Corriere della Sera - La Lettura
La spinta del jazz però arrivò prima
Quando la glasnost permette l’esplosione di quella vera pentola a pressione rappresentata da una generazione di gruppi punk e rock locali, cui si unisce il successo dei più diversi compositori postseriali formatisi in area sovietica, il jazz della stessa regione è poco appariscente; ma dipende solo dal fatto che questa musica era già intensamente alternativa dagli anni Sessanta. Le alterne vicende del jazz in Urss e dintorni raccontano l’accidentato rapporto fra apparati statali e trasgressione musicale. Amato negli anni Venti come musica del popolo (nero), bandito ai tempi delle purghe in quanto degenerazione capitalistica, nuovamente apprezzato durante la guerra e l’alleanza con gli Usa, ostracizzato da un famoso decreto del Comitato Centrale nel 1948, dopo la morte di Stalin il jazz inizia a essere non solo la colonna sonora di sfrenati divertimenti ma anche il veicolo di sperimentazioni artistiche. La diffusa scolarizzazione musicale e l’attenzione statale per le culture popolari hanno forgiato una generazione matura, insofferente alle direttive ufficiali; la libertà insita fin dalle origini nella tradizione jazzistica attrae gli oppositori. L’Occidente ha modo di conoscere le novità provenienti dal jazz dei Paesi satelliti: la Polonia vicina a certe tendenze scandinave e patria di figure eccezionali come Tomasz Stanko (trombettista tuttora sulla cresta dell’onda) o Krzysztof Komeda che poi divenne il compositore preferito del regista Roman Polanski, la Romania stimolata dal folclore balcanico, la Ddr che mischia improvvisazione radicale di stampo mitteleuropeo e sarcastici echi di Kabarett. Ma il cuore dell’impero sovietico resta sconosciuto ai più. Cuore vastissimo: già prima della guerra per gli innovatori era più facile trovare spazio in province lontane come il Tatarstan, Novosibirsk, addirittura la Manciuria. Dalla metà degli anni Cinquanta la nascita di festival internazionali dedicati al jazz (a Varsavia, Mosca, Tallinn) porta a scambi sempre più vigorosi e alla nascita di un jazz altamente originale, utopistico e radicale, tra Mosca, Leningrado, Arcangelo, Novosibirsk, Volgograd, Vilnius... Sono gli anni in cui si affermano fra i tanti il trio GanelinTarasov-Chekasin, che dalla fine degli anni Settanta fa scalpore anche in Occidente, e l’estroso tastierista Sergey Kuryokhin, che prima della prematura scomparsa nel 1999 ebbe modo di collaborare anche con Frank Zappa.