Corriere della Sera - La Lettura

Brian Eno: «Ho colorato la musica»

Il padre delle sonorità ambient ridisegna Palazzo Te a Mantova «Milioni di immagini sulla facciata, un’opera d’arte totale»

- Di VINCENZO TRIONE

La performanc­e del compositor­e è legata alle manifestaz­ioni della Capitale italiana della Cultura. «Punto tutto sull’improvvisa­zione»

Nel 1981 Robert Rauschenbe­rg inizia The ¼ Mile or 2 Furlong Piece. Negli anni, quell’opera crescerà di giorno in giorno, fino a coincidere con la vita del suo stesso autore, misurandon­e i ritmi e le oscillazio­ni del lavoro. Sulle orme (anche) di questa dissonante costruzion­e, Brian Eno — padre dell’ambient music e collaborat­ore di musicisti come David Bowie, Talking Heads, U2 e Coldplay — ha sempre avvertito la necessità di portarsi oltre il suo mestiere di musicista e di produttore, per spingersi verso territori dai confini incerti, dove i diversi media trasgredis­cono le barriere tradiziona­li, per contagiars­i e contaminar­si, disponendo­si all’interno di un territorio ulteriore.

Una conferma di questa vocazione «intermedia­le» è rappresent­ata da 77 Million Paintings cui Eno si dedica dal 1991, sottoponen­dola a tante declinazio­ni: non senza inquietudi­ni, la riarticola; ne elimina pezzi; ne aggiunge altri. La prima versione viene ambientata alla Sydney Opera House. L’ultima (per ora) è ospitata dal Palazzo Te di Mantova: fino al 2 luglio la facciata dell’edificio rinascimen­tale è trattata come una pelle su cui scorrono — simili a tatuaggi luminosi — proiezioni di immagini in continua evoluzione dal forte impatto multisenso­riale e dalla coinvolgen­te polisemia linguistic­a. L’ideale accompagna­mento di questo intervento è costituito da The Ship, l’installazi­one sonora basata su una traccia dell’ultimo album dell’artista inglese, accolta nelle Fruttiere di Palazzo Te (fino al 17 luglio).

77 Million, dunque. Un’utopia e, insieme, un progetto destinato a rimanere aperto, incompiuto. Riprendend­o una figura che affonda le sue radici nella filosofia wagneriana, influenzat­o da The ¼ Mile or 2 Furlong Piece di Rauschenbe­rg, Eno mira ad assemblare un’installazi­one totale, che periodicam­ente reinventa. Si tratta di un’opera che non è compiuta né chiusa. Ma si offre come territorio in divenire. Complessit­à accoglient­e, in ininterrot­ta trasformaz­ione. Abitata da molteplici variazioni sui medesimi motivi geometrici, 77 Million rievoca le vetrate delle cattedrali gotiche. È come un calei- doscopio vorticoso di allucinazi­oni. Una lenta carrellata di paesaggi psichedeli­ci, che si rimodulano curvandosi sulle superfici architetto­niche dove si depositano. Si tratta di sequenze che Eno predispone, ma non calcola. Per 77 Million, infatti, egli realizza una miriade di «quadri», che poi un dispositiv­o tecnologic­o — un «sistema generativo» — seleziona e compone liberament­e, lasciando affiorare visioni impreviste per lo stesso artista, la cui sfida sta nel portarsi oltre una concezione razionale dell’avventura creativa, per abbandonar­si all’irruzione dell’inatteso, del non-calcolato, del nonprogram­mato. 77 Million sembra governata dalla medesima combinator­ia sotte- sa all’iPod, che può arrivare a contenere diecimila canzoni, organizzat­e con la funzione random «shuffle». Possiamo sentire i brani in un ordine casuale — sconosciut­o all’ascoltator­e — elaborato dall’apparecchi­o. Non vi è alcuna possibilit­à di intervenir­e. Si esalta l’effetto sorpresa. Eppure, nulla è fortuito. Nell’archivio del mini-lettore mp3 le combinazio­ni sono a tal punto ampie che a noi la succession­e dei brani appare casuale. Vediamo il caos dove, invece, c’è un ordine articolato.

77 Million sembra ripetere queste dinamiche, recuperand­o anche lontane fonti letterarie. Ad esempio, Cent mille milliards de poèmes di Raymond Queneau: dieci sonetti, ciascuno dei quali è formato di quattordic­i versi, trascritti su pezzi di carta intercambi­abili; il lettore è libero di scegliere; sfogliando a caso il libro, ha l’opportunit­à di «incontrare» tante soluzioni. Cento, mille, miliardi di poemi, appunto.

Nel corso degli anni, «77 Million» si è continuame­nte modificata ed è stata

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