Corriere della Sera - Io Donna
Banksy e la nostra anima pop
All’artista più noto e popolare, che si identifica nella sensibilità di chi ne condivide le opere, Ferrara dedica da oggi a Palazzo dei Diamanti. Scoprirlo lungo le sale sarà l’occasione per ritrovare noi stessi
Un artista chiamato Banksy rriva Banksy a Ferrara. Anzi non arriva. Ma arriveranno migliaia di persone, finalmente libere, per vederlo, aldilà del suo protagonismo esaltato dal mistero sulla sua vita e sul suo volto. Se ne compiace lui stesso: «Non ho il minimo interesse a rivelare la mia identità. Ci sono già abbastanza stronzi pieni di sé che cercano di schiaffarvi il loro brutto muso davanti». Banksy è l’artista più popolare dopo Andy Warhol. Per chi ha avuto modo di vedere una lunga storia, i due artisti sembrano vicini, come aspetti della stessa epoca. Sono passati invece cinquant’anni, e Banksy è più amato, e forse perfino più conosciuto, di Andy Warhol, nonostante che da lui derivi e ne costituisca una emanazione per il contenuto, e per il linguaggio.
Opposte le personalità: il narcisismo euforico di Warhol e il narcisismo represso di Banksy; ma, negli esiti, incredibilmente, l’espressione più propria della Pop art è l’opera di Banksy. Warhol rende leggendaria la cronaca, Banksy la registra senza enfasi, con distacco. Non è interessato a esibirsi ma a documentare il suo tempo, con un realismo emozionale che esalta le circostanze della cronaca. E ce lo dice: «Non so perché le persone siano così entusiaste di rendere pubblici i dettagli della vita privata: l’invisibilità è un superpotere». La sua distanza, la sua oggettività sono tali che Banksy, pur facendole o facendole fare, non autorizza le sue mostre. Senza sottrarsi al mercato lo consacra attraverso le crescenti valutazioni delle sue opere, o immobili per destinazione o fatte sparire appena esitate: una beffa al sistema dell’arte.
Banksy cerca un’arte accessibile a tutti, rifiuta le leggi del mercato ma controlla la circolazione delle sue opere attraverso la Pest Control, la società autorizzata ad autenticare le sue opere. Banksy rifiuta le leggi del mercato e, di conseguenza, la musealizzazione delle sue opere, a parte rarissimi casi. Aggiorna periodicamente il calendario delle mostre “non autorizzate”, ma tollerate in giro per il mondo. A volte non ne nomina alcune non perché le abbia autorizzate ma probabilmente perché le ritiene meno commerciali di altre. Come questa, sapientemente curata da Gianluca Marziani, Stefano Antonelli e Acoris Andipa, prodotta da Metamorfosi.
Quanto al problema di rinchiudere in un museo o in una
ABanksy, galleria le opere di street art, il mercato ha da tempo fornito la risposta. Mentre critici, mercanti e appassionati dibattono sulla contraddizione della decontestualizzazione di opere di strada, le mostre su Banksy aprono ovunque nel mondo. Rigorosamente “non autorizzate” dall’artista. Sono occasioni di racconto della vita da chi le condivide con naturalezza. Perché nelle opere di Banksy ognuno vede quello che vede nella strada. Banksy sembra giocare. Vediamo la Girl with a Balloon. Un’immagine semplice, felice, pura. Inquietante Bethlehem, Palestine. Ora nelle sue opere appare un ammiccamento. Qual è il dipinto più famoso al mondo dopo La Gioconda di Leonardo? La ragazza con l’orecchino di perla di Jan Vermeer. Ed ecco apparire il nuovo graffito, realizzato dall’artista senza volto su un muro della città di Bristol. Al posto dell’orecchino la centralina dell’allarme antifurto sulla facciata del palazzo utilizzato come supporto. L’opera, intitolata