Corriere della Sera - La Lettura
Essere o non essere, questa è la Sicilia
Il reportage critico-romanzesco di Massimo Onofri sull’isola, luogo reale e letterario
Da qualche tempo, la critica italiana colma non poche lacune d’una narrativa non sempre provvista di idee: investigazione storica e culturale, prospettiva morale, autobiografismo, critica della vita e ricerca formale vi si mescolano fruttuosamente. Così, in questo Passaggio in Sicilia, facendo seguito alla prima puntata dedicata alla Sardegna, Massimo Onofri intreccia narrazione e indagine critica, effondendo tutti i doni che gli reca la lunga consuetudine con l’isola, sognata e desiderata attraverso le pagine dei suoi autori prima che vista e descritta; doni che tramutano la Sicilia in un luogo metamorfico della memoria individuale, letteraria e collettiva.
È questo il resoconto di un viaggio rituale, ove ogni tappa diventa memoria e si carica di valenze solenni, come avviene per uno dei motivi canonici del Grand tour meridionalistico: la luce, di cui si potrebbe dire ciò che Onofri rileva del caravaggesco Seppellimento di Santa Lucia osservato a Siracusa, che è «affocata e senza gloria, opprimente e senza speranza». L’isolitudine teorizzata da Bufalino è qui rarefatta e innalzata a clausura indispensabile a cogliere il prodigio di un sud metafisico dove tutto si svela, al suo nucleo, qualcos’altro: la Sicilia è, innanzitutto, la storia di un pensiero sempre in bilico tra essere e non essere, sogno e assenza, ragione e nevrosi, salvezza e nullificazione, dove la letteratura sembra rappresentare il primo polo e la vita il secondo (perché la vita è quasi sempre «perdita secca», come certificano il terremoto messinese, le catacombe palermitane, o il superbo racconto di un incontro onirico tra Sciascia e il capitano Bellodi).
Ma le cose non stanno esattamente in questi termini, perché se l’arte rende più viva la realtà, è altrettanto vero che nella vita Onofri ci invita a cercare ciò che l’arte da sola non è in grado di offrire. Questa Sicilia iper letteraria non attinge mai ai moduli del purismo, né a quelli della mistificazione dannunziana. Alla sperimentazione Onofri sostituisce la pagina carica di euforia verso il mondo, che si fa pratica costante di valori, portavoce delle proprie posizioni intellettuali e confronto continuo con gli altri. Analogamente, la realtà, per essere compresa, deve entrare in un libro: Onofri smonta il pregiudizio che si possa capire di più la mafia visitando Corleone anziché leggendo i grandi autori siciliani. È nella letteratura che la realtà si sovradetermina, come accade con Racalmuto per Sciascia, Marsala per Nino De Vita, Bagheria per Guttuso e Comiso per Bufalino. Ogni luogo visitato o rammemorato si accampa con la forza del passato (storico, artistico, letterario o personale) ed è reso più incontrovertibile dagli affetti del presente, dagli incontri e dalle amicizie che rendono unico il viaggio. La parola intensifica la vita, la esalta al quadrato, come avviene nel «barocco dell’anima» palermitano e nei ritratti di Borgese, Nigro o Ficara, dai quali emerge la verità ultima di questo reportage critico-romanzesco, ossia che «la critica, quando è vera, è il più immaginoso e inventivo dei generi letterari».