Corriere della Sera - La Lettura
Ha ragione Saffo, ha torto Kant: il giudizio estetico è solo personale (perciò i musei mi fanno soffrire)
Fin troppo abusato, tanto da sfiorare ormai l’insignificanza, il concetto di «nonluogo» evoca immediatamente immagini di centri commerciali, hall di aeroporti e alberghi di grandi catene perfettamente identici in ogni latitudine. Personalmente, nutro qualche dubbio su questa facile identificazione perché poi, a ben vedere, molte cose importanti della vita accadono proprio in questi pretesi «nonluoghi», dove l’anonimo e il transitorio diventano all’improvviso il crocevia del destino. Mi sembra ovvio che si tratti di una questione totalmente soggettiva. Per ognuno di noi, l’esperienza del mondo comporta zone, più o meno vaste, di estraneità e insignificanza, come dei terreni in cui non riusciamo ad affondare le radici. Per me ad esempio (ma sono certo di non essere solo) nulla corrisponde di più all’idea negativa di un «nonluogo» quanto un grande museo come il Louvre, o gli Uffizi. Non dico che manchino di fascino. Sono come degli animali mitologici, grandi balene che navigando nelle correnti del tempo hanno ingurgitato gli innumerevoli tesori esposti nelle loro viscere. Sto parlando dell’esperienza in sé, considerata nella sua assoluta normalità.
La lunga fila all’entrata, tutto sommato, può anche risultare piacevole, se si è abbastanza curiosi dei propri simili. I problemi, semmai, iniziano quando sei riuscito a conquistartelo, il biglietto. Ti incammini fiducioso verso le prime sale. Sai che ne vale la pena, sai che una prolungata esposizione alla bellezza non potrà che risvegliare quelle preziose risorse interiori che ti sonnecchiano dentro. Si può aggiungere un sentimento di fierezza, generato dal fatto che non stai, in effetti, facendo nulla di pratico: al contrario, ti accingi a vivere qualche ora nella sfera del disinteresse, della meravigliosa utilità dell’inutile. Ed eccoti nella prima sala. Se non hai sbagliato strada, ti dovresti trovare di fronte a opere molto lontane nel tempo, essendo in genere i percorsi museali organizzati secondo l’ordine cronologico. Tutto funziona alla perfezione, all’inizio. Lo sguardo si bea dei lineamenti di una principessa romana, o di una Vergine in trono attribuita a Cimabue, o delle pieghe infinite del vestito scarlatto di un angelo fiammingo. Tu