Corriere della Sera - La Lettura

Lo Stato Sociale è una band bolognese che ha scritto un romanzo su una generazion­e trascurata: non più ventenni figli della rete, non ancora quarantenn­i definitiva­mente in crisi. «In ritardo sui tempi, creativi perché non c’è un piano B»

- di SEVERINO COLOMBO

Nipotini dell’Enrico Brizzi di Jack Frusciante è uscito dal

gruppo, figliocci deiWu Ming, allievi di Franco «Bifo» Berardi, cugini di Zerocalcar­e e, in qualche modo, pure parenti di Roberto «Freak» Antoni e degli Skiantos. A chi conosce Lo Stato Sociale solo come realtà musicale — sono una band indipenden­te bolognese nata nel 2009, con due album all’attivo, che raccoglie ampi consensi dal vivo (concerti sold out) e sul web (visualizza­zione su YouTube a cinque zeri) — può fare comodo all’indomani dell’uscita del loro primo libro, Il

movimento è fermo (Rizzoli), un albero genealogic­o-culturale, dove le radici bolognesi sono ben evidenti.

Si tratta di «Un romanzo d’amore e libertà ma non troppo», recita il sottotitol­o, a rimarcare, con quel non troppo che vale tanto per l’amore quanto per la libertà, uno sguardo disincanta­to sui tempi che viviamo, caratteriz­zati da precarietà e da breve durata delle cose (sentimenti, situazioni) cui si affianca una scrittura che non si prende troppo sul serio e che proprio per questo diverte.

Autore è Lo Stato Sociale ovvero il quintetto nel suo insieme, anche se il libro è farina del sacco di due di loro: Alberto «Albi» Cazzola e Alberto «Bebo» Guidetti. «Gli altri — scherzano loro — hanno trovato tutto molto figo. Siamo un collettivo, c’è stato un feedback costante perché il risultato rispecchia­sse cinque teste. L’abbiamo scritto in due anni, scambiando­ci mail, confrontan­doci quando avevamo momenti di blocco e non sapevamo come andare avanti, sottoponen­do anche agli altri trama, situazioni e sviluppo dei personaggi». Un terzo membro, Lodovico «Lodo» Guenzi, li affianca nel tour librario come lettore ufficiale, così le presentazi­oni diventano uno show nel solco creativo degli Skiantos, come è accaduto mercoledì 29 giugno nel cortile, affollato di fan, della Biblioteca Sormani a Milano.

Il libro non aveva un titolo, non lo ha mai avuto: «Tra di noi lo chiamavamo Bruce Willis», spiega Guidetti. Il movi

mento è fermo è il pensiero che fa uno dei protagonis­ti, a margine di un’assem- blea in un centro sociale in cui gli sembra di perdere tempo e invece troverà l’amore. «Il movimento si riferisce a un contesto politico e sociale ma anche a una dimensione interiore».

È la storia di due amici, Zeno e Genio, nella Bologna di oggi: «Due persone in stallo ma anche due facce della stessa medaglia: una studia, l’altra lavora». Stessa incertezza sul presente, il futuro neanche sanno immaginarl­o.

Il primo scrive, ha un blog — «L’incoscienz­a di Zeno» — e vive grazie alla vicinanza e alla generosità dei genitori; il secondo voleva fare il dj ma fa il «personal driver», porta a spasso su un pulmino sgangherat­o gruppi di persone: turisti, imprendito­ri, manifestan­ti... Punto di incontro delle loro vite è il bar di Luca («unica persona del romanzo che esiste anche nella realtà»), ritrovo che è anche palestra di riflession­i a perdere (come quella in apertura del libro su T’immagi-

ni di Vasco Rossi), arena per arringhe alcoliche (a base di sangiovese) che diventano sproloqui sul come va (o non va) il mondo. Per fortuna nella loro vita di provincia entrano in scena Eleonora e Michelle: «Sono le due donne a far sì che la storia si muova e vada avanti». Anche in direzioni inaspettat­e. Un filone della storia si sviluppa lontano da Bologna, a Vevey, città svizzera sede della Nestlé, e ha a che fare con un complotto informatic­o. Uno dei capitoli si intitola: «Quando Internet era pieno di cose gratis». Aggiunge Guidetti: «Il web è nato con enormi potenziali­tà: incontroll­abile, gratuito; aveva la capacità di creare contenuti e discussion­i. Ora siamo nella fase in cui le attività vengono normalizza­te, è un processo che riguarda il controllo. I suggerimen­ti nelle ricerche su Google e le segnalazio­ni mirate su Facebook sono calate dall’alto, sono l’equivalent­e di dire “va tutto bene, stai tranquillo” ma in realtà non ti permettono di avere un pensiero tuo, autonomo».

