Corriere della Sera - La Lettura

« I ratti sono liberi, come la mia arte»

- Di DAVIDE FRANCIOLI

Incontro con Blek le Rat, «maestro» di Banksy, in mostra (e in vendita) a Milano «Il mercato non ucciderà stencil e murales. Al contrario: saranno l’espression­e più originale del secolo»

Iviaggi sono da sempre ottime fonti di ispirazion­e. È successo anche a Xavier Prou (Parigi, 1952), noto con il nome di Blek le Rat, durante una visita a New York nel 1971: la città è ricoperta di graffiti, è un’esplosione. Le immagini si fissano nella mente di Xavier: una lenta maturazion­e che lo porta a realizzare il primo murale nella capitale francese dieci anni dopo. È una forma di espression­e artistica nuova in Europa, destinata a modificare i panorami e la percezione delle città. Quarantaci­nque anni dopo quel viaggio, uno dei fondatori della street art continua a esprimersi attraverso i suoi stencil. «La Lettura» gli ha rivolto alcune domande mentre le sue opere sono esposte (in vendita) fino al 5 marzo a Milano, nel nuovo spazio espositivo della galleria Wunderkamm­ern.

Sin dalle origini della sua attività artistica, il ratto è stato uno degli stencil da lei più rappresent­ati. Compare persino nel suo nome d’arte. Perché?

«I ratti sono gli unici animali liberi che vivono in ogni città del mondo. Alcuni sostengono che siano più numerosi degli abitanti; non li vediamo spesso, ma sono ovunque. Ho voluto segnalare la loro presenza, nonostante non siamo disposti a riconoscer­e che i ratti vivono accanto a noi e che condividia­mo con loro molte cose. Rat, inoltre, è l’anagramma di Art in inglese e in francese, e questa coincidenz­a mi piace molto. Ho preso il nome di Blek le Rat da Il grande Blek, un fumetto italiano che si leggeva negli anni Sessanta, quand’ero bambino».

Lei ha iniziato a utilizzare la stencil art nel 1981 e dopo 35 anni le sue opere sono icone riconosciu­te e apprezzate in tutto il mondo — basta pensare a «The Man Who Walks Through Walls», autoritrat­to che celebra la libertà di movimento delle persone. È cambiato qualcosa nel suo modo di fare arte con il passare del tempo?

«Nulla, a parte il fatto che non dipingo più illegalmen­te sui muri, da quando nel 1990 sono stato arrestato per un murale ispirato a Caravaggio che rappresent­ava una Madonna con bambino. Il giudice disse che era bello e stabilì una multa di lieve entità oltre all’obbligo di rimuovere l’opera, nonostante il proprietar­io del muro, che appartenev­a a un hotel, volesse la- sciarlo. Dopo questo episodio ho deciso di realizzare stencil su carta e successiva­mente incollare il foglio sul muro».

«Ogni volta che dipingo qualcosa, scopro che Blek le Rat l’aveva già fatto vent’anni fa». Con questa dichiarazi­one Banksy ha ammesso il debito che la street art ha nei suoi confronti. Pensa che lo stile di Banksy si possa considerar­e simile al suo?

«Trovare idee e diffondere messaggi è abbastanza semplice, il web ne è pieno. La cosa difficile nell’arte è trovare uno stile per esprimere l’idea. Lo stile richiede tanto lavoro. La tela bianca non vuole essere dipinta e la creazione è una battaglia contro la tela. Succede lo stesso in letteratur­a, cinema, musica... Lo stile in queste arti è predominan­te e lo stile è raro. Ci sono una dozzina di stili diversi nell’arte per ogni secolo: gli altri copiano questi pochi stili».

Spesso le opere di street art diventano famose non solo per la loro bellezza artistica, ma anche per la capacità di sottolinea­re con ironia fatti dell’attualità. Lo stesso titolo della mostra milanese, «Propaganda», richiama la sfera politica e la diffusione delle idee. C’è un legame tra politica e street art? La street art può influenzar­e il pensiero delle persone?

«Sì, penso che il legame possa essere forte, come racconta la mia storia personale. La prima volta che ho visto uno stencil su un muro ero a Padova nel 1961, in vacanza con i miei genitori. Ricordo di aver visto un messaggio di propaganda fascista che ritraeva Mussolini con l’elmetto. Ho chiesto a mio padre cosa significas­se e come mai le persone disegnasse­ro sui muri. Mi disse che era stato dipinto durante il fascismo e mi spiegò la tecnica dei graffiti. Ho pensato che fosse brillante e ho mantenuto l’idea nella mia testa fino a quando ho iniziato io stesso».

Spesso nei suoi lavori si trovano personaggi famosi, scene sacre o quadri del passato. Come vengono scelti?

«Mi piace prendere personaggi da quadri o sculture dei musei e riprodurli nelle strade. È il mio modo di democratiz­zare l’arte nelle gallerie. Non tutti frequentan­o i musei o hanno accesso all’arte».

Il numero di esibizioni su artisti urbani è in crescita, così come aumentano le gallerie specializz­ate nel settore. Può esistere una street art «al chiuso»?

«Sì. La street art è un’arte effimera. Penso che i lavori non debbano restare per sempre su un muro. Ogni tanto vanno rimossi. Quando un murale su tela o altro tipo di supporto trova posto in una galleria significa che avremo un ricordo di ciò che è successo nelle strade. È una traccia da mantenere per le generazion­i future. Non possediamo nulla dei primi graffiti di New York o di Filadelfia; abbiamo solo alcune fotografie. Penso che sarebbe importante avere uno dei primi lavori di Cornbread o Taki 183, come memoria degli anni Sessanta».

Il crescente interesse per la street art ha portato a un aumento delle quotazioni delle opere sul mercato. Non crede che l’aspetto economico possa influenzar­e un movimento da sempre basato sulla libertà?

«Quando ho iniziato a dipingere, nel 1981, volevo far capire agli artisti che la street art è un buon modo per essere famosi ed entrare a far parte del mercato dell’arte. Lo sapevo! Ma la cosa che non sapevo all’epoca era che ci avrebbe messo trent’anni. È una questione di domanda e produzione. Non penso, comunque, che il lato economico ucciderà la street art; ho notato che, da quando alcuni artisti urbani come Banksy hanno fatto registrare prezzi stellari alle aste, un gran numero di nuovi artisti si è affacciato sulle strade di tutto il mondo: alcuni valgono poco, altri hanno davvero talento. Penso che questo movimento abbia ancora una lunga vita davanti. Sarà l’arte del Ventunesim­o secolo».

 ??  ??
 ??  ??
 ??  ??
 ??  ??
 ??  ?? Le immagini Qui sopra: Blek le Rat. In alto, da sinistra: Sweet Dreams (with wings, red), 89x116 cm, 2015; David sur fond clair, 200x228 cm, 2016; sotto, da sinistra: The Man Who Walks Through Walls (with Italian Flag), acrilico e spray su tela (come...
Le immagini Qui sopra: Blek le Rat. In alto, da sinistra: Sweet Dreams (with wings, red), 89x116 cm, 2015; David sur fond clair, 200x228 cm, 2016; sotto, da sinistra: The Man Who Walks Through Walls (with Italian Flag), acrilico e spray su tela (come...

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy