Corriere della Sera - La Lettura

Schiavone fa i conti con il passato E scopre com’è morta Marina

- Di ERMANNO PACCAGNINI

Credo che Antonio Manzini, con 7-7-2007, abbia scritto il suo più vero romanzo. Nel senso che ha voluto e saputo ritagliare dentro la serialità imperniata su un preciso protagonis­ta, una storia che sapesse assumere una sua propria autonomia. Che è approdo di una storia d’autore iniziata con due racconti a quattro mani firmati insieme a Niccolò Ammaniti; proseguita in Sangue marcio con due fratelli, di cui uno poliziotto, che in un’alternanza di voci rivivevano a trent’anni di distanza talune mostruose eredità paterne; atmosfere dense successiva­mente smorzate in La giostra dei criceti, racconto giallo giocato tra paradosso, comicità e ironia (un tono riapparso in Sull’orlo del precipizio, sul mondo editoriale, con accentuazi­one grottesca). Un processo sfociato nella serialità narrativa di Rocco Schiavone a partire da Pista nera, seguita da La costola di Adamo, Non è stagione e infine Era di maggio: romanzi a mbientati i n Val l e d’Aosta, dove Rocco è finito non certo «in vacanza premio», avendo applicato il suo personale concetto di giustizia a un sempre impunito violentato­re seriale figlio d’un potente sottosegre­tario, e anzi continuand­o ad avere costanteme­nte «gli occhi addosso della questura e della procura. Perché non sono uno stinco di santo». Un Rocco Schiavone cui Manzini si conserva fedele pur nella narrativa breve: quei racconti consegnati alle antologie «a tema giallo» organizzat­e dalla Sellerio e di recente riuniti in Cinque indagini romane per Rocco Schiavone, nei quali veniva ricostruen­do appunto il passato romano di Schiavone.

Un lavorio procedente per affinament­o: nel senso d’un legame da un lato sempre più stretto col passato, soprattutt­o personale prima ancor che lavorativo, dal quale emergevano «i conti da saldare», ma pure momenti di «suonata nostalgica»; e che permeava il presente di Rocco d’un clima che nei romanzi passati si poteva definire di tristezza, trovando pause di pacificazi­one solo quando lo veniva a trovare Marina, la moglie restauratr­ice morta per cause mai sino a oggi dichiarate, e con la quale intrattene­va dialoghi tenerissim­i.

Un affinament­o che trova un punto fer- mo proprio in questo 7-7-2007: la data che svela il come e il perché della morte di Marina. Un romanzo dal prologo valdostano nell’estate 2013, con Schiavone a dialogo col questore Costa e il giudice Baldi — e nel quale fa il suo ingresso nella sua narrativa il giovane Gabriele, simpatico nuovo vicino di casa —, ma che lascia subito spazio alle quasi trecento pagine del corpo del romanzo: che riportano Rocco a «Roma, estate 2007», e agli avveniment­i che, in quel 7 luglio, hanno avuto quale epilogo la morte di Marina. Per poi sciogliers­i in un’alternanza di capitoli di rifinitura delle situazioni di oggi (2013) e della settimana successiva al 7 luglio; e comunque con un voluto finale a doppia scena aperta: nella caccia a Enzo Baiocchi, che in Era di maggio in casa di Rocco aveva ucciso per errore Adele, la donna di Sebastiano, il più stretto degli amici romani; ma anche, su un piano più personale e psicologic­o, lo stesso Rocco, in un ormai quasi insperato dialogo con Marina, che non sai se di addio o di arrivederc­i tra quel suo «riprendere la vita. E la cosa non gli piaceva. Non gli piaceva sentire su una zattera senza timone e senza vela che vaga nell’oceano con poche speranze di attracco», e la voce della moglie che gli si affaccia con un «è la vita, Rocco. E devi continuare a viverla!».

Una scelta nei «ricordi» quella operata da Manzini in 7-7-2007. Un lungo flashback che, proprio per la scelta di puntare sulla figura del quarantune­nne Rocco prima ancora che sulle indagini — senza però che quanto attiene al thriller conosca cadute di intensità, e a sospingere le quali stanno le crudeli morti di due ragazzi invischiat­i in traffici di droga e tradimenti vari —, amplia la sua visuale narrativa. È infatti un lavorio sulla psicologia del protagonis­ta e sul momento della sua crisi come uomo e marito; a maggior ragione in un romanzo nel quale una Marina ancora viva è però per gran parte fisicament­e assente, avendolo lasciato dopo che, messo alle strette, non ha potuto tacerle la provenienz­a illegale dei soldi che consentono loro una vita benestante. E però una Marina costanteme­nte presente nei pensieri d’un Rocco innamorato e macerato dalla impossibil­ità di stabilire un contatto

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