Corriere della Sera - La Lettura

C’era una volta un elefante che aveva un gioiello...

- Di ANNACHIARA SACCHI

C’era una volta una danzatrice andalusa, di cui si invaghì un principe indiano. «Mio signore — gli disse — mi regali quella mezzaluna di smeraldo?». «Sarà tua — rispose — se imparerai la mia lingua». Una storia d’amore che attraversò Europa e Asia. E finisce in Qatar

La giovane Prem Kaur non aveva mai visto tanto sfarzo. A casa sua, a occidente, tutti lavoravano sodo, lei compresa. Nessuno era abituato a servitori, ancelle ed elefanti. Quelli, poi. Uno in particolar­e l’aveva colpita, proprio mentre partecipav­a a una cerimonia di corte (la sua): tra i paramenti dell’animale spiccava un enorme smeraldo a forma di mezzaluna. «Posso averlo, amato mio?», chiese allo sposo indiano. Lui sorrise. E le propose un patto.

Comincia così la storia della maharani di Kapurthala, nata Anita Delgado Briones, spagnola, (ex) ballerina, moglie del maharaja Jagatjit Singh. E del suo gioiello preferito, pezzo unico nella storia dell’oreficeria: una pietra verde, preziosiss­ima, incastonat­a tra splendidi brillanti.

Malaga, fine Ottocento. Qui nascono Anita (1890) e la sorella Victoria, di due anni più grande. Il padre è proprietar­io del Café de la Castaña, famoso bar della città andalusa, ma gli affari non vanno bene, è costretto a vendere l’attività e la casa, con la famiglia si trasferisc­e a Madrid per cominciare una nuova vita. Anche nella capitale, però, i Delgado faticano a rialzarsi. Per fortuna, ad allietare le giornate ci sono le ragazze, vivaci e graziose. La vicina dà loro lezioni gratuite di ballo, Anita e Victoria trascorron­o i pomeriggi tra flamenco e malagueña, la voce si diffonde, alcuni produttori chiedono di loro, al Central Kursaal cercano teloneras, giovinette che danzino durante gli intervalli tra le esibizioni. La paga è buona, trenta reali a serata. Nel giro di pochi mesi nasce il duo «Las Hermanas Camelias».

Avvenenza, grazia, talento. Le «camelie» diventano le protégé di intellettu­ali e artisti del Kursaal (nonostante il padre passi a prenderle tutte le sere), le giornate trascorron­o spensierat­e. Finché una mattina del 1906, mentre le fanciulle assistono alla sfilata degli ospiti arrivati da tutto il mondo per le nozze di re Alfonso XIII con la principess­a inglese Vittoria Eugenia (programmat­e per il 31 maggio e funestate da tre bombe lanciate da un anarchico), a puntare gli occhi sulla sedicenne Anita è un uomo elegantiss­imo e «strano»: turbante, barba, una quantità incredibil­e di gioielli. È sua altezza reale il maharaja Jagatjit Singh di Kapurthala che, leggenda vuole, se ne innamora all’istante, la fa cercare per tutta Madrid affidandos­i ai bon vivant del Kursaal, la trova, la corteggia e, nel giro di poche settimane (dopo svariate offerte da una parte e rifiuti dall’altra, tentenname­nti dei genitori e abboccamen­ti tramite segretari), le fa arrivare per lettera una richiesta ufficiale di matrimonio. La ragazza accetta. E parte per la Francia con la famiglia.

Missione parigina: ricevere in poco tempo un’educazione cosmopolit­a e, nel frattempo, organizzar­e le nozze. Lezioni di etichetta, geografia, lingue straniere, tennis, equitazion­e. I due si sposano civilmente, prima di lasciare l’Europa c’è il tempo per un ritratto dell’artista Edward Patry, in cui Anita indossa — oltre a un prezioso collier — un fermacapel­li a forma di pavone in oro, 1.742 diamanti e smalto, realizzato a Parigi dal gioiellier­e Mellerio dits (detto) Meller. È un dono del raja, uomo cosmopolit­a e raffinato, amico degli inglesi, già quattro matrimoni

all’attivo e cinque figli. Glielo consegna con queste parole: « Tu seras toujours mon petit oiseau des îles ». Partenza per l’Oriente.

Kapurthala, Punjab, 1908. Il 28 gennaio, indossando un sari color papavero, Anita sposa il maharaja con rito sikh e prende il nome di maharani Prem Kaur. Pochi mesi dopo nasce il piccolo Ajit Singh, concepito in Europa.

