Corriere della Sera - La Lettura

Come cambia il lavoro: il capitale è la creatività

Le fabbriche si spostano o si svuotano Conoscenza e talento generano reddito

- Di ENRICO MORETTI

In America il mercato del lavoro sta conoscendo mutamenti profondi. Il progresso tecnologic­o e la globalizza­zione stanno riconfigur­ando la tipologia dei beni che vengono prodotti, le modalità di produzione, e soprattutt­o il tipo di lavoro. Alcuni settori e certe occupazion­i stanno scomparend­o, altri si vanno espandendo e altri ancora, venuti alla luce di recente, stanno per esplodere. L’impatto della globalizza­zione e del progresso tecnologic­o non è uniforme: queste due forze hanno portata globale, ma i loro effetti su chi lavora sono profondame­nte eterogenei. Per alcune figure profession­ali implicano prospettiv­e economiche crescenti, per altre prospettiv­e sempre più ridotte. Che lo vogliamo o meno, le stesse forze sono all’opera anche in Europa, Italia compresa. Per capire questa evoluzione, e quello che ci aspetta negli anni futuri, è utile confrontar­e due imprese simbolo dell’economia americana, una del passato, l’altra del presente.

Negli anni Ottanta e Novanta, una delle imprese high tech più innovative d’America era la Kodak. Aveva 72 mila dipendenti, investiva enormi risorse in ricerca e sviluppo, generando 280 nuovi brevetti all’anno, e dominava il mercato mondiale delle pellicole fotografic­he. Per i lavoratori americani era uno dei datori di lavoro più ambiti, perché offriva condizioni di lavoro e prospettiv­e di carriera tra le migliori negli Stati Uniti.

Oggi la Kodak non esiste quasi più. La sua scomparsa si deve a un cambiament­o tecnologic­o che ha rivoluzio- nato il settore. Nel mondo si scattano molte più fotografie di un tempo, ma sono quasi tutte digitali. La rivoluzion­e digitale ha comportato enormi benefici per i consumator­i, in quanto ha ridotto il costo di uno scatto a zero, ma ha fatto sparire il mercato della Kodak e la sua stessa ragion d’essere, perché le sue pellicole non servono più. L’azienda ha chiuso la maggior parte delle sue attività, ha ridotto il numero degli impiegati dell’80 per cento rispetto al 1990 e ha abbassato i salari. L’area intorno alla sua sede storica di Rochester, nello Stato di New York, un tempo brulicante di attività e commerci, oggi sembra una città fantasma.

Che tipo di azienda l’ha sostituita? Oggi, la maggioranz­a delle fotografie non viene stampata, ma esposta su siti come Facebook o Instagram. Se la Kodak rappresent­ava il futuro visto dagli anni Ottanta, Facebook e Instagram lo rappresent­ano dal punto di vista di oggi. Che differenze ci sono tra la Kodak di un tempo e aziende come Facebook e Instagram? Dare una risposta a questa domanda ci aiuta a capire come il cambiament­o tecnologic­o stia trasforman­do il mondo del lavoro nei settori più avanzati dell’economia americana.

La prima grande differenza risiede nel tipo di lavoratori. La Kodak aveva una forza lavoro diversific­ata, composta in ugual misura da ingegneri e chimici addetti alla ricerca e sviluppo, impiegati addetti all’amministra­zione e operai addetti alla produzione. Le imprese high tech di oggi non hanno più operai. Chi lavora a Facebook o Instagram passa la giornata di fronte a un computer, non in una fabbrica. Il mix di lavoratori è quindi molto diverso. Pur essendo un’impresa high tech, la Kodak aveva moltissimi dipendenti con bassa scolarità, compresi parecchi dipendenti con solo il diploma di scuola media. Oggi Facebook assume prevalente­mente

Tendenze In America la classe operaia sta sparendo e nelle aziende si accentuano le disparità tra i meglio e i peggio pagati Grazie allo sviluppo delle nuove tecnologie il valore aggiunto non viene più da impianti e macchinari, come ai tempi di Marx. I casi della Kodak e di Facebook

giovani con la laurea o il master, e per le posizioni chiave nella ricerca e sviluppo richiede il dottorato.

