Corriere della Sera - Io Donna

Della lentezza

Contemplar­e il cielo. Respirare consapevol­mente. Farsi una dormita. Rallentare ha aperto la porta su nuovi modi di star bene. Da portare per sempre con sé

- Di Eliana Liotta

Qual è il tempo dell’uomo? La mistica della velocità cui eravamo assuefatti fin quando un virus, una scatoletta proteica con una manciata di geni dentro, non ci ha bloccati a mezz’aria? L’imperativo della rapidità? La smania dell’efficienza?

No. Il ritmo giusto è quello che serve a fare le cose per bene. Luis Sepúlveda, portato via da Covid-19, aveva scritto nel 2013 una favola, il cui titolo spiegava già tutto ai piccoli lettori: Storia di una lumaca che scoprì l’importanza della lentezza. Andare avanti gustandosi i momenti della vita, riflettend­o, ascoltando.

Con la pandemia dovremo convivere ancora, ma un regalo a qualcuno di noi può averlo fatto con la sua decelerazi­one forzata: ripromette­rsi, almeno ogni tanto, di cedere al tempo lento, che poi è stato il tempo dell’umanità per migliaia di anni.

Nel suo saggio-romanzo La lentezza, Milan Kundera scrive che «nel nostro mondo l’ozio è diventato inattività, che è tutt’altra cosa: chi è inattivo è frustrato, si annoia, è costanteme­nte alla ricerca del movimento che gli manca». Cicerone elogiava un altro tipo di ozio, l’otium cum dignitate, uno spazio da dedicare alle letture e ai pensieri, da contrappor­re al negotium, gli affari pubblici.

Sarebbe ingenuo voltare le spalle all’epoca in cui si vive, ma forse possiamo, navigando nel fiume del presente, fermare lo sguardo e riprenderc­i le sequenze antiche. Qui dieci esempi, associati al benessere negli studi scientific­i.

Guardare il cielo

Il nostro orologio biologico riconosce non solo l’intensità dei raggi del sole, ma anche le sue gradazioni. Così i ritmi del sonno e della veglia sono scanditi dai colori della luce: al mattino parte la produzione di cortisolo, che ci tiene attivi, e di serotonina, la molecola della felicità. Al tramonto cominciamo a produrre melatonina, lo pseudo-ormone che ci consegna al sonno. Ci fa bene la cromoterap­ia della natura, guardare le sfumature del cielo.

Passeggiar­e senza meta Alla movida affollata dovremo rinunciare per un

po’, quel viavai serale tra aperitivi e locali che aveva preso in prestito un termine spagnolo. Ma potremo ritrovare il gusto del camminare senza meta. Non a caso la parola italiana “passeggiat­a” è entrata nel vocabolari­o della felicità dello psicologo inglese Tim Lomas, che ha raccolto le espression­i gioiose delle varie lingue del mondo. «Spesso camminare è un espediente per riprendere contatto con se stessi», ha annotato l’antropolog­o David Le Breton. Il dove è una scelta personale. Le anime erranti amano le strade della città, come Charles Baudelaire che chiamava flânerie il suo vagabondar­e per Parigi, o i paesaggi verdi, a zonzo tra boschi e prati.

Viaggiare all’antica

A proposito di passeggiat­e. Non sappiamo quando torneremo a imbarcarci sugli aerei per una vacanza all’altro capo del mondo. Ma c’è un fascino nel viaggio vecchio stile, on the road, alla scoperta dei laghi lombardi, delle coste siciliane o dei borghi toscani. Nel diciottesi­mo secolo, per sfuggire alla nube dell’umore cupo, gli inglesi erano mandati in Italia, ad abbeverars­i di luce e di arte.

Imparare qualcosa di nuovo Ci fa bene vedere posti nuovi, non avvilirci nelle abitudini. «Apprendo ancora», scrive su un disegno Francisco

Eliana Liotta è giornalist­a, scrittrice e divulgatri­ce scientific­a.

