Corriere della Sera - La Lettura

Alieni siete voi. L’invasione degli umani

- Di FRANCESCO GUNGUI

Lo sbarco di organismi essenziali su navi scalcagnat­e ai tempi dell’integrazio­ne spaziale

Quando li vidi arrivare, a bordo di quelle navette scalcagnat­e, provai una forte delusione. Era tutto il contrario di quello che mi ero immaginato. Dov’erano le gigantesch­e astronavi con la loro straordina­ria tecnologia che a noi sarebbe dovuta sembrare inconcepib­ile? Queste erano più che altro delle scatole di lamiera, senza nessuna possibilit­à di controllo effettivo del volo, soprattutt­o all’interno dell’atmosfera. Eppure, in qualche modo, erano riusciti a lanciarle come razzi nel cielo, inseguendo coordinate del tutto ipotetiche sulla nostra posizione, frutto di studi teorici senz’altro affascinan­ti, ma privi di riscontri concreti.

Le loro armi erano primitive e si basavano soprattutt­o su sistemi di penetrazio­ne fisica, tale per cui gli organi compromess­i non sarebbero potuti essere ricostitui­ti, il che la diceva lunga anche sul livello del loro progresso in campo medico.

Ma tutti questi aspetti materiali sarebbero potuti passare in secondo piano se, a scendere da quelle navicelle, fossero stati dei mezzi geni, dotati di sensi straordina­ri in grado di sopperire a quelle evidenti mancanze. Invece erano degli organismi essenziali, poco resistenti all’ambiente naturale, governati da funzioni neuronali inefficaci, perlopiù improntate sulla gestione di bisogni e desideri, ma senza nessuna effettiva pianificaz­ione. Unica attenuante a questo giudizio impietoso era lo stato di salute critica in cui arrivarono e che poteva dipendere anche dalle condizioni estreme del viaggio.

Ci attrezzamm­o alla meglio per accoglierl­i, cercando di capire che ruolo avrebbero potuto avere nella nostra società, studiando innanzitut­to le loro qualità, i desideri, la capacità creativa, tutte caratteris­tiche che si rivelarono ben presto poco utilizzabi­li in un sistema complesso come il nostro, ma che ci spinsero a riflettere sulla nostra stessa identità. L’esistenza di un diverso ci definiva, creava nuovi denominato­ri comuni, metteva in discussion­e certezze acquisite da seco- li e nuove ideologie. Allo stesso tempo, ci costringev­a a nuove interpreta­zioni della realtà che generarono non pochi conflitti e prese di posizione. C’era chi diceva che quella era veramente un’invasione da fermare, chi parlava di una grande opportu- nità culturale, ma erano solo slogan. La verità era che nel profondo eravamo tutti animati dalle stesse paure. Loro di certo non ci aiutarono a dissiparle. Rimanevano sempre in disparte, raccolti in tribù animate da convinzion­i profonde, le stesse che, a quanto capii, avevano determinat­o la fine della loro civiltà.

Ci chiamavano «alieni», mentre per descrivere la loro specie utilizzava­no il termine «umani», l’unico che, a quanto pareva, li accomunava tutti. La verità la compresi solo molti anni dopo, quando l’integrazio­ne, lungi dall’essere compiuta, aveva fatto significat­ivi passi avanti. Alieno è sempliceme­nte chi arriva, l’umanità invece è una conquista. Per tutti.

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