Corriere della Sera - La Lettura
Il risveglio degli Stati nazionali (ma l’Occidente non è in declino)
pace di imporre i suoi valori agli altri».
Anche il voto in Gran Bretagna per l’uscita dall’Unione Europea sembra andare nella direzione di un rafforzamento della dimensione nazionale.
«Certamente vuol dire una crescita del separatismo, sia all’interno dei Paesi sia nelle alleanze regionali. Un aumento del nazionalismo, della xenofobia e dell’autoritarismo si registra in tutto il mondo: lo Stato non controlla più la sua economia e quindi cerca di legittimarsi dominando la diversità culturale, la lingua, l’identità, più facili da sottomettere al potere delle forze armate e della propaganda».
Lei come spiega l’esito del referendum britannico?
«Nasce dalla paura, dalla frustrazione e dalla disperazione, mobilitate da politici cinici. La distribuzione del voto mostra che è la popolazione bianca più anziana ad aver perso di più nel gioco economico globale, che è ciò che sta davvero dietro il risultato».
Hanno contribuito anche i timori sull’immigrazione.
«È il solito meccanismo storico: la paura per il futuro economico viene proiettata sui lavoratori immigrati anziché sugli obiettivi reali, che sono le élite nazionali e le loro ambizioni globali».
Accogliere i migranti è un tema cruciale per l’intera Unione Europea. Vede qualche soluzione?
«Non ce ne sono di semplici. Ma una possibilità è creare una sorta di fondo europeo per l’immigrazione, che consentirebbe alle nazioni più ricche di supportare le più povere nella gestione dei flussi e nell’affrontare i costi dei nuovi arrivi».
Nel suo libro «Il futuro come fatto culturale» (2013) parla di due anime dell’Ue: da una parte «la formazione po-
«Non credo che questo sia il principale obiettivo degli estremisti islamici, ma un effetto collaterale del loro scopo numero uno: indebolire le istituzioni civili e democratiche sia in Occidente sia nei loro Paesi, dove credono che la democrazia sia nemica del vero Islam».
C’è un legame tra terrorismo e religione?
«La religione come tale non ha una particolare relazione con il terrorismo, che è nutrito dall’odio, dalle armi e dalle difficoltà economiche. Di sicuro può essere usata per provocare rabbia e violenza, e questo vale per il fondamentalismo islamico, cristiano o indù, in tutto il mondo».
Come spiega i ripetuti attacchi alla Francia?
«Se la confrontiamo con l’Olanda, la Germania o la Svezia, la differenza è che la Francia non ha mai smesso di vedere i migranti africani e musulmani come stranieri, anche se vivevano nel suo territorio da generazioni. Questo rifiuto di riconoscerli come veri francesi, insieme con la frustrazione economica, ha reso il Paese uno speciale obiettivo».
L’Unione Europea avrà un futuro?
«Sono sicuro di sì, ma questo richiederà una maggiore democrazia interna, in cui le nazioni del sud e del centro saranno aiutate a costruire le loro economie. Come la Germania è stata aiutata dagli Usa dopo la Seconda guerra mondiale».
Oggi gli Stati Uniti sono in preda a crescenti violenze razziali, nel mezzo di una campagna elettorale molto aggressiva. Che cosa resta di quella che lei definì la «nazione onnipresente»?
«Gli Stati Uniti sono a una svolta. La crescita della violenza razziale, la mancanza di leggi efficaci sulle armi, il mas-