Corriere della Sera - Io Donna
SCRIVERE PARLARE, AGIRE: IL COMPITO DELLE GIORNALISTE
L’impressione è sempre la stessa: qualcuno che sbrigativamente ti dice “grazie del prezioso contributo, adesso penso a tutto io” e non solo ti esclude dalla cabina di regia ma non ti ascolta neppure. Così l’abbiamo presa, in quei giorni di fine aprile, quando abbiamo letto i nomi dei venti uomini che formavano il comitato scientifico di esperti della Protezione Civile nel passaggio dalla fase uno alla fase due dell’emergenza Covid.
Non disturbate il conducente
«È possibile che non ci fosse una donna - o anche dieci, magari - con attitudini e titoli all’altezza?» scriveva Barbara Stefanelli sul Corriere della Sera. «Possibile che l’italia - dalle commissioni ai comitati fino alle conferenze stampa quotidiane - ci proponga e riproponga una maggioranza schiacciante (se non un en plein) di voci di uomini?». Dopo le proteste, la presenza femminile fu rafforzata. «Sì, infilate all’ultimo minuto… Il modo ancor m’offende» commenta con passione Myrta Merlino, conduttrice del talk politico di day time su La 7 L’aria che tira. «È stato un atto di sottovalutazione grave: le donne hanno un approccio diverso in tutti i campi». «Una mancata opportunità di leadership e anche la mancata opportunità di avere un pensiero laterale all’interno di un team di decisori» rincara la dose Sarah Varetto, già direttrice di Skytg 24, ora responsabile della comunicazione interna.
Ma il problema era a monte: «Mi era stato spiegato che a far parte del comitato tecnico scientifico nelle sue varie integrazioni, erano stati chiamati i vertici dei diversi dipartimenti, uffici e istituti sanitari. E in quei ruoli erano tutti uomini» spiega Stefanelli. «Insomma la Protezione Civile non aveva una colpa tecnica ma c’era il dolo di non essersi interrogati sul risultato che avrebbe ottenuto». Non farsi questo tipo di domande è una costante. A vari livelli. Succede nelle task force governative, ma anche in convegni, dibattiti, conferenze, talk tele
Lo scenario è lo stesso: prevalenza maschile. Una rappresentazione che non rispecchia più la realtà, visto che nel mondo accademico, scientifico e politico le donne titolate sono molte. Se non è cattiva fede è cattiva abitudine: «I meccanismi di cooptazione al maschile si sono affinati nei secoli» osserva Lilli Gruber. «Quelli di cooptazione al femminile sono ancora in rodaggio. Ma le cose stanno cambiando». Nel mondo anglosassone la denuncia dei panel al maschile si condensa in un neologismo arguto: manel. Al quale si è aggiunto manference, ovvero conferenza in overdose di testosterone.
Quel panel è un manel!
La guerra ai manel diventa efficace e conquista le prime pagine quando a farla non sono le donne, ma gli uomini che si rifiutano di partecipare ai tavoli maschili. Fino a poche settimane fa, però, succedeva solo all’estero. Nella prima decade di giugno è stato un membro del governo italiano, il ministro per il sud Giuseppe Provenzano, a disertare un tavolo di lavoro perché integralmente maschile. Applausi a scena aperta. «Fosse questa l’unica eredità positiva degli ultimi mesi per le battaglie delle donne, varrebbe comunque qualcosa» commenta Barbara Stefanelli. Nel tentativo di “sanare” la questione, dagli organizzatori sarebbe stato proposto un successivo tavolo “solo al femminile”. Peggio ancora: alle signore laggiù in fondo, un tavolo separato, per favore. «Essere trattate da riserva indiana è contrario a ogni principio di inclusività» osserva Sarah Varetto. «Il ragionamento a monte nella scelta degli esperti dovrebbe essere: Ti invito perché riconosco il valore del tuo contributo all’interno di un dibattito». Inoltre non essere invitate ha ri
Barbara Stefanelli (55 anni), vicedirettore vicario del Corriere della Sera: «Condividere con i colleghi maschi le stesse esigenze di vita ha aiutato a creare un clima di equità» cipazione femminile alle conferenze in ambito Stem: «Per ottenere sovvenzioni alla ricerca devi dimostrare di avere un profilo internazionale e questo lo ottieni solo quando ti chiamano a parlare ai convegni».
Dove non arriva la moral suasion dovrebbe intervenire la misura coercitiva. Come si è fatto per le quote rosa nei Cda delle aziende quotate grazie alla legge Golfo Mosca. Tra le schede di lavoro redatte dalla task force di Vittorio Colao c’è un capitolo sulle misure per promuovere la parità di genere. E tra queste c’è l’inserimento di quote in tutti gli organi, le task force e i comitati nella pubblica amministrazione, negli enti locali, nel terzo settore, nei partiti e nelle fondazioni: “Pena il decadimento del gruppo stesso”. «Dispiace solo che, ancora una volta, ci debba essere un “capitolo rosa”, una sezione a parte. In un mondo civile ed equo le donne dovrebbero essere dappertutto» osserva Stefanelli.
Moderatrice o tappabuchi?
Fuori dall’ambito istituzionale il problema resta in ogni forum, evento o talk di approfondimento tv. «Mi sono sempre occupata di economia e ricordo panel a cui ero stata chiamata a fare la moderatrice nei quali ero l’unica presenza femminile» ricorda Varetto. A lei, come ad altre giornaliste e conduttrici capita spesso di essere invitate nel ruolo di “moderatrice”. «Quante volte veniamo chiamate perché in quella moderazione si pensa di risolvere l’asvisivi.