Corriere della Sera - Io Donna
Dopo il lockdown, riaprono anche i centri per la fecondazione assistita. Ma per le 7-8mila coppie che cercano di diventare genitori il percorso alla ricerca di un figlio è ancora faticoso, costoso e lungo. Pesano i pregiudizi, l’ansia, il senso di colpa.
Dagli anni Sessanta al nuovo Millennio le idee su gravidanza e maternità sono mutate radicalmente, si legge in Il culto del feto (Cortina) di Alessandra Piontelli. Si fanno più dibattiti, si fanno figli più tardi, soprattutto se ne fanno meno. «Certo aiuterebbe una maggiore attenzione alle fatiche economiche, fisiche e psichiche della coppia» esordisce la Piontelli, psichiatra, neurologa, psicoanalista. Troppe responsabilità sulle spalle
«A influire però sull’atteggiamento delle donne nei confronti della maternità sono stati anche i libri. Molte teorie - da parte di quelle freudiane a quelle dei pionieri dell’attaccamento - sono nate durante e tra le due guerre mondiali, tempi in cui molti dei bambini che sono stati studiati vivevano in condizioni spaventose, spesso in orfanatrofio. Sono state poi sviluppate ed enfatizzate nei loro aspetti più drammatici, la psicologia e la psichiatria sono diventate una chiave di lettura della realtà, qualche volta utilmente, altre no. La conseguenza pratica è, però, che oggi le madri vengono fatte sentire in colpa per tutto. Se lavorano, poi a casa devono dare “tempo di qualità”. Se stanno a casa devono dare continua attenzione. Per il resto, le donne si sono abituate a una maggiore libertà e finché il figlio non arriva, non sanno veramente che impatto abbia sulla vita. La tradizione si è interrotta, le famiglie sono ristrette. Alle bambine e ai maschietti non viene chiesto di accudire se non in emergenza i neonati» aggiunge Piontelli che non si riferisce solo alla realtà italiana: ha insegnato a lungo nel Regno Unito e poi nel dipartimento di Patologia della gravidanza dell’ Università di Milano.
Il suo bilancio è chiaro. «La maternità cercata oggi è vissuta con più ansia ma nel frattempo è cambiato qualcosa tra gli uomini che non si sentono più giudicati “effemminati” se si prendono cura dei figli. Forse anche la cultura gay ci ha aiutato. A volte nelle coppie c’è un contratto, anche inconscio, per cui dei figli si prende cura anche solo il padre. I tribunali non lo riconoscono ancora. Il risultato è che le maternità sono tante e variegate» conclude. E sempre più messe alla prova.
Una società in cortocircuito
«Qualcuno si è chiesto come hanno fatto le madri nelle settimane del lockdown?» sbotta Marida Lombardi Pijola, autrice di L’imperfezione delle madri (La nave di Teseo). «È come se ci fossero due differenti coscienze sociali che non si parlano: una invoca la maternità, l’altra l’ha trasformata in un privilegio per poche. Per questo spero che diventi una pratica ordinaria quella di conservare gli ovuli per avere figli quando la vita lo permetterà. L’immagine ottusa del “ramo secco” per fortuna è svanita. Un figlio non è tutto, e le donne l’hanno capito. Molte scelgono di essere madri prendendosi cura di amiche, partner, la società o il lavoro. La maternità biologica invece dev’essere una scelta vocazionale» aggiunge la Lombardi, madre di tre figli maschi. «Ho voluto raccontare il mio mondo per capire come mai, al di là delle differenze generazionali, le donne nella vita spesso viaggiano pesanti, trascinando un bagaglio di inquietudini, insicurezze, malinconie, un carico interiore che porta a riconoscerci l’una nelle altre» spiega. Un carico che esplode in quel titolo che è un’ultima verità: le madri sono imperfette. Ogni maternità nasconde un lato oscuro quasi mai condiviso perché la retorica della famiglia ci frena. «Esistono madri fragili, quelle eterne bambine, quelle immature o impreparate che finiscono per deprimersi. Poi ci sono le altre, la maggior parte, che oscillano tra la gioia e il malessere e sanno governare i propri sentimenti. La verità è che bisogna essere preparate. La fatica più grande? Quella di lasciar andare i figli, con la sensazione di restare abbandonata. Una brava madre sa però che la loro indipendenza è la prova del suo successo». Come diceva Khalili Gibran: noi siamo l’arco e i figli sono le frecce.
La maternità è ormai una scelta e non un destino per molte donne. Ma gravata da conflitti e paure inconfessate