Corriere della Sera - Io Donna
“La cura degli altri ora conta di più”
Vicino ai malati durante la pandemia ci sono state moltissime donne, che sono la maggioranza nella sanità. Sarà difficile dimenticare i racconti che hanno condiviso - il dolore, la fatica, la paura - nelle settimane più dure. Ora è tempo di bilanci e la p
(l’agenzia per la tutela della salute) è arrivata solo dopo un interminabile mese, con la possibilità di chiedere un tampone qua, un sierologico là, un intervento infermieristico estemporaneo. Oggi si possono fare gli esami privatamente: ma fino a poco fa, dal 27 aprile delle mie 92 richieste di test sierologici, l’appuntamento è seguito solo per due. Sappiamo ciò che succede solo perché sentiamo i pazienti ogni giorno, con domande alle quali dobbiamo dare una risposta senza averla. “Dottoressa, sto in isolamento dal 4 aprile. Mi fanno il prelievo il 26 giugno. Cosa faccio col lavoro? Mi prolunga la malattia? Posso fare la spesa?”. Ho perso un solo paziente, uno straniero con il quale c’era una barriera linguistica e culturale molto forte: credo che sia rimasto in casa senza contattare nessuno. Temo non sia l’unico.
Ho cercato di mantenere la calma, ho imparato ad aguzzare l’orecchio, a familiarizzare con la tecnologia. E mi sono accorta quanto fosse importante la mia telefonata: sentire vicino il medico “di famiglia” in un momento confuso e di solitudine è diventato un evento, l’incontro con qualcuno di cui ti fidi. Se le persone ci avevano dati per scontati, trattandoci come compilatori di ricette e affollando troppo i nostri ambulatori, forse è stata l’occasione per rivalutarci.
Nel privato ho scoperto che il contrario dell’amore non è l’odio, ma la paura: gli amici si sono chiusi su loro stessi, il mio ultimo nipotino è nato il 20 aprile e non ho potuto né stare vicino a mia figlia né prenderlo in braccio appena nato. Ho fatto squadra col mio compagno, l’altra figlia e suo marito, medici come me. Epure la collaborazione dei pazienti è stata notevole. Vorrei che questa consapevolezza - del nostro ruolo nella società, della cura della nostra salute - e il rispetto di sé e del prossimo rimanessero. Mi preoccupa per l’autunno la mancanza di controllo organizzato sul territorio. Quando arriverà la grande ondata di patologie febbrili (influenza, virus para-influenzali e sospetti Covid) tutti tenderanno a rivolgersi al medico di base o al pronto soccorso, e il sistema potrebbe di nuovo andare in crisi anche perché le persone potrebbero contagiarsi nelle sale di attesa. Per far fronte a queste richieste servirebbero micro-ambulatori con medici e personale sanitario dotato di sistemi di protezione che possa fare la diagnosi differenziata e impedire una situazione ancora peggiore di quella che abbiamo già vissuto».