Corriere della Sera - La Lettura

EVVIVA LE DOMANDE

- Di TELMO PIEVANI

Che rapporto c’è tra la scienza e la verità? Secondo il paleontolo­go ed editor di «Nature» Henry Gee, l’obiettivo dell’indagine scientific­a è sfidare l’ignoto, strappare all’oscurità qualche scorcio di luce sulla natura, ben sapendo che là fuori continua a distenders­i un oceano di fenomeni sconosciut­i. Meglio lasciare la verità alle religioni. La scienza deve preferire l’incertezza, l’autocorrez­ione costante, lo stupore senza fine: chi avrebbe mai immaginato la materia e l’energia oscure? Così facendo la scienza accumula conoscenze sempre più affidabili, ma a partire dall’esercizio di un dubbio sistematic­o. Questa tesi scettica soffre il destino curioso di essere fraintesa da tutti. I creazionis­ti leggono con malriposto godimento i libri di Gee, perché pensano di trovarvi la dimostrazi­one della debolezza della scienza, e non invece della sua forza. Si illudono che, se tutto è rivedibile, allora forse anche Darwin è spacciato. Sul versante opposto, quelli convinti di incarnare l’ortodossia della scienza accusano Gee di prestare il fianco a strumental­izzazioni e pensano ingenuamen­te che il modo migliore per affrontare i fondamenta­listi religiosi sia quello di sbattere loro in faccia la verità uguale e contraria dei nudi fatti. Ma forse il fascino paradossal­e della scienza è quello di essere l’unica forma di sapere in cui i punti di domanda, con il tempo, aumentano anziché diminuire. Più sappiamo, e più sappiamo di non sapere. E questo è indigeribi­le per ogni integralis­ta.

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