Corriere della Sera - La Lettura
Maria Luigia, duchessa borghese
Il padre Francesco I la destinò all’odiato avversario: ragion di Stato L’unione funzionò fino alla svolta del 1813. E lei fu sovrana di Parma
Quando, il 20 aprile 1816, la seconda moglie di Napoleone entrò a Parma, accolta dal popolo in festa e salutata da tutte le campane della città, sperava di trovare nel piccolo ducato la serenità alla quale aveva sempre aspirato. La vita dell’arciduchessa Maria Ludovica di Absburgo-Lorena era cambiata nel 1810 quando, diciottenne, era stata data in sposa dal padre, l’imperatore d’Austria Francesco I, all’odiato nemico Napoleone, che l’anno prima era entrato per la seconda volta da trionfatore a Vienna. Dietro questa decisione vi era la strategia del ministro degli esteri Metternich, che, in attesa che i rapporti di forza mutassero, ritenne utile un legame dinastico con la Francia, al momento troppo superiore militarmente. Dal canto suo Napoleone aveva divorziato da Joséphine de Beauharnais, oltre che per avere un erede maschio, anche per consolidare il proprio impero legandosi a una delle più antiche famiglie regnanti.
Le prime notizie gettarono l’arciduchessa in una profonda angoscia, che fu via via stemperata dall’abile opera di persuasione del suo entourage e di Metternich, sicché alla fine ella, non dotata di un forte carattere, si rassegnò a rispettare i doveri politici inerenti al suo rango. Dopo il matrimonio, celebrato a Vienna l’11 marzo 1810 per procura, in assenza di Napoleone, Maria Luisa, ormai imperatrice dei Francesi, partì con un imponente corteo verso Soissons dove l’attendeva il marito che, fin dal primo incontro, si rivelò premuroso e gentile.
Bionda, con gli occhi chiari, un po’ imponente nella figura, Maria Luisa non era bella, ma conquistò Napoleone con la sua innocente freschezza e anche con una certa indolente sensualità. L’anno seguente, il 20 marzo 1811, gli diede l’erede, Napoleone Francesco, che ebbe il nome di Re di Roma. Tutte le testimonianze sui rapporti fra i due coniugi concordano nel mostrarci un quadro di serenità familiare, che andò progressivamente incrinandosi dopo il disastro russo. Quando Metternich decise, nell’estate del 1813, l’ingresso dell’Austria nella coalizione antifrancese, Maria Luisa si trovò divisa fra il marito e il padre, in guerra fra loro. Nel gennaio 1814, alla vigilia della campagna decisiva, Napoleone, come già aveva fatto nel 1813, nominò Maria Luisa reggente in sua assenza, nel vano tentativo di ottenere condizioni più favorevoli dal suocero; poi il 24, prima di partire per il fronte, si accomiatò dalla moglie e dal figlio: non li avrebbe rivisti mai più.
Il 6 aprile fu costretto ad abdicare senza condizioni. La sua sorte fu fissata l’11 aprile dal trattato di Fontainebleau, negoziato personalmente con lo zar Alessandro I, che gli garantiva la sovranità dell’isola d’Elba e assegnava a Maria Luisa e ai suoi eredi il Ducato di Parma, Piacenza e Guastalla.
Intanto Maria Luisa, che aveva abbandonato Parigi prima dell’arrivo delle truppe della coalizione ed era giunta a Orléans, era combattuta fra il desiderio di unirsi al marito e l’affetto verso il padre. Ma Metternich e Francesco I non avevano dubbi: venute meno le ragioni politiche del matrimonio, Maria Luisa e il figlio furono richiamati a Vienna. Qui Metternich fece sorvegliare attentamente lei e i francesi del suo seguito, e mise in atto ogni mezzo per distoglierla dal disegno di raggiungere il marito all’Elba. Fu lui a porle accanto il conte di Neipperg, un ufficiale e diplomatico, che portava una benda nera sull’occhio perduto in guerra: una scelta davvero felice, perché fra i due nacque una relazione che allontanò per sempre Maria Luisa da Napoleone. Ella scrisse un’ultima lettera al marito il 3 gennaio 1815 augurandogli di vivere felice nella sua isola: era il definitivo commiato.
Il trasferimento a Parma poneva però seri problemi, in quanto il Ducato sarebbe spettato ai Borbone, sovrani legittimi spodestati nel 1802 da Napoleone, e Metternich non voleva che dopo Maria Luisa diventasse duca il figlio, che era per i bonapartisti Napoleone II, l’erede imperiale. Nel 1817 un accordo fra le grandi potenze confermò la sovranità di Maria Luisa ma stabilì che dopo la sua morte il Ducato sarebbe ritornato ai Borbone, dirottati nel frattempo sul Ducato di Lucca.
Il figlio, divenuto ormai duca di Reichstadt, fu privato di ogni diritto alla successione e fu obbligato a vivere lontano dalla madre, a Vienna, dove sarebbe morto nel 1832. Maria Luigia, secondo la forma italianizzata del suo nome, resse il Ducato per un trentennio, avendo al suo fianco Neipperg, al quale diede due figli e che sposò morganaticamente dopo la morte di Napoleone. Parma, che contava allora 30 mila abitanti, non offriva una vita di società paragonabile a quella di Vienna, ma ella, pur non insensibile all’orgoglio dinastico, era incline a una vita tranquilla, scandita da una routine di carattere quasi borghese: le sue giornate trascorrevano fra la musica, passione condivisa con Neipperg, la pittura, appresa a Parigi, e il ricamo. Per la politica non ebbe mai un reale interesse. Fu Neipperg a governare con equilibrio fino alla morte nel 1829.
In questo periodo vi furono importanti i ni z i at i ve nei l avori pubblici (il Teatro ducale, poi regio, nel 1829), nell’assistenza, nella beneficenza e nell’istruzione. Furono conservati in parte l’apparato amministrativo e la legislazione del periodo francese. Tuttavia il giudizio storico induce a sfumare molto il mito della felice età di Maria Luigia. Si trattò di un mite paternalismo, lontano dalla politica reazionaria di altri Stati italiani ma privo di carattere innovatore. Del resto il Ducato dipendeva da Vienna, che dal 1822 stabilì un presidio militare a Piacenza. Inoltre il clima mutò dopo i moti del 1831, che obbligarono la duchessa ad abbandonare Parma per rifugiarsi a Piacenza.
Il governo provvisorio formatosi nella capitale ebbe un carattere moderato, e nemmeno proclamò la decadenza del regime ducale, limitandosi a chiedere una costituzione e l’allontanamento del Werklein, successore di Neipperg. Ma al suo ritorno a Parma la duchessa fu accolta con freddezza, e gli ideali liberali e nazionali guadagnarono consensi nell’opinione pubblica, mentre il governo assunse un carattere reazionario a opera del nuovo ministro inviato da Vienna, il conte di Bombelles, che divenne nel 1834 il terzo marito di Maria Luigia.
Dopo la sua morte, nel 1847, le spoglie della duchessa furono portate a Vienna nella Cripta dei Cappuccini. Quanto all’infelice figlio, fragile vita schiacciata dalla ragion di Stato, le sue ceneri furono restituite nel dicembre 1940 da Hitler alla Francia occupata.