Vita da principess­a: la diciottenn­e spagnola si ambienta a corte cercando di impararne le abitudini, assiste a sfilate, partecipa a banchetti, tiene un diario giornalier­o in cui prende nota di tutte le stranezze alle quali assi- ste. E proprio durante una cerimonia nota il luminoso smeraldo cucito su un nastro, tra gli occhi dell’elefante. «Posso averlo in dono?». Ecco la proposta del marito: «Sarà tuo se impari la nostra lingua, l’urdu». La ragazza è sveglia e volenteros­a: il giorno del suo diciannove­simo compleanno, il maharaja entra nella sua stanza seguito dal maestro gioiellier­e di corte. Su un vassoio d’argento, un pacchetto. Al suo interno, lo smeraldo. Un sorriso: «Ora puoi dire di avere la luna, piccola capriccios­a». La principess­a lo indossa la sera stessa, abbinandol­o a un sari verde.

Sul polso, sul collo, sulla fronte. Quella spilla (trasformab­ile in ciondolo, bracciale, diadema o collier a seconda delle occasioni) diventa il portafortu­na della giovane maharani, che ama farsi fotografar­e e ritrarre (anche dal pittore Federico Beltrán Masses, nel 1919) con indosso il suo talismano. Quel gioiello, ora, si trova a Londra. Al Victoria and Albert Museum, per la mostra Bejewelled Treasures, i tesori della collezione Al Thani del Qatar, oltre cento pezzi da favola (realizzati in India o ispirati dall’alta oreficeria indiana) esposti fino al prossimo 10 aprile. Gemme spettacola­ri superbamen­te intagliate, provenient­i da un mondo da fiaba che la stessa Prem Kaur di Kapurthala racconta nel libro Impression­s de mes voyages aux Indes, pubblicato nel 1915 a New York. Meraviglie di un Paese lontano. Destinato, nell’arco di qualche anno, a cambiare completame­nte volto.

Scoppia il primo conflitto mondiale, il piccolo Ajit cresce, in Europa Victoria, l’altra «camelia», amatissima sorella di Anita, muore nel 1918. Complicazi­oni dovute alla gravidanza costringon­o la principess­a ad abortire, al precario stato di salute si aggiunge la depression­e, i dottori consiglian­o riposo assoluto, la principess­a trascorre circa due anni lontano da palazzo, nel Kashmir. Nel 1923, al suo ritorno, stando alla biografia scritta da Elisa Vázquez de Gey, La princesa de Kapurthala, scopre l’infedeltà del marito: la separazion­e avviene due anni dopo. Stessi protagonis­ti, altra storia: secondo la versione di Javier Moro, autore del libro Passione Indiana. La fiaba vera della ballerina andalusa alla corte del maharajah (Mondadori), il matrimonio finisce quando Jagatjig Singh scopre la moglie in un hotel londinese in «intima compagnia» con Karan, il figlio maggiore del maharaja, coetaneo di Anita e suo grande amore.

Comunque sia andata, la passione è svanita: nella prima metà del 1925 la principess­a torna in Europa con un generoso atto di separazion­e che le consente di mantenere (salvo nuove nozze) titolo e gioielli. Tutti. Compresa la mezzaluna di smeraldo che, nel 1949, appena dopo la morte dell’ex marito, Anita indossa per ricevere le condoglian­ze di Francisco Franco. Il generale ne rimane colpito: «Se questi erano i monili degli elefanti — ecco le sue parole — non oso immaginare quali fossero le dimensioni di quelli della corona». Un sorriso distaccato.

La principess­a muore a Madrid nel luglio 1962, i suoi gioielli vengono consegnati al figlio Ajit. Saranno messi all’asta da Christie’s nel 2007, per decisione di Tikka Shatrujit Singh, bisnipote del maharaja Jagatjit Singh. Nel lotto c’è anche la mezzaluna. Il talismano della maharani diventa proprietà degli emiri.

 ??  ??
 ??  ??
 ??  ??
 ??  ??
 ??  ?? Le immagini Nella foto grande, in alto: lo smeraldo a mezzaluna (1910 circa), montato a spilla con un set di diamanti (altezza 6,8 centimetri; base 9,5; profondità 2) e portato sulla fronte dalla principess­a nello scatto qui sopra (1912). Sotto lo...
Le immagini Nella foto grande, in alto: lo smeraldo a mezzaluna (1910 circa), montato a spilla con un set di diamanti (altezza 6,8 centimetri; base 9,5; profondità 2) e portato sulla fronte dalla principess­a nello scatto qui sopra (1912). Sotto lo...

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy