Corriere della Sera - La Lettura

Dio è tornato Le guerre di religione aumentano La libertà religiosa diminuisce

- Di MARCO VENTURA

Ècambiato il rapporto dell’Occidente con la libertà religiosa. Un tempo ne andavamo fieri: era la prima libertà, l’addio all’assolutism­o, il basta alle guerre di religione. Era il diritto della coscienza individual­e, la fiducia in Dio e nella convivenza pacifica tra fedi diverse; era la bandiera di Stati liberal-democratic­i e di comunità di fede responsabi­li.

Questa memoria, questo valore, sono oggi a pezzi. Il nostro senso della libertà religiosa sta mutando: ciò che intendiamo per libertà religiosa e ciò che sentiamo per essa cambiano in forza di trasformaz­ioni profonde in casa nostra e nel mondo globale. A casa siamo immersi in una crescente diversità di fedi: declinano le grandi chiese, si allontana dall’Europa il baricentro del cristianes­imo, è invadente la presenza dei credenti immigrati, ci avviluppan­o reti religiose che hanno altrove il loro cuore. Le nuove guerre di religione globali, intanto, traboccano dai media, uccidono nelle nostre strade, ci invadono di migranti e ammazzano cristiani «come noi» in India, in Nigeria, in Iraq.

Si consuma qui il passaggio. Ci siamo affezionat­i alla libera scelta personale sulla religione, e ci travolgono identità collettive spaventate e aggressive in cui annegano gli individui. Abbiamo creduto nel pluralismo, e la società religiosam­ente diversa ci appare insostenib­ile. L’emergenza Islam ha pesato molto. Il senso della libertà religiosa è cambiato perché in nome di Allah si ammazzano e si perseguita­no ebrei, cristiani, musulmani di confession­e rivale, credenti di altre fedi, a motivo del loro credo. L’Islam fa eccezione e ci fa accettare eccezioni.

Per proteggerc­i siamo disposti a vietare la costruzion­e di una moschea, a ingerirci nella formazione degli imam, a proibire ai musulmani l’osservanza dei loro precetti e persino l’ingresso nei nostri Paesi. L’eccezione musulmana è nel programma di Donald Trump, candidato alla presidenza degli Stati Uniti; ma essa è anche nei programmi dei governi francese e italiano, limitatame­nte al progetto di formare imam moderati. Davanti alla minaccia, ci pare t a l mente r a g i o n e vo l e a d d o mest i c a r e l’Islam, che non ci accorgiamo di quanto ciò contraddic­a le conquiste di mezzo secolo di diritti.

Dopo la Seconda guerra mondiale, la libertà religiosa fu la pietra miliare dell’edificio internazio­nale dei diritti umani, un pilastro dell’Alleanza Atlantica. Con orgoglio, nel 1948, Eleanor Roosevelt presentò la firma sotto la Dichiarazi­one universale di un musulmano e di un hindu. Contro l’oppression­e comunista, la libertà religiosa riassumeva il superiore percorso della civiltà occidental­e scaturita dalle guerre di religione secentesch­e, il progetto di modernità ed emancipazi­one per ogni gente, e al contempo il vanto del cristianes­imo ecumenico euro-atlantico e la sua generosa proposta a ogni fede.

