Corriere della Sera - La Lettura
Spiegare le vele verso l’«altro» La doppia rivoluzione medievale
Ora più che mai è necessario ripensare il Medioevo. Soprattutto ce r to Medioevo, di c i a mo quello a partire da due secoli dopo il Mille. Basta con le vecchie formule. Gli stereotipi. Le categorie limitanti. Pensiamo a un nuovo contesto. Fatto di innovazione. Perché è vero: questo Medioevo fu un’epoca straordinaria di sperimentazioni e novità. Una di esse, ma non la meno appariscente: il viaggio e i modi di pensarlo, affrontarlo, viverlo. Nel suo nuovo libro In viaggio nel Medioevo (Il Mulino), Maria Serena Mazzi ci proietta in questa dimensione dinamica, in spazi e tempi che cominciano ad accorciarsi. Ad allentarsi. Rendendo il mondo immaginato fino ad allora un po’ più piccolo di quanto si pensasse. Raggiungibile, per molti versi. Da potersi raccontare non solo come dominio dell’immaginario, ma in quanto prospettiva concreta. Verificabile e sondabile. E, soprattutto, da potersi attraversare, in una scala a dimensione globale: basti leggere, ad esempio, la Pratica di mercatura di Francesco di Balduccio Pegolotti, della prima metà del Trecento, che propone un orizzonte geografico dalle isole britanniche al Catai.
I l l i b r o , i n s o mma, r e n d e c o n c r e t a un’idea: che all’immagine di una società statica, dagli orizzonti limitati e angusti, dobbiamo sostituire la persuasione di un Medioevo inteso come universo in movimento, composto da gente spinta ad attraversare, per tanti motivi, confini naturali, barriere geografiche, delimitazioni politiche. Un mondo, certo, in cui « il conosciuto è poca cosa ma l’immaginario infinito», per tanti versi spaventato e impaurito, ma che sente il bisogno — o la necessità — di valicare i limiti della propria abituale condizione, per andare verso un’alterità dove «lo attendono genti ignote, popoli seminoti, vicini familiari ma comunque estranei».
È un movimento dinamico, per molti versi incessante. Le strade medievali sono piene di presenze significative. Di re e imperatori che scorrono di castello in castello e di città in città. Di pell egri ni e f uorilegge. Di studenti e di clerici vagantes. Di trovatori alla ricerca di nuove corti, per riprendere un’immagine davvero romantica. Di santi, monaci, giullari, cavalieri, studenti, maestri, medici, uomini di legge, podestà e notai. Di migranti. Di artigiani alla ricerca di nuove prospettive, di un salario e di condizioni di vita migliori. Di soldati e mercenari. Di profughi che fuggono da epidemie e guerre. Di marginali, terrore di ogni comunità e di ogni centro urbano. E di mercanti, la quintessenza del movimento che, anzi, fanno di questa danza ritmata lungo le strade di terra e di mare il proprio principale atout, in un Occidente mediterraneo che si schiude con sempre maggior vigore al mercato; e nel quale le nozioni di spazio e tempo assumono di giorno in giorno un significato economico che diviene concreto e vigoroso.
Si viaggia, insomma, per tanti motivi. Per curiosità, inquietudine, fede religiosa, desiderio di avventura, esigenze di lavoro, volontà di conoscere, necessità materiali ed economiche. Con un’intensità di circolazione che, avverte l’autrice, «nessun resoconto di viaggio, per quanto fedele possa essere, è in grado di descriverci». E nel libro ci si muove soprattutto sul mare, che diventa la fucina di rinnovate condizioni materiali.