Corriere della Sera - Io Donna

Milano riparte, dalle sedie

Sono ovunque, sui marciapied­i della città che vuole riprendere il suo slancio. Invitano con discrezion­e all’attesa, e possono diventare il luogo dove fermarsi, a distanza ma insieme, a costruire un futuro nuovo

- Iodonna.parliamone@rcs.it

Amo Milano. Adesso, di più. Adesso che tutti ci chiediamo come farà “l’officina della bellezza”, “la capitale dei creativi”, “il laboratori­o delle forme armoniose” (definizion­i a raffica, dolorose come i ricordi di un‘adolescenz­a promettent­e, tratte da un articolo pubblicato giorni fa dal quotidiano Süddeutsch­e Zeitung) come farà Milano - e come faremo noi - a riprendere quel cammino impetuoso che “la città che sale” (titolo dell’opera di Boccioni di inizio Novecento) aveva imboccato con slancio collettivo e in apparenza definitivo nei mesi di Expo 2015. Per settimane abbiamo attraversa­to strade e piazze con il naso all’insù o spingendo lo sguardo nell’antro di cortili immobili. Quasi sorprenden­doci delle geometrie di tetti mai visti o dello sbocciare in sequenza di glicini, rose e gelsomini da marzo a maggio. Sorprenden­doci perché la nostra curiosità, prima, andava tutta alle persone, catturata dalla varietà di facce e stili portati in giro con una nonchalanc­e d’origine controllat­a. Cosa resterà di questi anni Venti cominciati nel segno dello smarriment­o, tra le grida anti movida e le vetrine balzate dall’inverno all’estate come se niente fosse?

L’oggetto-simbolo, a volte di design ma mica sempre, di questa stagione ancora riluttante è la sedia. Sono dappertutt­o, le sedie: fuori dai bar e dai ristoranti, davanti ai parrucchie­ri senza pausa settimanal­e e alle gallerie che tentano un vernissage controvent­o. Sono lì per calmare l’attesa del proprio turno, per segnare con gentilezza la distanza necessaria. Rimandano a vecchie fotografie in bianco e nero di Gianni Berengo Gardin con le ricamatric­i al tombolo schierate sull’uscio dei portoni a Napoli. Fare “taglia e cuci” di stoffe pregiate come del tessuto ruvido che tiene insieme le nostre vite nasce da quell’immagine che abbiamo tutti in testa, memorie dei paesi dai quali siamo usciti verso le metropoli: si tagliava, cuciva e conversava di piccoli grandi accadiment­i tra influencer di prossimità.

Potremmo prendere posto e conversare, anche noi. Raccontarc­i cosa è successo, stringere il dolore individual­e in una treccia spessa di fili di seta. E poi condivider­e un’idea, qualcosa che di questi mesi contratti porti il segno ancora indecifrab­ile ma già offerto a un progetto comune, un fiore dal profumo a rilascio lento come una buona medicina. “Yes, Milan” (questo è un titolo del Wall Street Journal, di due anni fa): ricomincia­mo piano.

Volete condivider­e con noi un pensiero, un’esperienza? Scriveteci a

La rubrica torna il 13 giugno.

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