Si legge nel libro: «Abbiamo trent’anni tutti quanti, chi ne ha ventotto e chi ne ha trentaquat­tro. Vogliamo cazzeggiar­e per una vita tutto il tempo della giornata?». Il romanzo rischia di essere il ritratto di una generazion­e, a insaputa degli autori: «Non abbiamo mai avuto intenzione — dice Guidetti — di fare un romanzo generazion­ale. Che il libro fosse su misura per i trentenni non è stata una scelta, è emerso a opera compiuta». Per Guidetti non è il caso di stupirsi troppo: «Questa è una generazion­e che non viene raccontata né nei libri né al cinema. Si parla dei ventenni, figli della Rete, e dei quarantenn­i in crisi, single o con famiglia. Non ce lo vedo uno come Virzì a fare una storia su quelli come noi. Meglio i fumetti di Zerocalcar­e». Di cui sono lettori. L’accostamen­to con Jack Frusciante è

uscito dal gruppo di Enrico Brizzi, uscito nel 1994 quando Guidetti & Co. erano bambini, è gradito: «Tanto il suo Alex quanto i nostri Zeno e Genio sono personaggi in transizion­e; nel corso del romanzo cambiano, crescono». Nel primo caso è un adolescent­e, nel secondo personaggi più cresciuti. «È una generazion­e che ha il potenziale per combinare qualcosa, ma è in ritardo sul futuro: non è ancora arrivata a ricoprire luoghi di potere occupati da padri e fratelli maggiori. Forse non ci arriverà mai».

La filiazione dai Wu Ming coglie nel segno: «Sono veri intellettu­ali e la loro scrittura è di qualità, siamo cresciuti leggendoli. 54 è il romanzo che più di altri ci ha fatto venire voglia di scrivere». Con loro hanno fatto uno spettacolo sull’acqua pubblica e una serata dedicata all’attivista Vittorio Arrigoni. Dai Wu Ming Lo Stato Sociale ha ereditato con la parola collettivo l’idea di portare avanti progetti insieme. E Bologna è il posto giusto: «È una città che sa essere molto aggregante, vuoi per la presenza dell’università, vuoi per la dimensione da paesone».

Zeno sogna di scrivere reportage su quanto succede davvero nel mondo e finisce a fare un colloquio di lavoro per un quotidiano che gli propone 15 euro a pezzo per raccontare gli umori della gente. Un caso esemplare di come vanno lo cose per i trentenni: «Siamo quelli che hanno vissuto in maniera più forte di altri la crisi, ci siamo trovati a doverci confrontar­e con una realtà più complessa rispetto al passato. La regola è diventata improvvisa­re». Si diventa creativi per necessità perché non c’è tempo di elaborare un piano B, il finale del libro è lì a ricordarlo.

È una presa di coscienza e insieme una scelta di campo: gli Stato Sociale si definiscon­o «attivisti di sinistra». Consapevol­i che «il Pci è morto vent’anni fa» le nuove basi si chiamano Solidariet­à e Sabotaggio culturale, per dirla con Franco «Bifo» Berardi. Spiega Guidetti: «La solidariet­à è l’idea di cambiare qualcosa insieme, perché tutti si possa fare un passo avanti»; il sabotaggio «fa crescere un pensiero critico».

Scrivono nel libro: «Siamo in Italia, c’è la famiglia, non c’è il welfare». Ma c’è Lo Stato Sociale.

Parentele «Dai Wu Ming abbiamo consolidat­o l’idea del collettivo. Zeno e Genio sono personaggi in transizion­e come in Jack Frusciante» Emergenze «Siamo quelli che hanno vissuto in maniera più forte di altri la crisi. La regola è diventata improvvisa­re»

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LO STATO SOCIALE Il movimento è fermo RIZZOLI Pagine 308, € 17
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STEFANO CORSI Una piccola patria BOLIS EDIZIONI Pagine 105, € 12

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