Corriere della Sera - La Lettura
Luoghi dell’anima da lasciare
«Una piccola patria» di Stefano Corsi
Ognuno ha la sua piccola patria. Un luogo in cui tornare, di tanto in tanto, per ritrovare profumi, sapori, ricordi, emozioni. Un paradiso perduto, un altrove da rimpiangere, un posto benedetto ma mai pienamente attingibile, dove fare il pieno di senso e poter così affrontare la durezza del proprio nonsense quotidiano. Ma senza bisogno di viverci, perché la prosa — nemmeno la migliore — non sarà mai poesia.
Una piccola patria di Stefano Corsi è Bergamo, città dov’è nato nel 1964 e ha trascorso l’infanzia prima che la famiglia si trasferisse a Lodi dove lui tuttora vive insegnando latino in un liceo. Ma Bergamo e la Bergamasca, dalla bassa Val Seriana di Nese alla Val Brembana di Zogno e Piazzatorre — terre di uomini taciturni e donne laboriose, con in bocca quel dialetto aspro e asciugato di ogni possibile orpello — sono per l’autore un topos dell’anima prima che segni su una mappa. Sono il luogo in cui portare la morosa per capire se è quella giusta; sono lo stadio in cui tifare la squadra che prende il nome da una ninfa divinizzata ma che si ama in quanto provinciale e operaia. Sono la risposta al bisogno di avere un passato da cui partire e uno scorcio su cui gettare l’ultimo sguardo mentre ci si allontana. «Per sempre e mai del tutto».