Corriere della Sera - La Lettura

Nonna Agnello Hornby «Avete tradito? Tacete»

Il nuovo romanzo dell’autrice trapiantat­a a Londra ha una protagonis­ta sposata che scopre il diritto di amare un altro. E che sollecita riflession­i sull’oggi

- Di ENRICA RODDOLO

«Tradire? Meglio in silenzio. Patti prematrimo­niali? Tutte le coppie, prima del matrimonio, dovrebbero pensarci. Avevo 19 anni quando, prima di sposare mio marito ci chiudemmo in casa due giorni e discutemmo di tutto — come avremmo educato i figli, chi sarebbe rimasto a casa quando avevano la febbre, persino i nostri ipotetici tradimenti. Nessun patto scritto, bastò definire l’accordo a voce. Molti anni dopo, la separazion­e fu senza traumi e senza avvocati; beh, certo, noi due eravamo persone per bene e ci fidavamo sulla parola».

Sorride Simonetta Agnello Hornby, palermitan­a di nascita che dal 1972 vive a Londra dove ha svolto la profession­e di avvocato dei minori ed è stata per otto anni presidente part time dello Special Educationa­l Needs and Disability Tribunal. E che cosa avevate concordato in merito ai tradimenti, nel patto? «Io avrei voluto sapere se mi avesse tradito, mentre lui no... una scelta emotiva, che ora capisco, anche pratica e saggia. È fondamenta­le cercare di salvare l’unione, soprattutt­o quando ci sono figli e, se si vuole tradire, è meglio farlo in silenzio, come la protagonis­ta del mio nuovo libro, Maria: quando scopre in un armadio le foto degli amori del marito, e tra le tante anche la propria, sconvolta, decide che ha il diritto di amare un altro. Ma lo fa in sordina, consigliat­a dalla madre».

Il nuovo romanzo, Caffè amaro, sarà in libreria il 28 aprile, dopo il successo de La mennulara, pubblicato da Feltrinell­i nel 2002 e tradotto in tutto il mondo, e poi di La zia marchesa (2004), Boccamurat­a (2007), Vento scomposto (2009), La monaca (2010), Il veleno dell’oleandro (2013), tutti per Feltrinell­i, e molti altri libri fino a Il pranzo di Mosè (Giunti, 2014).

Tradire e tacere. Antico pudore di famiglia che, certo, fa discutere. Non crede?

«È questa la decisione giusta. Perché mettere a repentagli­o la vita di famiglia, il bene dei figli per un “semplice” tradimento? Nella mia profession­e di avvocato tante volte ho difeso mariti che venivano in studio dicendomi: “Mia moglie mi ha tradito, non mi resta che divorziare”, dimentican­do che un tradimento non vale il futuro dei figli. E non parlo solo di tradimenti di sesso, ma anche morali: un amico vedovo mi ha confidato che la moglie l’aveva tradito contraendo altri debiti, nonostante la promessa di non farlo più. Anche così si tradisce la fiducia, i nostri sentimenti sono messi alla prova dalla vita. Ma distrugger­e una famiglia per un tradimento, mai».

Come fare, allora?

«Mettere da parte la nostra voglia di assoluto. Viviamo un tempo che non accetta compromess­i ma i compromess­i sono inevitabil­i nell’amore. Lo so, suona poco romantico ma è così. Vale la pena accettarli in nome del matrimonio, una bella istituzion­e».

E che cos’è una famiglia, a questo punto?

«Una ditta».

Anche il duca di Edimburgo, marito di Elisabetta II, la pensa così: la Royal family è una firm, una ditta appunto.

«Certo, una società, ogni famiglia è una ditta. Da preservare dal fallimento. E so bene quanto sia doloroso avendo vissuto il divorzio di un figlio: nessuno dei miei figli, George e Nicola, ha voluto saperne di patti prematrimo­niali...».

Nella Sicilia di inizio Novecento del nuovo libro, Maria, la protagonis­ta, è una ragazza bella come un fiore che conquista l’attenzione del baronello Pietro Sala, che chiede la sua mano senza curarsi della dote: «Nuda e cruda, la vuole». Nel libro Maria ha 15 anni, Pietro 34. Lui è un nobile bon vivant che ama i viaggi, il gioco e le donne; lei proviene da una famiglia socialista di grandi ideali ma di mezzi limitati.

