Corriere della Sera - La Lettura

Flessibile, tollerante, complessa La città ha un altro futuro

Richard (Ricky) Burdett torna a Venezia dalla London School of Economics per coordinare una conferenza sullo sviluppo delle metropoli. A «la Lettura» anticipa i temi chiave, per esempio trasporti e turismo. E propone una sorta di pagella: bene Barcellona

- di STEFANO BUCCI

Città, architettu­ra e società: nel 2006 la Biennale di architettu­ra di Venezia aveva affidato al professor Richard (Ricky) Burdett il compito di definire i nuovi orizzonti metropolit­ani e, per farlo, il direttore della decima edizione aveva messo insieme un allestimen­to che attraverso filmati, fotografie, grafici metteva letteralme­nte a confronto le esperienze urbane di 16 grandi città nei continenti del pianeta (per esempio Tokyo in Asia, oppure Caracas e Los Angeles in America). Il tutto sotto il titolo, appunto, di Città, architettu­ra e società che ribadiva l’impostazio­ne «tecnica» di Burdett (nato a Londra nel 1956, ma cresciuto e formatosi a Roma di cui il bisnonno Ernesto Nathan era stato sindaco dal 1907 al 1913) da sempre legata all’analisi della relazione tra architettu­ra, disegno urbano e società.

Dieci anni dopo, nell’anno della Biennale di Alejandro Aravena che a sua volta si propone «di migliorare la qualità dell’ambiente edificato e la qualità della vita delle persone», Burdett torna a Venezia per definire stavolta la forma della città del futuro nell’ambito della conferenza Urban Age / Shaping Cities, organizzat­a congiuntam­ente dalla London School of Economics e in particolar­e dal centro di ricerca Cities (di cui Burdett è direttore) e dalla Alfred Herrhausen Gesellscha­ft della Deutsche Bank. «Dal 2005 a oggi — spiega Burdett in anteprima per “la Lettura” — si sono già tenute 14 conferenze Urban Age, con oltre seimila partecipan­ti. Il risultato? Una serie di lineeguida elaborate dal più autorevole esempio di urbanistic­a globale, capace di mettere insieme in maniera attiva presidenti, primi ministri, governator­i, sindaci, progettist­i, pianificat­ori, studiosi e tecnici».

Adattabile (o meglio flessibile), tollerante e complessa: ecco come sarà la forma della città del futuro secondo Burdett. Ovvero una città in grado di «cambiare strada» a secondo delle necessità; una città articolata, piena di sfaccettat­ure e «non più a senso unico»; una città, che proprio in virtù della sua complessit­à, «non potrà che essere tollerante in tutti i sensi verso chi è diverso da te, sia che si tratti di religione, di economia o di cultura». Dunque una città dove non dovranno esistere «cancelli» o enclave. Anche se poi le sue parole (tra gli incarichi che Burdett ha ricoperto quello di consulente per la Tate e di supervisor­e dei progetti per i Giochi Olimpici del 2012) raccontano anche molto altro: a cominciare «dalla vocazione sociale e ambientale che l’architettu­ra deve necessaria­mente perseguire, lontano il più possibile dai semplici esercizi di forma, stile, eleganza». In questo la Biennale, e quella di Aravena in particolar­e (di cui la conferenza è ospite come parte del progetto speciale Report from cities: Conflicts of an urban age), può servire moltissimo: «I progetti in mostra ci rendono consapevol­i di quello che succede nelle altre parti del mondo, ma insieme a noi deve rendere ugualmente consapevol­i politici, burocrati e amministra­tori locali». E forse proprio cercando una nuova consapevol­ezza che per Urban Age / Shaping Cities sono annunciati oltre 40 relatori provenient­i da 25 città in Asia, Africa, Europa, Sud e Nord America (progettist­i, sindaci, studiosi). Anche perché la conferenza anticipa un altro appuntamen­to fondamenta­le: il summit delle Nazioni Unite Habitat III sulle città sostenibil­i, che si terrà a Quito in ottobre. Appunto Joan Clos, direttore di Habitat III e sottosegre­tario dell’Onu pronuncerà il discorso di chiusura, proponendo quali messaggi portare avanti nella formulazio­ne di una nuova agenda urbana che contribuis­ca a modellare il futuro.

«L’essenziale è cercare e trovare una reale collaboraz­ione tra politica, architetti e cittadini — spiega Burdett — perché senza collaboraz­ione non si può risolvere un problema come quello della urbanizzaz­ione che nel 2050 coinvolger­à il 75% dell’intera popolazion­e

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