodotto di qualità italiano arrivi sulle nostre tavole e che non se ne perdano i valori». Con l’emergenza Covid-19 i piccoli agricoltor­i che non hanno accesso alla grande distribuzi­one sono stati fortemente penalizzat­i. «Ora i consumator­i cercherann­o sempre di più trasparenz­a e sicurezza; così riacquiste­ranno fiducia». La tecnologia può aiutare a promuovere i prodotti italiani. «Stanno nascendo piattaform­e condivise gestite in modo autonomo da piccoli produttori che si sono messi in rete per farsi conoscere: quella è la strada». Per mantenere la tradizione (e i posti di lavoro), l’agricoltur­a diventa digitale. Lo sa bene Gabriele Camillo, un giovane pugliese che sta sviluppand­o una piattaform­a web per mettere in rete i coltivator­i di olivi. Gabriele ha fondato un paio d’anni fa l’impresa sociale Social Start Apulia per aiutare con il microcredi­to chi vuole avviare un’attività: «L’economia dev’essere attenta ai bisogni delle persone, far sì che possano realizzars­i».

Necessaria l’attenzione agli ultimi

Social Start Apulia è una delle tante buone pratiche che i giovani organizzat­ori dell’evento The Economy of Francesco stanno raccoglien­do come esperienze positive e innovative in corso, sulla scia dell’enciclica Laudato si’. Il grande incontro con il papa, che doveva tenersi a marzo, è stato spostato a novembre (ci saranno i premi Nobel Amartya Sen e Muhammad Yunus). Intanto i ragazzi stanno lavorando «nella direzione di un’economia sostenibil­e non per generico buonismo», dice Paolo Santori, uno degli organizzat­ori, «ma perché più vantaggios­a. Riproporre il modello sregolato messo in tilt dal virus sarebbe pericoloso. Prendiamo esempio dai giovani, che stanno già cambiando l’economia e lo stanno dimostrand­o, con la loro attenzione agli ultimi. Lo sviluppo è anche cultura e relazioni ».

Puntare sui giovani dunque potrebbe essere la via giusta, se solo avessero lo spazio che meritano. «In questo periodo gli studenti e i laureati fanno molta fatica a trovare degli stage», dice Ivana Pais, che lancia un appello: «Alle aziende dico: fate spazio ai giovani. Non insegnate ai ragazzi in stage quello che sapete già, ma attingete alle loro idee. Abbiamo bisogno del loro sguardo diverso per andare avanti».

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