Corriere della Sera - La Lettura
Porte aperte su altri mondi
Piccoli brividi è uno dei maggiori successi cinematografici del momento e, come spesso succede, è tratto da una fortunata serie di romanzi per ragazzi. Il film, 58 milioni di dollari di costi e 146 di incassi (fonte: Imdb), è la classica storia di una casa infestata di mostri, imprigionati dentro i volumi della libreria. Quando uno degli sfortunati protagonisti decide di oltrepassare la soglia della casa e di aprirne uno, i mostri invadono la città e l’avventura può cominciare. L’idea geniale del film è che il padrone di casa, lo scrittore che ha imprigionato i mostri nelle pagine dei suoi libri, è R. L. Stine, proprio l’autore in carne e ossa della serie ( Goosebumps, «Pelle d’oca», nella versione originale): 62 libri e 350 milioni di copie nel mondo.
L’idea della casa come passaggio tra il mondo ordinario e quello straordinario — così come l’idea della copertina del libro che, una volta aperto, rapisce il lettore o ne fa uscire i personaggi — non è certo nuova nella letteratura per ragazzi. Avviene ne La storia infinita, di Michael Ende (Tea) dove il libro stesso invita il lettore a continuare a leggerlo, per salvare il regno di Fantasia; o nella fortunata trilogia di Inkheart di Cornelia Funke (Mondadori), dove chi impara a leggere le storie in un certo modo può farne uscire i personaggi o entrare i lettori. Anche in Book Jumpers, di un’altra autrice tedesca, Mechthild Gläser (Giunti), i membri di un’antica famiglia scozzese hanno il potere di entrare nelle storie per proteggerne l’integrità.
Per i bambini è normale pensare ai libri come soglie per altri mondi. E credere che il nostro non sia il solo mondo possibile. L’unica domanda che i giovani lettori fanno, quando si accorgono che una storia li sta conducendo fuori dall’ordinario, è quanto sia «vero» il modo di arrivarci. E «vero» significa poter credere che le regole del passaggio tra i mondi siano chiare, ripetibili e quindi, se loro dovessero mai trovarsi nelle stesse condizioni, poter fare altrettanto. Credono alla possibilità. E non tradire mai la fiducia nel possibile è l’unico modo per siglare il patto con i giovani lettori.
Le possibilità che governano i mondi fantastici sono tre: la prima è quella per cui un universo immaginario non ha alcun collegamento con il nostro. Personaggi, leggende, linguaggi e luoghi sono autosufficienti. Sono così la Terra di Mezzo di Tolkien, le casate del Trono di spade di George R. R. Martin o il buffissimo Mondo Disco di Terry Pratchett.
La seconda possibilità è quella opposta, ovvero di un’infinità di mondi collegati tra loro da portali dimensionali, di cui il nostro è semplicemente uno. Si tratta del Multiverso, un’idea che si attribuisce convenzionalmente allo scrittore inglese Michael Moorcock, e alle avventure del suo riluttante Elric di Melniboné.
La terza possibilità — la più interessante — è che esistano di volta in volta due mondi, quello della realtà e uno immaginario, tra i quali è fissata una soglia magica: può essere Oz, il Paese delle Meraviglie o l’isola del Teschio di King Kong, ma il meccanismo è sempre lo stesso. Basta oltrepassare quella soglia e... tutto cambia.
All’inizio di Oz e del Paese delle meraviglie Dorothy e Alice si stanno annoiando da morire, ma poi compiono entrambe due balzi nell’aria: Dorothy in alto, rapita da un tornado, e Alice in basso, precipitata nella tana del Bianconiglio. Ecco la soglia. Per l’Isola del Teschio, in- vece, occorre dirigersi a Sud o a Sud Ovest di Sumatra (a seconda delle versioni della storia) e attraversare una fitta coltre di nebbia: ecco il passaggio dimensionale. Uno dei grandi campioni d’invenzione di questi passaggi di soglia è stato C. S. Lewis, l’autore della saga di Narnia, che nei suoi libri non ricorse mai due volte allo stesso stratagemma: la prima visita al suo mondo fantastico avvenne tramite un armadio polveroso, dal fondo del quale si può raggiungere una fitta foresta. La foresta è già il mondo di Narnia, ma ne è, soprattutto, il confine: è il famoso «bosco al di là del mondo», che venne codificato per la prima volta dallo scrittore William Morris ( The Wood Beyond the World, 1894), considerato il precursore della letteratura fantasy. Anche se, a ben vedere, persino Dante iniziò a scendere all’Inferno solo attraverso una «selva oscura».
Una volta usato l’armadio, Lewis passò ad altro: navi fantastiche e anelli magici, uno giallo e uno verde, che permettevano a chi li toccava di spostarsi da un mondo all’altro. Gli anelli sono uno di quegli oggetti privilegiati che, per dirla con Paul Valéry, «si staccano dal disordine ordinario delle cose sensibili e impegnano lo scrittore in uno stupore e in un’attenzione». Attenzione che
ci conduce, parlando di soglie magiche, alle porte, come quella segreta che nel soggiorno di Coraline, di Neil Gaiman (Mondadori), trasporta la protagonista in un mondo parallelo dove l’Altra Madre è identica a quella vera, tranne che per due inquietanti bottoni al posto degli occhi. O quella grazie alla quale il protagonista del Paese dei mostri selvaggi di Maurice Sendak (Babalibri) si può chiudere in camera e raggiungere indisturbato la propria isola di mostri — almeno fino all’ora di cena.
