Corriere della Sera - La Lettura
Volevo superare il funzionalismo L’ostacolo è l’orgia consumistica
La quindicesima Biennale di Architettura che sta per essere inaugurata ha qualcosa in comune con quella che ebbi il compito di organizzare nel 1980. L’analogia sta nel fatto che entrambe le edizioni, cercando di raccogliere i sintomi del cambiamento allo stato nascente, postulano la necessità di una svolta. Allora si trattava di superare le angustie del funzionalismo liberandosi da un’ortodossia vincolante che aveva depauperato la città di molti dei suoi valori tradizionali e per questo al suo centro c’era la Via Novissima, una sequenza di facciate disegnate da venti architetti: oggi, a distanza di 36 anni, si tratta di superare l’orgia consumistica dell’innovazione fine a se stessa che ha prodotto un’architettura spettacolare e costosissima che parla solo di sé e dei suoi autori e poco ha fatto per guarire la città moderna dalle sue malattie croniche — lo spreco di risorse, il traffico caotico, la sperequazione in aumento tra ricchi e poveri, l’emarginazione dei diversi.
La prima edizione della mostra di architettura ebbe successo perché era riuscita a cogliere il cambiamento allo stato nascente ma anche perché mostrava l’architettura in tre dimensioni nella sua realtà spaziale direttamente vivibile. Il suo simbolo divenne il Teatro
del Mondo di Aldo Rossi che galleggiava nel bacino di San Marco e arrivò navigando fino a Dubrovnik, nell’allora Jugoslavia. La Via Novissima arrivò l’anno dopo a Parigi per ripartire subito dopo per San Francisco in California.
Alejandro Aravena, curatore di questa edizione, è divenuto famoso per una esperienza originale di costruttore: la società Elemental, da lui fondata, nata per costruire case a basso costo con finanziamenti pubblici, decise di dividere in due parti il finanziamento pubblico. La prima parte venne impiegata per costruire metà di ciascuna delle case, quella contenente gli impianti tecnici. La seconda parte del finanziamento venne data direttamente ai destinatari perché potessero realizzare l’altra metà in funzione dei loro bisogni. La mostra della Biennale sarà così un test importante per capire se il coinvolgimento degli abitanti nella cura della città può incidere sulla sua trasformazione e sullo sviluppo di una nuova architettura che consideri la crisi economica, il degrado dell’ambiente, l’emarginazione e gli esodi di popolazioni, come problemi ai quali non è estranea e che può contribuire a risolvere.