Corriere della Sera - La Lettura
Il falso Vangelo della moglie di Gesù
È una truffa il papiro del «Vangelo della moglie» Ma tanti ci hanno creduto, sulla scia di Dan Brown
Manipolazioni Il frammento accreditava l’immagine di un Cristo sposato e «femminista», disposto ad accettare donne tra i discepoli. Venne presentato a Roma nel 2012 durante un convegno di studi copti. Subito sorsero dei dubbi, ma ora un’inchiesta ha posto fine alle discussioni Le ragioni della diffidenza La grafia era brutta, la grammatica zoppicante. E pareva strano che di tutto il testo fossero sopravvissute solo poche parole capaci di suscitare l’interesse dei lettori moderni
Il 18 settembre 2012, durante il X Congresso internazionale di studi copti a Roma, veniva mostrato per la prima volta al consesso degli studiosi un inedito frammento di papiro scritto in lingua copta. Karen King, docente di Storia della Chiesa alla Harvard University, lo presentò come ciò che resta di uno sconosciuto Vangelo «apocrifo» verosimilmente scritto in greco nel II secolo e poi tradotto in copto. Il papiro misura soltanto 4x8 centimetri e il testo è lacunoso, ma se ne può interpretare qualche frase. Il contesto è quello di un dialogo fra Gesù e i suoi discepoli in cui si parla di una certa Maria: Gesù, che dice di avere una «donna» o «moglie», dichiara che ella sarà degna di essere una sua discepola.
Si parla di Maria Maddalena? Sembra probabile. Dunque Gesù aveva una moglie? Karen King si guardò bene dall’affermarlo: il testo è troppo frammentario e tardivo, non pare una fonte affidabile sul Gesù storico; ma potrebbe testimoniare che, a un certo momento, qualche corrente cristiana minoritaria lo aveva creduto. In quale senso si afferma che Gesù era sposato? In senso carnale, metaforico, gnostico? Difficile dirlo. Certamente questo dialogo messo in bocca a Gesù ricondurrebbe a un antico dibattito fra certi cristiani in merito alla legittimità di ammettere le donne al discepolato.
Mentre Karen King a Roma terminava la sua relazione, la stampa internazionale — precedentemente informata — rilanciava la notizia. Il piccolo frammento di quello che fu subito chiamato «Il Vangelo della moglie di Gesù» veniva sfruttato per rivitalizzare il filone fantastorico che vaneggia su un presunto complotto ecclesiastico volto a nascondere l’esistenza di un rapporto d’amore fra Gesù e la Maddalena: chi non ricorda il dirompente successo del Codice Da Vinci di Dan Brown?
Ma sull’autenticità dello scritto fin da subito erano sorti dubbi. La grafia del papiro è brutta, come se appartenesse a qualcuno poco avvezzo a scrivere in copto; la grammatica è zoppicante. Per il resto, sembrava curioso che di un intero Vangelo perduto fossero sopravvissute soltanto quelle poche parole capaci di renderlo così interessante per un lettore moderno. E poi, da dove proveniva questo papiro e come era finito nelle mani della King, che da anni si dedica allo studio del ruolo delle donne nel cristianesimo antico? Si sa che il proprietario del papiro è un collezionista, che però vuole restare ignoto. Dice di aver comprato nel 1999 una partita di papiri da Hans-Ulrich Laukamp, che a sua volta li avrebbe acquisiti a Potsdam nel 1962. L’anonimo collezionista nel 2010 aveva contattato la King e le aveva fatto pervenire la copia di un documento dattiloscritto datato 1982 e attribuito a Peter Munro, un professore di egittologia di Berlino; c’è anche una nota manoscritta nella quale si afferma che un altro professore berlinese, Gerhard Fecht, già molti anni prima si sarebbe reso conto di avere per le mani l’unico esempio di un testo in cui Gesù parlava di una moglie. Ma nulla si può verificare: Laukamp, Munro e Fecht sono deceduti.
Un tempestivo intervento di Alberto Camplani su «L’Osservatore Romano» diede voce ai primi sospetti di falsificazione e mise subito in luce i rischi di un’improvvida lettura «attualizzante» del testo, anche quando fosse dimostrata la sua autenticità. Di lì in avanti il dibattito scientifico — cercando di smarcarsi dall’assordante battage mediatico — ha prodotto le proprie ragioni sia a favore sia contro l’autenticità. Nel 2014 la «Harvard Theological Review» pubblicava l’edizione del testo accompagnata da un commento di orientamento autenticista; nel frattempo l’esame del carbonio 14 permetteva di datare il papiro all’VIII secolo, mentre la microspettroscopia e altre indagini confermavano l’antichità del supporto scrittorio e identificavano la composizione dell’inchiostro, pienamente compatibile con l’epoca ascritta.
«Compatibile», però, non significa «coincidente»: un bravo falsario è certo capace di fabbricare inchiostro di nerofumo e riuscirebbe a procurarsi un papiro antico su cui scrivere. Piuttosto, qualcuno cominciò a notare che le poche frasi sopravvissute assomigliavano troppo