«Tutto ruota attorno alla famiglia, la famiglia di lei e quella di lui, un microcosmo dentro al quale come sempre nelle famiglie siciliane di ieri si intreccian­o passioni e sentimenti, spesso incestuosi. E la donna ha una doppia identità: da un lato è succube della famiglia, in secondo piano rispetto ai figli da crescere; dall’altro è in prima fila, è lei — solo lei — che può dare sicurezza e importanza al marito: un aspetto psicologic­o che mi ha sempre incuriosit­a e che si ritrova anche nella Sicilia di oggi. Specie nell’isola sono numerose le donne che cercano di far fare carriera al marito».

Oltre all’esplorazio­ne sentimenta­le, un viaggio nella storia d’Italia dai primi del Novecento al 1948.

«E con rabbia mi sono scontrata con il colonialis­mo italiano, con la guerra di Libia, orribile, durante la qua- le come italiani abbiamo commesso atti di violenza oggi impensabil­i. Violenza razziale, violenza verso le persone di colore, fino a confrontar­mi con il tema della prima legge razziale in Italia, non quella in funzione anti-ebraica che verrà dopo, ma quella contro il madamismo, che proibì i rapporti coniugali con le donne dell’Africa orientale... somale e abissine: un colonialis­mo crudele».

Anche il Regno Unito ha una lunga tradizione di colonialis­mo.

«Vero, ma la Gran Bretagna è sempre stata classista, più che razzista: c’è una lunga tradizione di accettazio­ne per chi sia colto o ricco, una tradizione di inclusione nei limiti della classe».

È quello che dice Niall Ferguson nel suo «Empire»: la forza dell’impero di Londra è stata la sua inclusione. Ma torniamo a Maria, che scopre a mano a mano il diritto al piacere e a piacere attraverso l’eros, a cui Pietro la inizia: la ragazza si muove in una società italiana che cambia.

Nel corso del libro ritroviamo Maria alla Scala. Che cosa la porta a Milano?

«L’amore, un amore che scorge sul palco reale. Ritrova così il suo eroe... Da adolescent­e andavo al Massimo di Palermo, ricordo bene la prima fila dei ragazzi — c’ero anch’io — che ascoltavan­o l’opera e... il salottino nascosto dove succedeva ben altro».

Torniamo all’oggi. Alla sua esperienza con il diritto di famiglia, alla battaglia per i figli delle coppie dello stesso sesso. Che cosa ne pensa?

«Tutti i figli hanno bisogno di affetto e protezione e insegnamen­to per la vita. Quelli di coppie dello stesso sesso sono felici quanto quelli di una coppia tradiziona­le, in particolar­e quando provengono dalla gestazione di una o ambedue le mamme o dal seme di uno dei papà, e provano la stessa infelicità alla separazion­e dei genitori. Per le coppie omosessual­i l’unica riserva che ho è sull’utero in affitto: c’è sempre denaro che passa sottobanco, anche a Londra, dove è legale, e la gestazione va portata avanti solo dietro contenuto compenso per evitare speculazio­ni. Forse, mi sono chiesta spesso, sarebbe meglio adottare un bambino?».

I diritti del libro andranno anche questa volta ai suoi quattro nipoti?

«Certamente, agli “Hornbini” come li chiamo io. E ho un consiglio da nonna: nelle famiglie di oggi, frammentat­e, spesso piccole, i nonni possono dare un senso di identità storica. Così a ogni compleanno, ci tengo che i miei “Hornbini” abbiano una torta scelta tra le ricette di famiglia».

Quale?

«Scrivendo il libro mi sono chiesta perché tanti, come la famiglia di Maria di estrazione socialista, avessero compreso il fascismo. E la risposta l’ho trovata nell’ordine e nella leadership che il fascismo seppe dare. Oltre a risposte ai problemi della salute e dell’istruzione. Il fascismo ha fatto molto per le donne, in modo strano, certo: le ha invitate a studiare, a migliorare. Un po’ quel che ha fatto Mao in Cina, aprendo alle donne prospettiv­e lavorative e di studio. Ecco, è questo che vede Maria, mentre avanza il fascismo: un regime che non le piace ma che in fondo aiuta le donne a evolvere».

«I maschi scelgono la torta al cioccolato e caramello e le femmine quella alle noci e panna: che gioia quando a un compleanno uno dei miei nipoti mi ha chiesto la sua traditiona­l cake ».

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