Corriere della Sera - Io Donna
Reinventarsi in quarantena
“Solo pezzi unici” «Non ci può essere una crisi la prossima settimana: la mia agenda è già piena» ha detto Henry Kissinger nel 1969. Forse lo direbbero volentieri anche i Millennials, la generazione dei nati tra il 1981 e il ’95, già reduce da una crisi f
«La prima settimana in quarantena per me è stata un disastro: appena tornata da una serie di viaggi di lavoro in giro per il mondo, avevo addosso l’adrenalina delle esperienze vissute. Poi, di colpo, mi sono trovata ferma a casa con i miei genitori. È stata mia madre a suggerire di fare qualcosa insieme: avevo tanti fili per lavorare a maglia, avanzati da alcuni capi crochet “commissionati” alla badante di un amica di mia nonna; e ci siamo messe a cercare su internet i tutorial per imparare i punti. Che soddisfazione quando ho creato il primo cappello! L’avevo fatto per un amica che compiva gli anni e ho postato la foto su Instagram. Sono piovuti i like e i commenti in cui i follower chiedevano se era in vendita, e sulla scia dell’entusiasmo mi è venuta voglia di farne altri. Ho ordinato più fili, iniziato a sperimentare, ed è iniziata la mia ossessione. A oggi ne ho venduti diversi in tutta Europa, da Parigi alla Svezia, e ho molte richieste anche dagli Stati Uniti. Ma guai a diventare una macchina produttiva: ogni cappello è un pezzo unico e deve rimanere tale, o perdo il divertimento. Dove si trovano? Almeno per ora, la mia vetrina rimangono i social, poi chissà; ho già un lavoro, ma questa è una bella passione che vorrei portare avanti e, forse, incanalare in modo più strutturato. Continuo anche adesso che sono ripartiti gli shooting, occupando i momenti morti sul set invece di stare al cellulare. E ho messo all’opera anche la mamma: ormai è una specialista in bikini crochet!».
«Quando è iniziata la quarantena ero in viaggio a Raquira, in Colombia, per visionare alcuni laboratori di ceramica. Mi aveva accompagnato Pietro Minelli, il mio compagno, e siamo rimasti bloccati qui. Così abbiamo pensato a un modo per restare connessi con i nostri amici nel mondo. Io ho il mio brand di gioielli, mentre Pietro è architetto: dunque frequentiamo molti designer e creativi, e li immaginavamo costretti in casa senza poter realizzare le proprie idee. D’altra parte i ceramisti qui non si sono fermati: questa è una comunità che vive di artigianato, con i negozi in paese e i laboratori in montagna, ai piedi delle case di famiglia. Da qui l’idea di pubblicare un post sulle nostre pagine social e chiedere ai follower di mandarci idee e spunti per realizzare il loro vaso da lontano. È nato così “Alone together”. Sono arrivate tantissime proposte, diverse dai rendering professionali: schizzi, ma anche messaggi vocali e quadri d’ispirazione. Finora abbiamo realizzato settantacinque progetti. Ci siamo impegnati a coprire le spese e una bella sorpresa è stata il contributo della galleria Cometa di Bogotá. È proprio lì che vorremmo fare tappa con le opere finite, prima di tornare a Milano: ci sono già arrivate richieste di vendita, ma l’intenzione è esporle anche in Italia (ci stiamo lavorando con la project manager Caterina Ponti). Vedremo quando riapriranno i confini. Per ora siamo ancora in questo posto magnifico, immersi nel processo produttivo». «Quando Reggio Emilia, dove sono nata, è stata dichiarata Zona Rossa, mi trovavo a Firenze, e l’idea di restarne lontana a forza mi faceva soffrire molto. Quando poi è arrivato il lockdown, con l’impossibilità di fare i servizi fotografici, m’ha preso il panico. Siccome, come si impara nel film Vanilla Sky e come dimostra la mia biografia, la vita in un attimo può stravolgere i tuoi piani (ma se segui le tue passioni puoi risorgere), mi sono velocemente organizzata per lanciare su Vimeo due corsi di fotografia. Del resto si sa che, sulla rete, in genere vince chi è bravo e arriva prima degli altri. Con il video-corso che ho chiamato Plutone insegno a modificare le foto attraverso Photoshop, Lightroom e Snapseed, da mobile e pc; con le 10 ore di tutorial di Venice, invece, insegno a scattare immagini d’impatto, direi cinematografiche e con un graffio molto personale e a comunicare in modo efficace sui social sfruttando la carica di Instagram e delle
Irene Ferri, 28 anni, fotografa, ha lanciato due corsi di fotografia on line che hanno fatto il pieno.
Stories. Dall’appartamento fiorentino, ogni giorno producevo e postavo un video tutorial, mentre la mia vicina ottantenne, Loretta, provvedeva a nutrirmi passandomi dal balcone piatti golosi che cucinava per me, poiché ero sola e a un certo punto m’ha preso anche una febbre molesta (con tampone negativo). Il successo è stato immediato e travolgente consentendomi di arrivare a chiedere una quota di iscrizione all’altezza. 550 adesioni a pagamento a Plutone, 350 a Venice sono oggi un incoraggiamento a continuare il filone, sebbene la mia passione, e la mia professione, rimangano i fotoreportage».