Corriere della Sera - Io Donna
Washington
Lo ricorda quasi fosse adesso, John David, la prima volta in cui si rese conto che suo padre, Denzel, non era come tanti. Aveva otto anni, era appena approdato con la famiglia sulla costiera amalfitana, in un mondo nuovo, e la sua prima pizza margherita a Positano gli piaceva da matti. Tutto il personale e gli ospiti di quel piccolo ristorante sulla spiaggia volevano chiacchierare con il papà, gli sorridevano con cordialità, gesticolavano, erano felici di vederlo. «Non parlavano neppure l’inglese, eppure si facevano capire, volevano conoscerlo, presentarsi» racconta. «Fu lì che intuii che era più noto di altri».
Facciamo un salto in avanti di una trentina d’anni, lasciamo Positano, siamo ora a Los Angeles: John David è di fronte a me su Zoom, felice di parlare sia di un padre amatissimo, fonte continua di ispirazione e orgoglio, sia del film Malcolm & Marie, il suo più recente successo personale. Ora, a 36 anni, Washington Jr. può discutere liberamente di tutto, con un senso di sollievo e di gioia.
Eppure, l’allegria odierna è frutto di un lungo cammino. Fu infatti per evitare il confronto diretto con tanto genitore che il ragazzo decise all’inizio di abbracciare la carriera sportiva e lasciare perdere Hollywood e il cinema: divenne un campione di football (il calcio americano) al Morehouse College e, presto, una star in tournée in Europa e negli Stati Uniti. Poi alcuni infortuni - inclusa una preoccupante commozione cerebrale - lo costrinsero ad abbandonare.
La Hbo gli offrì a quel punto un ruolo nella serie televisiva Ballers (era il giocatore di football Ricky Jerret) e questo segnò la sua seconda incarnazione: Spike Lee lo scelse come protagonista di Blackkklansman e Christopher Nolan per Tenet, il kolossal fantascientifico da 200 milioni di dollari con cui l’attore si è conquistato recensioni superlative. Niente, comunque, a paragone con quelle ricevute per Malcolm & Marie, il dramma socio-politico-psicologico (un autentico tour de force) girato con Zendaya e diretto da Sam Levinson durante la pandemia: ormai è anche per talento nella stessa orbita del suo “old man”, Denzel. Che - va detto - non è solo una star internazionale: è un grande attore che impersona con la stessa convinzione personaggi shakespeariani (Otello, Coriolano, Riccardo III, Marco Bruto, presto lo vedremo in Macbeth a fianco di Frances Mcdormand), poliziotti e gangster in film d’azione e figure carismatiche come Malcolm X. Il New York Times gli ha assegnato il primo posto nella lista dei più grandi attori degli ultimi 20 anni con queste motivazioni: oltre alla duttilità di interprete spicca per carisma, è l’immagine per eccellenza della black masculinity, ha un’ indiscussa autorità morale, e - conclude - «per statura e valori è un gigante, come John Wayne e Clint Estwood prima di lui». Per non parlare del valore al box office internazionale (il suo patrimonio è valutato sui 250 milioni di dollari) e il forte impegno civile e sociale.
Ho incontrato i due Washington a distanza di alcuni giorni: Denzel presentava Fino all ’ultimo indizio (il thriller poliziesco diretto da John Lee Hancock in cui torna a indossare i panni di un poliziotto) e, nelle vesti di produttore, Ma Rainey’s Black Bottom, versione cinematografica della pièce omonima di August Wilson, il drammaturgo afroamericano che aveva già portato sia in teatro sia sul grande schermo.
Padre e figlio hanno molto in comune: passione e disciplina per il loro lavoro, impegno civile e sociale, grande amore e rispetto per la famiglia, e soprattutto una fede incrollabile. Denzel è, al solito, più trattenuto e appare quasi solenne con la sua giacca nera; John David, in t-shirt bianca, corpo solido e muscoloso, è un entusiasta, solare e ottimista.
“Anche gli altri tre miei ragazzi lavorano nel cinema: Katia è produttrice, Olivia attrice, Malcolm - il più giovane - regista”
Denzel Washington
Ed eccolo con Zendaya in
& Marie di Sam Levinson, in streaming su Netflix. nello stesso settore e fanno cose stupende: Katia ha prodotto con John David Malcolm & Marie, Olivia è un’attrice brillante, il mio figlio più giovane, Malcolm, è regista. Per questo ringrazio Dio, e mi sento sempre più vicino a lui.
Trova forza nella preghiera?
Non la trovo certo nel lavoro, quello non dà la felicità. Provo gioia però quando mi pare di potere adoperare il talento che Dio mi ha regalato a fin di bene, per aiutare l’altro, chiunque ne abbia bisogno.
Ha sempre avuto convinzioni così forti?
Ho acquisito questa mia forza col passare del tempo. Ho imparato, sono maturato, non mi preoccupo più di quello che pensano gli altri, di perdere i fan o di offendere qualcuno senza volerlo. Ecco, adesso non ho più paura.
Anche gli innumerevoli riconoscimenti che le dedicano hanno peso: immagino abbia letto l’articolo del dove la consacrano attore numero uno. Lei, Mr. Washington, come si vede?
Mi vedo come un essere umano che cerca di aiutare. Mi piace l’idea di essere parte di una soluzione, non di un problema, o almeno spero... (sorride). E scopro adesso maggiori opportunità di usare il talento che Dio mi ha dato per contribuire, nel mio piccolo, a rendere il mondo migliore.
Da dove le viene tanta fede?
Mia madre anni fa mi disse: «The man gets the award. God gives the reward», «L’uomo riceve l’onorificenza. Dio conferisce la ricompensa». Io ho già ricevuto tutti i riconoscimenti possibili e ho imparato che quelli non danno la felicità. Certo, sono riconoscente al New York Times, ma non vivo per questo genere di encomi.
New York Times