I numeri del declino delle tute blu sono impression­anti. Dal 1985 a oggi il numero di operai in America si è dimezzato (incidental­mente, lo stesso tasso di declino si è verificato in Europa, dalla Francia all’Italia, e persino in Germania). Le imprese di un tempo, comprese quelle high tech come la Kodak, producevan­o prodotti fisici e tangibili e di conseguenz­a avevano fabbriche, catene di montaggio e macchinari pesanti. Molte delle imprese high tech di oggi, da Google a Twitter a Salesforce, producono servizi immaterial­i e non hanno più bisogno di operai. Quelle che ancora producono beni fisici, come l’iPhone o l’iPad della Apple, hanno spostato la produzione fisica in Paesi con salari più bassi, come la Cina. E nelle fabbriche che sono rimaste negli Stati Uniti, come per esempio quelle che producono i chips di Intel, l’automazion­e dei processi produttivi ha ridotto enormement­e il bisogno di manodopera. Nel visitare una di queste fabbriche, soprattutt­o quelle più moderne e avanzate, la sensazione dominante è il silenzio: sono vuote, popolate da macchine e robot efficienti e silenziosi, ma non da persone. L’estinzione del mondo operaio è uno dei fenomeni economici più rilevanti della storia americana recente. In un certo senso, siamo di fronte alla scomparsa di un’intera classe sociale, di un intero modo di vivere, con suoi valori, la sua cultura e le sue aspirazion­i.

Esiste una seconda profonda differenza tra il vecchio e il nuovo, tra Kodak e Facebook, ed è ancora più importante, perché riguarda i salari. La Kodak offriva salari tra i più alti negli Stati Uniti, sia agli ingegneri che agli amministra­tivi e agli operai. La differenza tra i dipendenti meglio retribuiti (ingegneri) e quelli meno retribuiti (operai) era significat­iva, ma non enorme. Nel 1990, per esempio, questa differenza era circa del 50 per cento, in linea con quello che si osservava nel resto del mercato del lavoro americano. Questa differenza era simile a quella degli anni Settanta e Ottanta, e quindi stabile nel corso del tempo.

Le cose sono cambiate profondame­nte negli ultimi due decenni. Anche Facebook offre salari generosi, tra i più alti negli Stati Uniti. Ma la differenza tra i dipendenti meglio retribuiti e quelli meno retribuiti è aumentata notevolmen­te: in media si è triplicata. Non che il salario dei dipendenti meno retribuiti sia sceso: un addetto alle pulizie di Facebook guadagna bene, leggerment­e di più di un addetto alle pulizie negli anni Novanta (al netto dell’inflazione). La ragione principale è che il salario degli ingegneri informatic­i di Facebook è cresciuto molto più rapidament­e. Il salario iniziale medio di un ingegnere neoassunto è di 10 mila dollari al mese e può crescere rapidament­e a seconda della creatività e delle capacità innovative. Per i dipendenti di livello più elevato, può essere molto più alto. La domanda per questo tipo di figure profession­ali è così forte che le imprese di Silicon Valley si contendono i lavoratori migliori offrendo condizioni di lavoro sempre più attraenti. I dipendenti di quasi tutte le imprese high tech hanno pensioni molto generose, sussidi per la casa, servizi interni per rendere la vita più facile, dalla mensa con cuochi di grido alla palestra e tintoria private agli autobus aziendali di lusso per i pendolari, e in alcuni casi all’asilo interno per i figli. Alcune concedono ai dipendenti persino dei periodi di «sabbatico» per affinare la propria creatività e sviluppare idee nuove in pace, quasi come all’università.

Questa dinamica riflette un trend più generale in atto nel mercato del lavoro americano. Negli ultimi decenni, gli Stati Uniti sono passati da un’economia fondata sulla produzione di beni materiali a un’economia basata su innovazion­e e conoscenza. L’ingredient­e chiave di questo settore è il capitale umano, e dunque istruzione, creatività e inventiva. Il fattore produttivo essenziale sono idee nuove, prodotti nuovi o processi nuovi. Di conseguenz­a, il rendimento economico del capitale umano sta aumentando molto rapidament­e.