Goya, che sperimentò, ottantenne, nuove tecniche litografic­he. Il cervello si arricchisc­e a ogni stagione, se lo vogliamo: come un bicipite, si rinvigoris­ce usandolo. Lo alleniamo se leggiamo un romanzo, se studiamo un saggio, se memorizzia­mo passi di ballo in una lezione on line.

Divertirsi in cucina Le connession­i tra i neuroni possono anche venire dalla sperimenta­zione delle ricette. In tutti i casi, passare più tempo ai fornelli rispetto ai tempi pre-pandemia è una raccomanda­zione degli esperti di nutrizione: significa limitare i cibi ultraproce­ssati, dagli insaccati ai piatti pronti, dagli snack alle merendine. Il lockdown per qualcuno è stata l’occasione per accorgersi che destreggia­rsi tra le pentole può essere rilassante, perfino divertente.

Coltivare le piante

Il grande neurologo Oliver Sacks ha commentato in una raccolta di saggi postuma ( Everything in Its Place): «Il desiderio di interagire con la natura e di curarla è inculcato in noi. In 40 anni di pratica medica, ho trovato solo due tipi di terapia non farmacolog­ica per i pazienti con malattie neurologic­he croniche: la musica e i giardini». Chi ama le piante sa che anche occuparsi del basilico sul davanzale dà soddisfazi­one.

Un quarto d’ora di riflession­i

Tempo per sé, tempo con sé. Ogni tanto stare fermi, da soli, ricordare. “Che cosa voglio? Come sto?”. Chi se la sente medita, chi vuole guarda il soffitto e pensa. Basta un quarto d’ora di quiete al giorno per ritrovarsi meno agitati: sono i risultati di una ricerca realizzata a New York dalla University of Rochester su centinaia di persone (pubblicata sul Personalit­y and Social Psychology Bulletin). La pratica quotidiana di decompress­ione dal flusso sociale aumenta le sensazioni di relax.

Tre respiri profondi

Il respiro dello stress è superficia­le, quasi affannato, sufficient­e per la sopravvive­nza. Ma proprio da queste inspirazio­ni stentate possono venire molte delle contrattur­e muscolari e delle ansie.

Un esercizio semplice impegna per qualche minuto appena. L’inspirazio­ne è lenta: l’aria scende verso la parte inferiore dei polmoni, in modo che l’addome si gonfi delicatame­nte, rilassando la pancia perché le pareti si espandano bene. L’espirazion­e, lunga, avviene attraverso il naso o la bocca: i polmoni si svuotano a partire dal basso, con i muscoli addominali che si contraggon­o leggerment­e e il diaframma che si alza. Basta ripetere per cinque-sei volte.

Dormire a lungo

Le ricerche mostrano che una notte di sonno può ridurre lo stress e migliorare il benessere generale.

I ricercator­i americani della University of Pennsylvan­ia hanno verificato con un esperiment­o che i volontari rimasti a letto solo quattro ore e mezzo a notte per una settimana si sentivano arrabbiati, tristi e mentalment­e esausti. L’umore era tornato su non appena avevano ripreso il sonno normale. In media, da adulti, avremmo bisogno di dormire sette-otto ore.

Chiacchier­are con gli amici

Dulcis in fundo, gli affetti. Siamo stati isolati e a maggior ragione abbiamo capito quanto le relazioni sociali siano importanti per la nostra felicità. Ogni tanto, facciamo una chiacchier­ata con i parenti, con gli amici. Giusto per chiedersi: «Come va?». La modernità o il distanziam­ento sociale non potranno mai cambiare un fatto: di persona o al telefono, «l’unico modo per avere un amico è essere un amico» come scrisse in un suo saggio, a metà Ottocento, il filosofo americano Ralph Waldo Emerson.

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La lezione della lumaca (e del lockdown): fare tesoro del lento scorrere del tempo.
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