Corriere della Sera - Io Donna
“Nel motore dell’italia mettiamo la parità” Linda Laura Sabbadini
Scienziata statistica di fama internazionale, direttrice centrale dell’istat, dentro il quale ha rivoluzionato le statistiche sociali e di genere, Linda Laura Sabbadini - romana, 64 anni - è tra le fondatrici di “Donne per la Salvezza-half of It”, movimento che chiede di mettere le donne al centro del Recovery Plan «non perché siamo una categoria da proteggere» tiene subito a dire, «ma, al contrario, perché siamo una risorsa attraverso la quale costruire una rinascita sociale ed economica del Paese». Oggi Linda Laura Sabbadini è anche alla guida del W20 (Woman20), il gruppo internazionale di lavoro sull’empowerment femminile che accompagna il G20, il vertice dei capi di Stato e di governo delle principali economie mondiali, che quest’anno è a guida italiana. La intervistiamo a ridosso dell’incontro con le delegazioni femminili degli altri Paesi, per fare il punto sull’obiettivo che si è data: rendere le donne protagoniste del G20.
Che fotografia dell’italia ci lascia oggi la pandemia?
La fotografia di una crisi molto diversa da quelle che conoscevamo: questa non è una crisi energetica, non è una crisi economica. Questa è una crisi della cura, che successivamente si è trasformata in crisi economica e sociale. I governi dei Paesi non sono stati all’altezza di difendere i cittadini sul piano sanitario: il Covid ha reso palese a tutti la sottovalutazione strutturale dei temi della cura, le cui conseguenze sono state infrastrutture sanitarie e sociali inadeguate. Questo è successo in particolar modo in Italia. Dunque, la fotografia che ci rimanda il Covid è quella di un Paese in cui le donne hanno fatto e stanno facendo da baluardo al virus, perché come lavoratrici sono in prima linea nelle scuole e negli ospedali – due terzi del personale sanitario è donna - e, come madri e figlie di genitori anziani, sono in prima linea nelle case, dove già prima del Covid il carico di cura pesava per il 67 per cento su di loro. Ma se le donne sono, da un lato, una soluzione alla pandemia, dall’altro stanno pagando il prezzo più alto di questa crisi, che sul piano economico sta facendo vittime soprattutto nel settore dei servizi e delle occupazioni meno garantite, dove le donne sono più degli uomini.
Prima della crisi le donne occupate erano faticosamente arrivate al 50 per cento del totale, che è già una percentuale bassissima. E ora?
Al momento sono al 48,5 per cento (in Europa il 62 per cento). Per capire la gravità della situazione, ricordo che le giovani italiane hanno il tasso di occupazione più basso d’europa, inferiore a quello della Grecia. In particolare, le giovani tra i 25 e i 29 anni sono sotto la Grecia di 6 punti: parliamo di donne che sono più istruite degli uomini, ma che il nostro Paese non riesce a occupare. Il punto è che fino a quando le donne saranno sottoutilizzate rispetto al potenziale, l’italia non crescerà. Lo dice la Banca d’italia, secondo la quale se il tasso di occupazione femminile arrivasse al 60 per cento, il PIL crescerebbe di 7 punti. Insomma, le donne possono essere un motore della crescita: finché non ragioneremo in questi termini, ci perderemo occasioni di prosperità per il Paese.
Oltre che per le famiglie.
Non c’è dubbio, perché il reddito femminile è protettivo anche per il reddito delle famiglie, specie di quelle con figli. Se non si interviene adesso, aumentando il numero delle donne che lavorano ne discendono conseguenze drammatiche: si faranno sempre meno figli, cresceranno le povertà, aumenteranno le disuguaglianze, si mancherà di valorizzare i talenti di ragazze molto istruite e capaci... Il Paese è fermo.
E adesso è a un bivio perché l’italia, che potrà contare sui fondi del Recovery Fund messi a disposizione dall’unione Europea, deve scegliere come investire tutto quel denaro.
sta seguendo dall’inizio il crescere dei movimenti che chiedono di mettere al centro degli investimenti le donne. Quali sono le misure fondamentali da prendere perché le donne diventino motore della crescita del Paese?
Dobbiamo fare un grosso investimento sui nidi pubblici, in modo da assicurarli al 60 per cento dei bambini e sul tempo pieno nelle scuole. Nel ‘71 una legge ha istituito i nidi pubblici: oggi, a cinquant’anni di distanza e pur con un calo demografico importante, appena il 12 per cento dei bambini trova spazio. Dobbiamo investire in strutture e servizi di qualità per anziani e disabili: è una battaglia in primis per queste persone, e aiuterebbe a creare un Paese più resiliente e pronto a reggere eventuali altre crisi. L’italia investe in assistenza meno della metà della Germania, e in gran parte è a causa del fatto che quel lavoro se lo caricano gratuitamente sulle spalle le donne. Dobbiamo fare un forte investimento sull’imprenditoria femminile, non soltanto attraverso un maggiore accesso al credito, ma anche attraverso la formazione, per accompagnare queste imprese, che sono perlopiù di piccole dimensioni, nel loro primo anno di vita. E dobbiamo fare sì che più ragazze si avvicinino alle materie Stem, perché le competenze scientifiche e tecnologiche rappresentano un formidabile accesso al lavoro. Per verificare che effettivamente le risorse vadano alle donne, dobbiamo valutare e monitorare l’impatto di genere di ogni singolo progetto su cui si investono i soldi. E mi aspetto che sia costruita una governance adeguata per gestire questi investimenti equamente composta da uomini e donne e un’attenzione fortissima alle governance locali, che questa pioggia di soldi spenderanno.
L’italia quest’anno ha per prima volta la presiden
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