Corriere della Sera - La Lettura
C’era Fo, saltarono le luci, calò il buio E l’inconveniente diventò spettacolo
In teatro, tutto può accadere, anche che la centralina delle luci vada in tilt, sul palcoscenico cali il buio, e quegli interminabili minuti in cui degli attori rimane solo la voce diventino parte integrante della recita. Lo racconta Andrea Perrone, macchinista, all’occorrenza scenografo, tecnico luci e oggi socio della cooperativa Tieffe che gestisce il Teatro Menotti, storica sala milanese da 500 posti. «Nel 1988, sul palco c’erano Dario Fo e Claudio Bisio in Morte accidentale di un anarchico. Io ero alle luci. La scenografia era un grande pannello con lo skyline di Milano illuminata con tante lucine di Natale. All’improvviso si spensero, calò il buio. Fo continuò a recitare e poi quei minuti, che per noi alla consolle erano stati causa di panico, diventarono parte dello spettacolo». Cinquantanove anni, liceo artistico, studi di scenografia e una vita dietro le quinte, Andrea — che ha imparato il mestiere all’Elfo Puccini — è stato tecnico luci e macchinista scenografo con Salvatores nei Comedians; oggi in teatro sta anche alla biglietteria. C’è da promuovere la nuova stagione — dal 22 settembre si apre con
Mi amerò lo stesso di Paola Turci —, la comunicazione, l’analisi del pubblico, che Andrea ha imparato a conoscere meglio di tutti. «Mi occupo della sala e delle maschere, della sicurezza e della biglietteria, dell’accoglienza, osservo i volti di chi entra e chi esce». Il suo colpo d’occhio è meglio di un exit poll. Il teatro fa parte della sua vita da quando era ragazzo. «A metà degli anni Settanta, sono cresciuto accanto a Dario Fo alla Palazzina Liberty e con il teatro sperimentale al Centro sociale Fabbricone. Ho fatto anche l’attore, ero un clown, quello che forse mi rappresenta meglio, il personaggio che fonde gioco e dramma».