Nella cameretta dei bambini ci sono molte possibili soglie magiche. Le finestre, ad esempio, spazi privilegiati per gli inventori di mondi, perché permettono di osservare e di essere osservati. Il rischio, ovviamente, è quello di essere catturati da un gigante notturno che non vuole essere scoperto, come avviene nel Grande Gigante Gentile di Roald Dahl ( Il GGG, Salani), di cui si aspetta il prossimo film di Steven Spielberg. Oppure, a fissare a lungo le stelle si rischia di essere presi per mano da Peter Pan e portati sull’Isola che non c’è. O, più prosaicamente, mentre si lavano i piatti potrebbe capitarvi di essere invitati da un distinto signore in giacca verde che si affaccia dalla finestra della cucina, come succede ne La bambina che fece il giro di Fairyland per salvare la fantasia, di Catherynne Valente (Sperling & Kupfer).
La fragilità degli altri mondi è tema costante, come lo è il pericolo di volerli esplorare: basta leggere le istruzioni segrete per comunicare con le creature di Spiderwick, un’altra serie da brividi di Tony DiTerlizzi (Mondadori), con tanto di vecchia casa misteriosa e ancor più misterioso bosco inestricabile. Non tutti gli altri mondi sono necessariamente gradevoli: lo scrisse una volta Philip K. Dick (di cui è appena uscita per Fanucci una spettacolare Esegesi): «Se pensate che questo mondo sia brutto, aspettate di vedere gli altri».
Il passaggio per il Sottomondo può nascondersi dietro la lavatrice, come in Gregor, di Suzanne Collins; nel tombino di una certa strada di Londra in Neverwhere di Neil Gaiman; o al piano numero 100 dell’Empire State Building di New York, come sostiene Rick Riordan nei suoi romanzi con gli dei dell’Olimpo alle prese con gli smartphone (tutti e tre pubblicati da Mondadori).
Conoscere il posto dove si trova la soglia magica a volte non è sufficiente per poterla oltrepassare: per imbucare il binario 9 e 3/4 della stazione di King Cross di Londra, scrive J. K. Rowling, è necessario prima aver ricevuto un invito dall’Accademia della Magia più famosa del mondo. E occorre aver conosciuto Corto Maltese per aprire la porta magica in fondo a Calle dell’Amore degli Amici, a Venezia. Ci vuole fortuna, anche: il biglietto d’oro per visitare la Fabbrica di cioccolato di Roald Dahl (Salani) è nascosto tra mille confezioni uguali. Un ponte per Terabithia dell’omonimo romanzo di Katherine Paterson (Mondadori) è una semplice altalena.
In alcuni casi, poi, il viaggio tra i mondi avviene al contrario: è quanto accade al giovane principe Tito, nella meravigliosa trilogia incompiuta Gormenghast di Mervyn Peake (Adelphi), quando cerca di fuggire dal soffocante e sconfinato castello fantastico in cui è nato, convinto che l’Esterno sia l’unica salvezza, e viene catapultato nello squallore di una delle nostre città.
Altre volte la soglia magica è un rito di passaggio legato all’età: Archie Greene, nel romanzo di D. D. Everest (ebbene sì, gli scrittori di fantasy amano le doppie iniziali puntate!), riceve solo il giorno del suo undicesimo compleanno un misterioso pacco che lo invita a recarsi a Oxford e a scoprire la magia degli antichi bibliotecari di Alessandria ( Archie Green e il segreto del mago, Salani).
In realtà, se c’è un elemento comune di tutti questi passaggi tra i mondi è il senso di antichità: sono fughe che provengono da un’epoca d’oro, dimenticata, che il progresso tecnologico ha in qualche modo irrimediabilmente rovinato. Certo, c’è sempre Il casello magico di Norton Juster (Giunti), pubblicato non a caso negli Stati Uniti degli anni Cinquanta, dove nella cameretta del protagonista compare un minuscolo casello autostradale, con tanto di automobilina e di monete per il pedaggio, ma è un’eccezione. Forse perché i lettori di narrativa fantastica sanno bene che non si tratta mai di una vera fuga, ma di una sbirciata, più o meno lunga, nei vari mondi del possibile, una sbirciata da cui è quasi sempre possibile tornare indietro. Quasi, però, ci ammonisce Miguel de Cervantes, il cui Don Chisciotte perse la ragione non tanto per colpa dei libri con le imprese fantastiche di altri cavalieri che amava leggere, ma perché cercò poi in ogni modo e follemente di compiere le proprie imprese immaginarie. E, così facendo, rimase intrappolato per sempre sulla soglia.
Armadi e finestre, foreste e tombini, ma anche lavatrici e altalene. Alice, Harry Potter e poi «Piccoli brividi» appena diventato un film: nella letteratura fantastica sono molte le soglie che permettono il passaggio dall’universo ordinario a quello dell’avventura e dell’immaginazione. Un contesto dove tutto può succedere. Con un’unica regola: si può tornare indietro