Corriere della Sera - La Lettura
Un’Iliade del IV secolo d. C. 15 versi per 16 mila sterline
Dal 1972 è proibito esportare dall’Egitto manufatti antichi. Ma da allora il mercato antiquario non si è esaurito: i manoscritti su papiro e pergamena, per esempio, stanno inondando i siti web di aste di cui eBay è il più famoso colosso mondiale. Una striscia di papiro con parte di 15 versi dell’Iliade scritti nel IV secolo d.C. è stata comprata da un anonimo per 16 mila sterline dopo un’aspra battaglia online. Un frammento di pergamena del III secolo contenente un passo della Lettera ai Romani di san Paolo è stato venduto da Sotheby’s per 301 mila sterline. La crescita esponenziale del mercato online ha allarmato la comunità scientifica, soprattutto nel campo della letteratura cristiana antica, oggetto di morbosa attenzione da parte di chi vorrebbe lucrare su scoperte sensazionali. Spesso i manoscritti sono catalogati erroneamente o in modo iperbolico per attrarre potenziali acquirenti, e questo finisce per generare clamorosi abbagli. Oppure si vendono oggetti senza specificarne la provenienza, termine con cui si indica non solo il luogo in cui il pezzo è stato trovato, ma anche la storia delle acquisizioni e dei collezionisti dalle cui mani è passato. Conoscere la provenienza di un testo non è secondario: ne garantisce l’autenticità e mette al riparo da errori. Invece, la negoziazione privata favorisce i falsari, che possono accedere a materiale antico, talvolta ancora «riciclabile», su cui scrivere testi inventati. Cosa ancor più grave, da questi passaggi i documenti finiscono per uscire danneggiati. Oggi come un tempo libri e archivi sono smembrati per venderli pezzo per pezzo. Il codice del Vangelo di Giuda è stato in una cassaforte a Long Island per 16 anni, poi un compratore lo ha trasferito in un freezer, ritenendolo il posto più appropriato. Molti studiosi si sono attivati per denunciare questi fatti. Dal 2010 è sorta la Green Scholars Initiative, dal nome di una vasta collezione privata di testi biblici degli Usa, un gruppo che lavora sugli originali nel modo più trasparente possibile. Naturalmente, i siti web protestano che gli oggetti messi online erano già di privati da prima del 1972, anche se spesso non possono dimostrarlo, in una catena di affermazioni di mercanti, intermediari, e talvolta anche accademici, che è difficile da monitorare e distrae dalla ricerca scientifica. Niente di nuovo, dunque, ma è legittimo aspettarsi un maggiore controllo da parte degli operatori del web.