Corriere della Sera - La Lettura

Dialogo in versi con Romanino

Liriche di Franca Grisoni in dialetto bresciano

- Di FRANCO MANZONI

Il compito è quello di dialogare dal vivo con dipinti di contenuto sacro distanti cinque secoli. Un’operazione ardua, quando parola, arte visiva e testimonia­nza religiosa diventano unica immagine senza tempo. È allora che si attiva la pulsione verso l’ascesi. Penetrando umilmente i misteri della fede per viverli nel corpo e nell’anima tutti i giorni, a mo’ di rosario. Così sono nate le liriche in dialetto, con traduzione in italiano a fronte, della silloge Croce d’amore — Crus d’amur di Franca Grisoni. Lingua dell’immediatez­za, viva, popolare, il vernacolo di Sirmione, dove l’autrice è nata nel 1945, si misura con affreschi e tele del bresciano Girolamo Romani, detto Romanino, pittore anticlassi­co del Rinascimen­to, indicato da Pasolini fra i più moderni del suo tem- po, e definito da Testori «il più grande, torvo e triviale dei pittori in dialetto della storia dell’arte». Proprio per questa innata propension­e al volgare Franca Grisoni riesce felicement­e a comunicare con i diversi personaggi di soggetti mariani e cristologi­ci, fotografat­i nell’istante presente, attualizza­ndo il perenne estremo sacrificio della Croce. Senza palesarsi, nascosta in punta di piedi fra i dipinti quale presenza marginale, la poetessa canta il divino, calandosi nella sacra rappresent­azione.

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