Il nostro smarriment­o odierno sottolinea lo scarto tra il passato della libertà religiosa e il presente delle guerre di religione. Crediamo ancora che la libertà religiosa sia un principio giusto, un obiettivo per cui impegnarci, un utile strumento? I governi occidental­i negli ultimi anni hanno risposto di sì. Secondo uno schema a due facce. Da un lato, rivendichi­amo un primato. I nostri Paesi sono esempi di libertà religiosa. Non mancano problemi, certo. Ma pos- siamo vantarci delle nostre conquiste e del nostro perdurante impegno. Da noi, la libertà religiosa è garantita di più. Dall’altro lato, non stiamo con le mani in mano davanti alle persecuzio­ni religiose nel mondo. Da metà anni Novanta per gli Stati Uniti, e più recentemen­te per l’Europa, si è lanciata un’offensiva diplomatic­a per «la protezione e la promozione» della libertà religiosa globale. Per gli americani, i francesi, i britannici, la politica estera in materia è ormai una priorità. Dal 2013 anche l’Unione Europea è a bordo con le sue linee guida. Nelle ultime settimane hanno pubblicato rapporti sulle violazioni della libertà religiosa nel mondo il Parlamento dell’Unione Europea e un gruppo di parlamenta­ri britannici. Ecco le due facce ufficiali della libertà religiosa occidental­e: i nostri governi sono protezioni­sti in casa e interventi­sti oltre frontiera; tutto bene da noi, alla peggio violazioni minori, molto male dagli altri, dove si consumano violazioni gravissime. Così, la libertà religiosa dei governi, degli esperti, dei leader politici e religiosi è sempre più elaborata, densa di contenuto e di strumenti; sempre più codificata, istituzion­alizzata, «promossa e protetta» in Occidente e nel mondo. Almeno sulla carta.

Viceversa, la libertà religiosa dell’opinione pubblica, dei leader politici e religiosi contro corrente, scompiglia contenuti e metodi consolidat­i, contesta strategie e risultati. Sono tre i fronti aperti. Anzitutto cresce la ribellione esplicita al modello della libertà religiosa occidental­e, fondata sull’autonomia dei credenti. Governi autoritari approfitta­no dell’allarme per la violenza in nome di Dio. Cina e Vietnam rivendican­o il diritto di amministra­re i gruppi religiosi, i Paesi arabo-musulmani imbriglian­o i credenti col pretesto della lotta ai terroristi, la Russia ha appena adottato una legge liberticid­a sulle organizzaz­ioni religiose, l’India di Narendra Modi impone l’hinduismo come una cultura nazionale cui aderire indipenden­temente dalla propria religione.

Al contempo, vacilla il dogma america- no, sostenuto da autorità come Brian Grim, per cui a maggior libertà religiosa corrispond­ono divinità più miti. Il più recente studio del Pew Research Center attesta proprio il contrario: si è alzata la protezione della libertà religiosa nel mondo, ma è anche cresciuto il terrorismo in nome di Dio e i Paesi al mondo in cui si muore per Dio sono passati dai 124 del 2013 ai 142 del 2014.

Il secondo fronte è la critica dall’interno dell’Occidente della «politica della libertà religiosa» americana ed europea. Elizabeth Shakman Hurd ( Beyond Religious Freedom. The New Global Politics of Religion, Princeton University Press, 2015) critica l’opportunis­mo e le controindi­cazioni dell’esportazio­ne della libertà religiosa occidental­e. Saba Mahmood ( Religious Difference in a Secular Age. A Minority Report, Princeton University Press, 2016) attacca il progetto egualitari­o dello Stato moderno e denuncia il fallimento dell’idea laica di libertà religiosa, con riguardo in particolar­e alla convivenza tra maggioranz­a e minoranze nei Paesi arabi.

Il terzo fronte è quello dei cristiani conservato­ri, che ritengono le leggi occidental­i sull’eguaglianz­a di genere e di orientamen­to sessuale il peggior attentato alla loro libertà religiosa. Rischiano di non poter più licenziare un insegnante gay da una loro scuola o condannare l’omosessual­ità dal pulpito; se ufficiali di stato civile, sono obbligati a celebrare matrimoni dello stesso sesso. «Abbiamo perso la guerra culturale» con i progressis­ti, ha scritto in proposito il conservato­re americano Rod Dreher, e «dobbiamo abituarci a vivere sotto occupazion­e per un tempo indefinito».

L’ortodossia della libertà religiosa presidiata dai governi occidental­i vacilla. Essa è sotto attacco ogni giorno sui tre fronti dei governi non occidental­i, dei critici americani ed europei, dei cristiani conservato­ri. È cambiato il senso per la libertà religiosa dell’opinione pubblica. Riconoscia­mo ancora la nostra storia e teniamo ai nostri princìpi, ma non siamo più convinti che essi possano governare le nuove sfide, in casa e nel mondo. È finita la vecchia libertà religiosa. Forse ne sta nascendo una nuova.

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