Corriere della Sera - Io Donna
Della creatività
Carlo Capasa, presidente Camera Nazionale della Moda Italiana.
Il tempo fugge, la moda insegue. Le stagioni incalzano e le collezioni accelerano, offrendo a ritmo serratissimo prodotti sempre nuovi... Almeno fino a qualche mese fa. Trascorse sei settimane dalla riapertura, ci siamo ritrovati a passeggiare davanti alle vetrine ammirando i capi che avevamo aspettato di veder tornare in scena. Lo dice anche la ricerca sul futuro condotta da io Donna su un campione di 2.400 intervistate durante il lockdown: lo shopping per il guardaroba estivo è rimasto in cima alla lista dei desideri (abbigliamento e scarpe rispettivamente al 71 e 40 per cento).
L’urgenza di cambiare, però, c’è. Nei backstage del sistema si discute proprio del tempo, chiedendosi se il rito di sfilate e presentazioni sia davvero immutabile e, di conseguenza, cosa potremmo trovare nei negozi in futuro. «Stiamo cercando di capire se il nostro è davvero un sistema vincente. Quando di vittorioso c’è solo il fatturato, responsabile comunicazione di Camera Italiana Buyer Moda. meglio fermarsi: abbiamo compreso che sempre di più dobbiamo guardare alla sostenibilità» spiega Carlo Capasa, presidente di Camera Nazionale della Moda Italiana. «Avere nuove consegne ogni sei settimane genera un meccanismo che abitua il consumatore a continui periodi di sconto. D’altra parte così aumentano anche le rimanenze, che finiranno nelle discariche. È un andamento imposto dal fast fashion, obbligato a mantenere prezzi bassi. Si compra troppo, chi produce guadagna troppo poco... e l’inquinamento del pianeta lo paghiamo tutti».
Insomma, anche la stagionalità va ripensata. Se presentare le collezioni qualche settimana prima sulle riviste non è scorretto («La creatività della stampa serve anche ad abituare i lettori ai cambiamenti proposti dagli stilisti»), meglio non mettere i capi sul mercato con troppo anticipo. E le sfilate? Posticiparle di qualche mese rischia solo di minare la creatività: «Veder sfilare abiti che sono già stati venduti ai buyer farebbe svanire quel sogno che ha reso celebre la moda in Italia e a Parigi. Noi
Offrire i capi giusti nel momento giusto, evitando gli eccessi. Il cambiamento che oggi si fa strada nel sistema moda ha un obiettivo: rispettare i tempi e la sostenibiltà. Produrre meno e meglio, forse, sarà la strada. Intanto rallentiamo. Ce lo chiede il pianeta (e tanti stilisti sottoscrivono)
siamo arte, non marketing. E per i brand più piccoli, sarebbe insostenibile». Parlare di responsabilità fa sempre un po’ paura. Di certo, quello che la moda italiana porta sulle spalle in questo momento è un patrimonio da difendere con cura. Si tratta della seconda industria del Paese (prima per esportazione), che a livello europeo rappresenta il 41 per cento della produzione, confermandoci primi produttori del lusso: nostro è anche il merito di inventare materiali, finissaggi e nuove risorse green.
«Siamo quelli che creano il mercato, che lo stimolano. Per primi abbiamo lanciato i Green Carpet Fashion Awards, dove lo scorso anno abbiamo premiato Valentino Garavani per la creatività: i suoi abiti vengono ancora tramandati. Del resto, in Italia siamo maestri nel generare valore». I consumatori si abitueranno a un ritmo diverso? «Sì, basta pensare che durante il lockdown il 24 per cento di chi ha comprato on line l’ha fatto per la prima volta. È migliorata la cultura digitale di un sistema importantissimo: Camera Moda riunisce 220 brand, che a loro volta proteggono centinaia di piccoli artigiani. Un mondo complesso che non può essere diviso per comparti, va trattato globalmente: per l’importanza che ha, ci meriteremmo un ministro della Moda».
Cambio di stagioni
Certo, con i saldi spostati ad agosto nei negozi avremo delle sorprese. Un posticipo che potrebbe dare inizio a quello che Beppe Angiolini (responsabile comunicazione di Camera Italiana Buyer Moda e proprietario della celebre boutique Sugar di Arezzo) definisce un “riallineamento”. «Vendere un cappotto a luglio ha davvero senso? Con i ribassi ad agosto e una coerente proposta dell’autunno-inverno, tutto tornerebbe più umano. È un pensiero già espresso da Giorgio Armani, e dalla lettera che il designer Dries Van Noten ha sottoscritto con tanti stilisti per appoggiare questo cambiamento. L’ho firmata anch’io: la creatività non può continuare a rincorrere le stagioni». Il problema potrebbe arrivare dall’on line, con i siti che partiranno prima con gli sconti. Ma all’inizio del lockdown, sottolinea Angiolini, la propensione all’acquisto virtuale si è tramutata in una reazione più riflessiva, meno dettata dall’impulsività. «Chi entra in boutique non lo fa più solo per curiosare o per un acquisto mirato, ma per godersi l’esperienza. Che siano diventate un luogo di incontro lo noteremo ancor più nelle località di mare: lì, le boutique sono meta di tanti giovani. In generale i ragazzi si stanno dimostrando molto vivaci, rispetto a persone più adulte».
Cosa troveremo nei negozi a settembre? Sicuramente una parte di capi continuativi o privi di stagionalità. E lentamente, il susseguirsi di “pre-collezioni” potrebbe iniziare a svanire. «Per vivacizzare l’offerta i marchi offriranno delle sorprese, piccoli lanci creati ad hoc. Prodotti ricchi di personalità, non fatti solo per vendere. Bisogna riconquistare lo status artistico che negli anni si è un po’ perso: durante le crisi, la moda sembra dover fare un passo indietro, come se fosse solo frivolezza. Concentriamoci allora sulla sua storia, sulla cultura e le persone che la creano, e ritroveremo un ruolo di primo piano».