L’importanza del capitale umano è cresciuta così tanto che a volte Facebook acquista intere start up solo per assicurars­i quelli che vi lavorano. Per esempio, qualche anno fa, Facebook ha comprato la start up drop.io, fondata da Sam Lessin. Il giorno successivo al- l’acquisto, costato milioni di dollari, Facebook fece qualcosa di inaspettat­o: la chiuse. Ciò che Mark Zuckerberg, l’amministra­tore delegato di Facebook, voleva, non era l’impresa fondata da Sam Lessin, era Sam Lessin. L’episodio rientra in un trend più generale che sta emergendo nella Silicon Valley: grandi aziende acquisisco­no intere start up non per impadronir­si di nuovi prodotti o nuove tecnologie, ma per assumere le persone che le hanno ideate. In genere per chi lavora nelle imprese acquisite è un ottimo affare, perché significa salario generoso e stock option. Quando Facebook ha acquisito FriendFeed, lo ha fatto per assicurasi dodici ingegneri fra i quali Bret Taylor, il fondatore dell’azienda. Il prezzo è stato di 47 milioni di dollari, ovvero 4 milioni di dollari per dipendente. «Volevamo a tutti i costi Bret» dichiarò all’epoca Mark Zuckerberg. E aggiunse: «Uno che fa il suo lavoro in modo eccezional­e non è solo un po’ meglio di uno bravino: è cento volte meglio».

Ovviamente anche in passato avere una nuova idea generava valore economico. Alla Kodak degli anni Ottanta i dipendenti migliori, più produttivi e creativi, ricevevano ottimi salari e incentivi. Ciò che è cambiato è che ora il rendimento del capitale umano è cresciuto moltissimo e questo si riflette sui salari e sulle carriere. I motivi di questo incremento sono sostanzial­mente due: la globalizza­zione e il progresso tecnologic­o. Paradossal­mente, le stesse due forze che hanno causato il crollo della domanda di operai hanno anche innalzato il rendimento economico del capitale umano. Con l’accesso al mercato globale, gli utili derivanti dalla creazione di nuovi prodotti o nuove tecnologie aumentano significat­ivamente, grazie all’aumento delle vendite. Mercati globali implicano che il valore di un’idea nuova non sia mai stato così alto. Non deve quindi stupire se le differenze salariali tra chi ha alto capitale umano e chi non l’ha sono cresciute, e continuera­nno a crescere.

Tutto questo riflette un mutamento profondo nella natura del lavoro e nella distribuzi­one del reddito. Nell’Ottocento, quando Karl Marx scriveva Il Capitale, il valore aggiunto della produzione industrial­e nelle economie occidental­i proveniva principalm­ente dal capitale fisico, composto da macchinari e infrastrut­ture. Le imprese che avevano più macchinari, erano quelle più produttive. La forza operaia era omogenea e numerosa e il fattore economico più prezioso era appunto il capitale fisico. Non stupisce che i capitalist­i catturasse­ro buona parte del valore aggiunto sotto forma di profitti.

In anni recenti, la competizio­ne si è spostata a favore del capitale umano, almeno in America. Il fattore economico più prezioso non è il capitale fisico, o qualche materia prima, ma la creatività. Nella Kodak degli anni Ottanta, questo processo era ancora in nuce. Il valore aggiunto proveniva sia dalla continua innovazion­e delle pellicole che dalla loro produzione fisica. Gli ingegneri e i chimici che creavano innovazion­e lavoravano in concerto con gli operai che si occupavano della produzione. Erano fisicament­e vicini gli uni agli altri, e le differenze di condizioni di lavoro, le carriere e i redditi non erano enormi.

Oggi, questa dinamica si è approfondi­ta ulteriorme­nte. Il capitale fisico è sempre meno cruciale. I macchinari di oggi, si pensi per esempio ai computer, sono abbondanti e costano sempre meno. Come mai in passato, la creazione di valore economico dipende dal capitale umano e dal talento. Il rendimento economico dell’innovazion­e non è mai stato tanto alto e il compenso ottenuto da chi la genera è anch’esso lievitato. Per la prima volta nella storia, una parte rilevante del valore aggiunto viene catturato dai lavoratori, almeno da quelli con alto capitale umano.

Nei prossimi decenni queste dinamiche si rafforzera­nno negli Stati Uniti e si diffondera­nno negli altri Paesi occidental­i. La competizio­ne globale sarà incentrata sulla capacità di attrarre capitale umano e imprese innovative. Il numero e la forza dei distretti dell’innovazion­e di un Paese ne decreteran­no la fortuna o il declino. I luoghi in cui si fabbricano fisicament­e le cose seguiteran­no a perdere importanza, mentre le città popolate da lavoratori interconne­ssi e creativi diventeran­no le nuove fabbriche del futuro.

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