Corriere della Sera - La Lettura
Il giallo alla milanese
Nuovi assassini si aggirano tra Bovisa, Navigli e Cimitero monumentale I nipotini di Scerbanenco e Olivieri sono cresciuti e vanno forte in libreria
Quelli che raccontano l’oggi... Quelli che guardano al passato... Quelli che puntano sui personaggi... Quelli che si affidano al genius loci... Quelli che scavano negli archivi o hanno uno sguardo sociale.... Quelli che fanno (anche) sorridere, pensare e riflettere.
Il refrain del milanese Enzo Jannacci vale per i molti scrittori che, diversi per esperienze e percorsi, lontani per anagrafe e scrittura, su una cosa sono d’accordo, anzi su due: la scelta di affiancare le voci «giallo» e «Milano». Spesso con ottimi riscontri in libreria, come accade oggi a Di rabbia e di vento di Alessandro Robecchi (1960), tra i bestseller italiani di stagione con il detective per caso Carlo Monterossi. O a La provvidenza rossa di Lodovico Festa (1947) pure presente nelle classifiche di vendita. A loro e ad altri colleghi — Riccardo Besola, Gianni Biondillo, Dario Crapanzano, Andrea G. Pinketts, Hans Tuzzi e Antonio Zamberletti — a b b i a mo c h i e s to co me s i c u c i na u n (buon) giallo alla milanese, quali ingredienti non devono mancare, come mescolarli, lavorarli; e, infine, come servirlo.
Per Robecchi: «Milano stessa è un ingrediente, non uno sfondo: l’essenza della milanesità è un comportamento a metà tra il borbottìo scontento e l’efficienza». Da evitare i luoghi comuni che alla prova dei fatti si rivelano superati: non è vero che Milano è grigia, «al contrario è luminosa; questo fa sì che si vedano meglio i confini tra centro e periferia, tra il bar con il bancone in alluminio e la panetteria “fighetta”; sono confini non territoriali, ma umani». Non è vero che a Milano si pensa solo al lavoro, anzi «il mood del dopo-Expo è quello allegro da doposbronza: abbiamo nutrito il pianeta, adesso lasciateci parcheggiare in seconda fila».
«Milano è una città con un lato misterioso molto marcato e con una solida tradizione di narratori che hanno provato a raccontarlo in epoche diverse»: Lodovico Festa, autore di «una storia di comunisti milanesi e borghesi milanesi», giornalista ex dirigente del Pci è all’esordio nella narrativa. Che la città — proprio come i colpevoli — abbia qualcosa da... nascondere si capisce, per Festa, anche dalle sue architetture: «Le case hanno un fronte sulla strada in un certo modo e un lato che dà sull’interno spesso molto diverso».
A proposito di luoghi: una location «gialla» utilizzata da Festa, e pure da Robecchi come ricordava Antonio D’Orrico s u l n u mero s c o r s o d e « l a L e t t u r a » (#227), è il Cimitero monumentale. «È la massima espressione della borghesia milanese, ne rappresenta la fase più trionfante; è un luogo storico e insieme presente, concreto», conclude Festa. Il posto giusto per citare, come fa Festa, la poesia del milanese Delio Tessa L’è el dì di mort, alegher!
Non esiste una vera scuola milanese del giallo, ma molti di coloro che cucina-